Non si raggiungerà il pareggio dei conti entro la fine della legislatura; l’obiettivo è rinviato agli anni seguenti, ma il lavoro in questa direzione comincia da subito attraverso una pesante politica di austerità.
È questo in sostanza il messaggio che emerge dalla recente presentazione del primo aggiornamento delle Linee direttive e del piano finanziario 2012-2015 che il governo ha indirizzato negli giorni scorsi al Parlamento cantonale.
Pesanti tagli
Non vi sono dubbi che, dopo qualche anno sostanzialmente concluso in pareggio grazie alle sopravvenienze fiscali degli anni arretrati, le cose si fanno serie. E questo non perché la situazione finanziaria del Cantone sia seria. Né i disavanzi d’esercizio previsti nei prossimi anni, né tantomeno il debito pubblico così accumulato sono e saranno tali da suscitare serie preoccupazioni. Ma, naturalmente, questo ragionamento non può essere fatto proprio da chi difende una visione liberale e utilizza l’arma del debito come strumento per colpire pesantemente la spesa pubblica, evitando così ulteriori aggravi fiscali e garantendo di non andare ad intaccare ulteriormente la quota dei profitti.
Le cifre sono importanti. Infatti il nuovo piano finanziario prevede una manovra di contenimento complessiva (tra minori uscite e qualche piccolo ricavo in più) di circa 200 milioni nei prossimi due anni. I tagli sono concentrati nel settore del personale, dei contributi e nel congelamento di nuovi compiti già previsti. Misure quindi che andranno a toccare direttamente la qualità e la quantità delle prestazioni pubbliche alla popolazione, nonché il funzionamento stesso del servizio pubblico. Una vera politica di austerità, né più né meno di quella che in molti paesi europei viene condotta da governi diversi sulla carta ma che, nella realtà, conducono politiche neoliberali simili.
Ancora più preoccupante è il fatto che i tagli prospettati abbiano un chiaro orientamento antisociale. Basti pensare che il contenimento della spesa pubblica si farà, per quel che riguarda i contributi, in settori delicatissimi come quello giovanile, della maternità e infanzia, nonché in alcuni settori della formazione (università, scuole comunali, ecc.).
Naturalmente la portata di questa politica e le sue conseguenze sono abbastanza facilmente immaginabili. Non solo perché vanno a colpire la spesa pubblica (e, di conseguenza, i cittadini), ma perché, come ormai dimostrano diverse esperienze di questi ultimi anni in Europa, questo tipo di politiche non fanno che aggravare la situazione, alimentando il sorgere di ulteriori elementi di problematicità.
Perché a tutti è chiaro che se prendiamo per buona l’affermazione del governo quando afferma quanto sia “difficile la situazione nella quale versano le finanze cantonali”, è altrettanto vero che la politica prospettata con questo aggiornamento della politica governativa non farà altro che alimentare ed amplificare questa difficile soluzione; non siamo dunque davanti ad una prospettiva che risolverà i problemi (ammesso che tali siano), quanto piuttosto ad un orientamento che tenderà a peggiorare ulteriormente la situazione.
Una politica di opposizione
Di fronte a tutto questo abbiamo avuto una prima opposizione o qualcosa di simile. Dopo il silenzio dei primi giorni, il consigliere di Stato Bertoli ha dichiarato di non condividere gli obiettivi di risparmio, seguito ufficialmente dal suo partito. Eppure, ancora qualche giorno fa, la capogruppo del PS dichiarava la propria disponibilità a far parte del gruppo operativo della commissione della gestione che, unitamente al governo, dovrebbe condurre questa politica di ricerca “concertata” dei risparmi. Lo stesso Bertoli, nel dichiarare la propria contrarietà al programma del governo, ritornava a proporre quella pessima visione della “simmetria dei sacrifici” già applicata in passato e che tutto è stata meno che simmetrica. Ma non vogliamo fare il processo alle intenzioni e prendiamo per buono l’atteggiamento ufficiale del PS che promette battaglia. Staremo a vedere.
Per parte nostra riteniamo fondamentale già sin d’ora orientarci in modo chiaro partendo da alcuni punti fermi assolutamente necessari per poter impostare una battaglia seria e coerente.
Il primo riguarda il rifiuto tout court di una politica di austerità. Questa ha infatti senso solo partendo dal presupposto che la situazione finanziaria (in particolare il livello del debito pubblico) sia particolarmente seria e quindi necessiti una politica di “rientro” tesa a chiudere in attivo in conti annuali e iniziare un processo di diminuzione del debito. Noi pensiamo che questo non sia il caso. E pensiamo che senza questa premessa sia difficile poter condurre coerentemente una battaglia contro la politica del governo.
Un secondo aspetto riguarda gli strumenti di gestione della spesa. Appare evidente che lo strumento attraverso il quale si vuole “governare” questa evoluzione è la nuova legge sul freno alla spesa. D’altronde alcuni “principi” che orientano l’aggiornamento del piano finanziario si ispirano alla “filosofia” concreta di questo progetto di legge attualmente in discussione nelle commissioni parlamentari. Abbiamo già dichiarato, al momento della presentazione di questo progetto di legge, la nostra opposizione. E poco importa che, partendo da altre logiche, una parte della destra e del padronato la combattano; per parte nostra possiamo già dichiarare che lanceremo un referendum contro questa legge sul freno alla spesa (una sorta di fiscal compact nostrano) se essa verrà approvata dal Gran Consiglio.
Un terzo aspetto riguarda l’alternativa possibile per garantire quella disponibilità di mezzi finanziari che potrebbero permettere una politica pubblica in difesa dell’occupazione e di una politica sociale, formativa e ambientale che risponda ai bisogni più impellenti che emergono dalla nostra società. Una disponibilità che deve passare attraverso la chiamata alla cassa non dei salariati e dei pensionati che, in questi ultimi anni, hanno già ampiamente dato; ma di proprietari immobiliari, di alti redditi, di detentori di patrimoni le cui fortune non fanno che aumentare. In altre parole solo attraverso una redistribuzione di una parte delle ricchezza sarà possibile avviare un’altra politica.
È partendo da queste indicazioni che pensiamo sia possibile tentare di costruire momenti di resistenza sociale e politica. E lanciamo un appello a tutte le forze politiche, sindacali ed associative affinché si crei uno spazio di discussione e di collaborazione per costruire una opposizione alla politica di austerità che il governo (con il sostegno delle forze politiche maggiori) è intenzionato a farci subire nei prossimi anni.