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centroovaleCon la chiusura domenicale del Centro Ovale l’MPS ottiene un importante risultato in quella battaglia contro la deregolamentazione degli orari di apertura e degli orari di lavoro. Rivendichiamo come nostro questo risultato proprio perché siamo stati quasi soli, in questo anno e mezzo, a condurre questa battaglia. Si sono un po’ defilate tutte le altre forze politiche e sindacali che, almeno sulla carta, dovrebbero sostenere simili battaglie.

 

Scarso, sia a livello parlamentare che della società, l’impegno, ad esempio, del PS che sul tema, di fatto, non ha mai preso una posizione chiara (e non sorprende che la decisione del DFE di non concedere una nuova autorizzazione al Centro Ovale non abbia suscitato alcun commento da parte di questo partito). Scarse anche le prese di posizione e l’azione sindacale in questi mesi; atteggiamento partito già male, come ricorda qui sopra l’MPS nella sua presa di posizione, attraverso il mancato inoltro del ricorso, un anno fa, al momento della prima decisione del DFE. Vi erano, allora, tutte le premesse perché quell’autorizzazione venisse contestata dal punto di vista giuridico.

Questo ultimo aspetto ha una certa importanza poiché è proprio sulle autorizzazioni che, di fronte ad un possibile cambiamento dell’Ordinanza federale della legge sul lavoro a seguito della mozione Abate, si dovrà concentrare, dal punto di visto istituzionale, il lavoro di contestazione.

E qui appare tutta la debolezza dell’attuale posizione del DFE, compresa quella a partire dalla quale, è stata rifiutata l’autorizzazione al Centro Ovale. Come noto il punto di vista del DFE si fonda su un dato oggettivo: il DFE ritiene di dover autorizzare il lavoro domenicale quando il centro commerciale (o il negozio) dimostra di realizzare il 20% della cifra d’affari durante l’apertura domenicale.

Si tratta di un criterio che non esiste nella legge e che il DFE ha fissato non si bene sulla base di quali criteri. Il DFE (a dimostrazione che non si è trattato di un atto molto coraggioso) ha rifiutato la nuova autorizzazione al Centro Ovale poiché non ha raggiunto il 20% (mancava poco), mentre lo aveva leggermente superato un anno fa, dopo il periodo di prova. Ed è proprio in questi passaggi che si può constatare la subdola assurdità del ragionamento e della pratica del DFE. Vediamo come stanno le cose.

Un centro commerciale chiede di poter aprire – temporaneamente per 6 mesi – di domenica. Poiché si tratta di un’autorizzazione temporanea ed una prima autorizzazione il DFE deve di fatto concedere tale autorizzazione; chi la domanda deve rendere solo “credibile” la necessità delle aperture domenicali. D’altronde, non avendole praticate, non può “dimostrare” la loro necessità. Da notare che il lavoro domenicale temporaneo è di competenza dello stesso DFE ed è consentito dalla Legge sul Lavoro.

È sulla base dei risultati di questi sei mesi che il DFE concede l’autorizzazione definitiva, come avvenuto, ad esempio, al Centro Ovale. Il criterio utilizzato, come detto, è stato quello del raggiungimento della cifra d’affari del 20% la domenica.

Ed è a questo punto che sorge il problema di fondo. Poiché questa cifra in realtà non “dimostra” proprio nulla, ancor meno un ruolo “strategico”. Infatti, aprendo su sette giorni, il negozio in questione “spalma” su sette giorni la propria cifra d’affari. Normale che la domanda, cioè l’afflusso di consumatori in questo negozio, si adatti a questa nuova situazione. Ed è anche normale che la domenica, come già il sabato, segnali un afflusso maggiore di clienti. Non meraviglia che possa raggiungere il 20% un cifra di poco inferiore alla divisione su 7 del totale della cifra d’affari.

È allora evidente che con il raggiungimento del 20% della cifra d’affari non si “dimostra” assolutamente nulla. Si dimostra che i clienti scelgono la domenica perché hanno un’opportunità in più; non si “dimostra” assolutamente che una normale apertura su 6 giorni pregiudicherebbe in qualche modo l’evoluzione degli affari.

Ecco perché il ragionamento e la prassi del DFE sono assolutamente tautologiche e vendono come fondamentale allo sviluppo degli affari un decisione (l’apertura domenicale) che altro non è che un processo di adattamento della domanda alle riorganizzazione dell’offerta.

A questo aspetto se ne aggiunge un altro, quello relativo agli aspetti “turistici” delle aperture domenicali e della conseguente liberalizzazione dell’Ordinanza relativa alla Legge sul Lavoro. Anche qui la discussione dovrà essere approfondita. Ed il punto di partenza deve essere il rifiuto di considerare “turisti” delle persone che vengono in questi centri commerciali per fare degli acquisti. Se così fosse dobbiamo dedurre che ogni sabato la Lombardia è piena di “turisti” ticinesi che invadono i vari centri commerciali: vista così appare, evidentemente, una considerazione assurda.

Non meno assurda di quanto lo sia considerare un pullman di giapponesi che fa tappa al FoxTown per due ore un atto “turistico” ai bisogni dei quali il FoxTown, come vorrebbe farci credere Abate con la sua mozione, provvederebbe.

Dirottando questi “turisti” a Mendrisio il FoxTown fa un semplice atto commerciale che non apporta nulla, ma proprio nulla alla voce “turismo” cantonale, né dal punto di vista qualitativo ma nemmeno da quello qualitativo. Visto che il FoxTown tiene una contabilità dettagliata delle spese effettuate dai turisti provenienti, ad esempio, dall’Asia (attraverso la rilevazione della provenienza delle carte di credito) sarebbe facilmente dimostrabile (con lo stesso metodo) che queste persone non sono “turisti” per il resto del Ticino, limitandosi ad essere clienti del FoxTown.