Il Preventivo 2013 (comunque andrà a finire) si caratterizza per la «novità» della «contestazione» proveniente dalle file dei partiti borghesi tradizionali
Questo nuovo atteggiamento da parte di PPD e PLRT secca enormemente PS e Lega. Da tempo immemore il PS (a livello cantonale e ancora di più a livello nazionale) si è specializzato nell’impresa di essere un fedele e collaborativo partito di governo facendo credere, soprattutto ai propri elettori, di essere all’opposizione. In anni più recenti è la Lega ad avere adottato la stessa logica, resa ancora più paradossale, nell’attuale legislatura, dal fatto di essere il più importante partito di governo.
Il perché di questi atteggiamenti è facile da spiegare: si tratta della posizione politica elettoralmente più comoda e redditizia: si pesca tra i sostenitori del governo e tra quelli dell’opposizione; si può essere con gli scioperanti contro i tagli e sostenere con convinzione i tagli in seno al governo.
Ma al di là di queste furberie (che appariranno come tali ben presto) ci pare di poter dire che oggi vi sono delle differenze ben chiare tra il governo ed i partiti che ne fanno parte e chi, come noi, si muove in una prospettiva di opposizione, e non solo a questo Preventivo. Vediamo, brevemente, di riassumerli.
La crisi che viviamo è una crisi la cui origine sta nell’immenso trasferimento di ricchezza dal lavoro al capitale, un trasferimento operato negli ultimi vent’anni attraverso politiche di contenimento salariale, di arretramento dei diritti sociali, di politiche fiscali a favore degli alti redditi.
Ed è quanto è avvenuto ed avviene anche nel nostro paese, nel nostro Cantone.
I salari ed i redditi reali della maggior parte dei salariati e delle famiglie nel nostro paese mostrano, ad un’analisi attenta, perlomeno una stagnazione, se non una contrazione importante negli ultimi 15 anni. E questo malgrado le continue politiche di diminuzione della pressione fiscale. Diminuzione che, è evidente, ha favorito gli alti redditi, le imprese e i loro azionisti (come dimenticare i miliardi di sgravi, tuttora in atto, attuati attraverso, ad esempio, la riforma della fiscalità delle imprese approvata pochi anni fa?). Questa diminuzione della pressione fiscale porta poi ad entrate minori rispetto a quello che la ricchezza prodotta avrebbe permesso di incassare.
Queste minori entrate sono poi il punto di partenza per giustificare le politiche di tagli alla spesa pubblica con l’obiettivo di contenere deficit tutt’altro che preoccupanti.
È questa la situazione nella quale ci troviamo da qualche anno e che oggi, di fronte ad una crisi economica che mostra sempre più anemiche prospettive di ripresa, vede un’accelerazione delle politiche di austerità, tese a continuare quella politica di redistribuzione della ricchezza dal lavoro al capitale alla quale abbiamo qui sopra accennato.
E quello che ci propongono i partiti di governo, seppur con modulazioni, diverse è proprio questo: una politica di austerità che poi viene coniugata con forme diverse: da quella apparentemente “soft” del governo a quella più “estremista” di coloro che chiedono tagli a colpi di decine e decine di milioni.
Noi non possiamo, evidentemente, accettare questa prospettiva.
In particolare perché si tratta di una prospettiva che tende a deprimere ulteriormente il quadro economico e sociale. Il risultato sarà l’esatto contrario di quanto si vuole (o si vorrebbe) combattere. Tanto per cominciare minori redditi, minori entrate e quindi minori imposte. E via con un altro giro di vite sulle spese…Il caso del taglio ai salari dei dipendenti pubblici è particolarmente evidente.
Dal nostro punto di vista occorre quindi un mutamento radicale di politica. Una politica che tenda allo stesso tempo ad aumentare le entrate e la spesa sociale.
Aumentare le entrate per riequilibrare, anche se in modo estremamente parziale, il rapporto tra capitale e lavoro attraverso la leva fiscale. Lo stesso consiglio di Stato deve riconoscere, concretamente, che un aumento del prelievo fiscale non necessariamente, come si tende ad affermare, porta ad una diminuzione di gettito. In questo stesso preventivo, ad esempio, l’aumento del limite a partire dal quale far valere la tassazione globale (di per sé un inasprimento dal punto di vista fiscale) porterà nelle casse del cantone diversi milioni in più. Che aumenterebbero molto se, come proponiamo in una iniziativa parlamentare che tutti i partiti di governo continuano a tenere bloccata in commissione tributaria, questo tipo di tassazione fosse abolita.
Aumentare la spesa sociale significa non solo dare un contributo importante alla lotta contro la crisi e la depressione economica che ci minaccia, ma soprattutto rispondere a bisogni sociali sempre più ampi della nostra società. I segnali di una crisi sociale profonda si accumulano, visibili in fenomeni che vanno dall’aumento della disoccupazione a quello dell’emarginazione sociale e che possiamo vedere nella crisi delle nostre strutture scolastiche e formative.
È a partire di queste considerazioni che ci opponiamo a questo Preventivo (e poco importa che venga discusso oggi o in questa forma o tra qualche settimana con qualche mutamento). Il nostro non cambierà perché è l’impostazione di fondo che ci vede su posizioni radicalmente diverse.
È un preventivo di austerità, la cui logica non cambierà nemmeno se, nelle convulse trattative delle prossime ore, dovesse, ad esempio, decadere il contributo al risanamento del 2%, rimpiazzato evidentemente da altre misure di risparmio. È contro questa logica di austerità che ci battiamo e della quale il taglio del 2% è solo una delle più visibili e vistose espressioni.