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Secondo i dati pubblicati di recente dall’Amministrazione fiscale, in Spagna il salario medio reale è diminuito nel 2011 del 3,2% – accentuando la tendenza iniziata l’anno precedente (1,6) –  in seguito alla politica di tagli sociali e di restrizioni di numerose indennità salariali, entrata in vigore nella primavera 2010.

Se analizzati su una durata più lunga, si può notare che i salari in Spagna hanno iniziato a stagnare nel corso degli ultimi vent’anni in controtendenza alla crescita del PIL ed ai redditi del capitale.

 

La crisi e il suo impatto sui salari

 

Secondo le statistiche sui salari dell’Amministrazione fiscale (AEAT), che riunisce tutti i redditi di tipo salariale dichiarati, la massa salariale (misurata in euro costanti) si è ridotta del 10,8% tra il 2007 e il 2011. Questo declino potrebbe essere causato “semplicemente” dalla contrazione dell’impiego, mentre nello stesso periodo  il salario medio, in euro costanti, si è ridotto dell’1,3%.

L’evoluzione annuale mostra che all’inizio della crisi sono registrati ancora piccoli aumenti del salario medio (0,9% nel 2008, +0,8% nel 2009). Occorre ricordare che durante quei due anni il governo PSOE aveva mantenuto in vigore i diritti sociali e vi aveva aggiunto misure di crescita della domanda, grazie alla spesa pubblica, con il “piano E”. Il cambiamento di rotta è iniziato nel maggio 2010, con il governo Zapatero,  sfociato in una diminuzione crescente del salario medio: -1,6% nel 2010, -3,2 nel 2011.

 

La seconda fonte di entrate per la popolazione lavoratrice       è costituita dalle  indennità di disoccupazione, una disoccupazione sempre più esplosiva. Il volume totale di queste indennità (misurato sempre in euro costanti) è aumentato dell’ 81% tra il   2007 e il 2011, mentre tutte le prestazioni medie per persona senza lavoro subivano le conseguenze delle politiche di austerità. Questa somma è cresciuta del 26,2% nel 2008 e 2009, ma è diminuita del 12,3% nel 2010 e 2011.

 

La terza fonte di entrata della maggior parte della popolazione dipende dal sistema pensionistico che include principalmente le persone uscite dalla vita professionale attiva. Qui l’evoluzione è meno negativa. La parte delle pensioni medie è aumentata notevolmente durante i primi due anni della crisi: +2,6% nel 2008 e +3% nel 2009. Ha poi perso la sua dinamica con i tagli sociali,  pur mantenendo ancora un tasso positivo: +1,6% e +0,7% nel 2011.

Riassumendo: le politiche imposte a partire dal 2010 hanno  provocano una contrazione chiara del reddito medio delle persone salariate e disoccupate, ed abbassato moderatamente le pensioni. Da allora, la popolazione in pensione si è trasformata in sostegno e rifugio – sicuramente molto precario – per la  generazione dei più giovani [ritorno dei “giovani” disoccupati  e senza lavoro presso i genitori, pensionati]

 

Polarizzazione dei redditi salariali

 

Oltre alla diminuzione dei redditi medi, si nota anche una disuguaglianza importante nella distribuzione dei salari e della disoccupazione. Il grafico  1 mostra la situazione nel 2011.

 

* La prima parte è formata da coloro che percepivano un salario annuale inferiore di 1,5 volte il salario minimo interprofessionale (SMI), cioè meno di 1’000 euro al mese. Nel 2011 lo SMI era di 641 euro al mese. Aggiungiamo 2 milioni di persone disoccupate da lunga data. In questo gruppo, troviamo quasi il 50% di persone, salariate e disoccupate, il cui reddito medio annuale è di 4’651 euro [5581CHF]. Per questo gruppo,  i problemi non fanno che acuirsi per segmenti specifici come quelli che includono le persone disoccupate di lunga durata (per più di un anno e sempre ancora alla ricerca di un lavoro), il cui numero è passato dal 21 al 49% del totale dei disoccupati; coloro che non ricevono prestazioni, né di tipo assistenziale, né indennità, sono aumentati dal 22 al 43%. Infine, i nuclei famigliari, dove tutte le persone attive sono in disoccupazione sono triplicati, passando dal 2,4% al 8,3%.

 

* Nella parte tra  i 1’000 e 2’500 euro mensili, i salariati e i disoccupati sono il 39%. Questi salariati/e dal reddito medio-basso conservano una relativa capacità di consumo, che si deteriora sotto l’effetto dell’inflazione e dei tagli nei servizi pubblici. La parte seguente, che include i redditi mensili situati tra i 2500 e 6000 euro, è il 10,5% della popolazione con un rapporto di tipo salariale. In generale, queste persone occupano posti qualificati, posti di direzione, e la loro posizione è intermedia tra i settori popolari più toccati dalla crisi e le “élite economiche e amministrative”

 

* Al vertice del ventaglio dei salariati figurano 156’000 persone (0,8% del totale) che ricevono un salario medio di 12’000 euro al mese. In questo gruppo si trovano, ad esempio, i 534 membri dei consigli di amministrazione e di direzione delle imprese formanti l’IBEX ( indice che raggruppa le principali ditte quotate in Spagna), tra cui, nel 2011, 35 con redditi medi di 73’000 euro al mese, 25 volte più dei salari medi nelle loro imprese, senza contare i paracadute dorati sui quali possono contare quando lasciano il loro posto di lavoro (anche se questi dati non indicano l’ampiezza effettiva delle disuguaglianze dell’   insieme dei redditi).

 

Le disuguaglianze salariali per sesso ed età continuano ad essere elevate e sono  aumentate nell’ultimo decennio. Nel 2000, il reddito medio delle donne era inferiore del 22,7% al salario medio. Questo disavanzo è passato al 31,5% nel 2011. Lo scarto salariale per i giovani (25 anni e meno) è passato dal 54,1% al 60,6%. Per settore di attività, i meno pagati sono i lavoratori dell’agricoltura e della pesca, con un salario medio 5 volte inferiore a quello del settore finanziario, che concentra i salari più alti. I lavoratori immigrati ricevono un salario medio inferiore del 49,2% a quello dei salariati spagnoli.

 

In ambito regionale (comunità autonome), nel 2011, il salario medio più elevato si registrava nella Comunità di Madrid (23’745 euro annuali), seguita dalla Catalogna (20’390 euro) e le Asturie (19’022 euro).  Alla fine della lista si trovano l’Estremadura, l’Andalusia, e la Murcia, con un salario medio del 40% inferiore alle prime comunità autonome menzionate.

Eppure, in un’ottica di prospettiva storica, si percepisce una certa tendenza all’equilibrio tra comunità, ad eccezione di qualche caso, come l’Andalusia e le Canarie che hanno visto i loro salari maggiormente ridotti rispetto alla media, su scala dello Stato spagnolo, nel corso dei due ultimi decenni (rispettivamente -5,2% e meno 2,8%).

 

La lettura dei dati che negli anni di crisi potrebbero suggerire che “i tempi passati erano migliori” e che quindi le politiche auspicabili dovrebbero ritornare ai modelli in vigore fino al 2007. Ma l’analisi dei dati mostra chiaramente che, durante il boom economico, il salario medio reale a seguito una linea stagnante. La grafica ha dimostrato come, durante il ciclo di espansione dal 1994 al 2007, il PIL è aumentato del 70%, mentre, secondo i dati della Banca di Spagna,  il valore monetario delle azioni cresceva del 544%. In questa epoca di “abbondanza”, il salario reale medio è aumentato solo del 1,9%, crescita che ha raggiunto il suo massimo nel 2007, poiché durante il ciclo economico precedente il suo valore era inferiore a quello del 1994. Il contributo globale medio delle indennità di disoccupazione è anche diminuito negli anni della crescita (del 7,8%). Ciò può essere attribuito alla riduzione dei periodi di quotizzazione a quello della disoccupazione. Solamente i guadagni medi reali dei pensionati erano in ascesa durante il ciclo di espansione (28%), ma pur sempre chiaramente inferiori alla crescita del PIL e dei redditi azionari.

In sintesi, il modello considerato un successo, costruito durante il ciclo di espansione del neoliberalismo spagnolo ed europeo, in pratica si basava sul blocco dei guadagni reali della popolazione salariata e sugli accaparramenti massicci dei redditi, raccolti dal élite capitalista ed amministrativa. Quando il modello è entrato in crisi, le politiche adottate non hanno fatto che accentuare le sue caratteristiche, intaccando i guadagni salariali della maggioranza più ampia della popolatone e le prestazioni a favore dei disoccupati e delle disoccupate.

 

Traduzione a cura della redazione di Solidarietà; testo pubblicato dal Barometrosocial.es in data 21 novembre 2012.