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La crisi di Cipro si inserisce nella crisi finanziaria globale europea, una crisi che combina crisi del debito e fragilizzazione delle banche con la speculazione che continua a dominare. Gli avvenimento assumono la dinamica di crisi nazionali successive, ognuna con la propria specificità ma con un fondo comune. In Irlanda, in Portogallo, in Spagna, le popolazioni hanno pagato caramente i crediti accordi ai propri paesi. Alla Grecia viene imposta un’austerità ancora più forte e visto l’enorme peso rappresentato dal debito, quest’ultimo ha dovuto in parte essere cancellato, obbligando i creditori a mettere mano al borsello.

Le banche cipriote sono talmente sproporzionate rispetto al paese poiché esse si sono trasformate in gigantesche lavanderie di soldi sporchi (in particolare provenienti dalla Russia). Vista la loro dimensione, lo Stato cipriota non era in nessuna misura in grado, di fronte alla crisi, di correre in loro soccorso. L’Unione europea ha trovato la « soluzione » los corso 16 marzo : un prestito di 10 miliardi di euro accompagnato da un’imposta su tutti i depositi bancari. Finora l’argomento avanzato per giustificare il salvataggio delle banche era stato quello di permettere il salvataggio dei risparmi dei piccoli risparmiatori. Ora ci troviamo di fronte al salvataggio delle banche (senza nulla chiedere nemmeno ai loro azionisti) proprio andando a pescare nel risparmio (compresi quelli dei piccoli risparmiatori) ! È questo piano che la pressione popolare ha mandato all’aria. Certo, Cipro è un paradiso fiscale e un’oasi per i capitali sporchi, ma tutto questo era ben noto al momento della sua adesione all’Unione europea nel 2004. E non vi sono ragioni per far pagare tutto questo ai piccoli risparmiatori ciprioti.

Ma il popolo cipriota non è riuscito ad andare oltre questa prima vittoria. Con il nuovo piano del 24 marzo, gli speculatori perderanno qualcosa mentre i lavoratori ciprioti perderanno molto. Infatti i titolari dei depositi più importanti hanno già trasferito altrove tutto quello che hanno potuto e Cipro non rappresentava che una parte dei loro investimenti. Vi sono molti altri paradisi bancari ! Invece di consacrare dei fondi europei per la riconversione dell’economia in modo da salvare migliaia di posti di lavoro, i 10 miliardi di crediti verranno inghiottiti nel pozzo senza fondo della finanza.

« L’Europa vuole chiudere il casinò » titolava il quotidiano francese Liberation il 25 marzo. Quanta ipocrisia : certo, è stata chiusa una piccola succursale, ma gli affari continuano alla grande! Se si vuole veramente farla finita con i soldi sporchi e la frode fiscale devono essere confiscati i beni degli speculatori, socializzare le banche e mettere fine alla libertà speculativa dei capitali. « Ci vorranno almeno dieci anni per ritrovare il nostro attuale livello di vita » ha affermato pochi giorni fa l’ex governatore della banca centrale di Cipro. Ci vorranno ben altri movimenti popolari e cambiamenti politici di grande portata per imporre la chiusura definitiva del casinò finanziario mondiale.