In questi giorni il Gran Consiglio ticinese ha approvato una modifica della legge sull’esecuzione delle pene e delle misure per gli adulti che amplia il raggio di azione delle agenzie private di sicurezza. In poche parole il governo avrà la possibilità di delegare a privati compiti di sorveglianza di persone collocate in cella all’interno o all’esterno di strutture carcerarie. Il provvedimento riguarda persone straniere sottoposte a fermo o carcerazione amministrativa e richiedenti l’asilo che compromettono la sicurezza e l’ordine pubblico.
Al di là dei dettagli dell’operazione quello che interessa è la logica che ci sta dietro. Di fatto il Consiglio di Stato e il Parlamento continuano nella loro politica di privatizzazione dei servizi pubblici. Cercano di rispondere al sovraccarico lavorativo della polizia e degli agenti di custodia delegando a privati una parte dei compiti dello Stato. In fin dei conti la tanto decantata politica di revisione dei compiti dello stato comincia a tradursi, in parole molto povere, in una politica di privatizzazione dei servizi pubblici. Una logica che, come ben sappiamo, porta con se conseguenze disastrose sia sul piano della qualità dei servizi offerti ai cittadini e alle cittadine, sia sul piano delle condizioni di lavoro dei dipendenti dei settori privati.
Nel settore della sicurezza questa logica appare ancora più pericolosa e preoccupante. Le agenzie private agiscono in ambiti delicati soprattutto in questo caso dove si parla di cittadini stranieri spesso già maltrattati dalla polizia di Stato.
Inoltre è ormai risaputo che molto spesso queste agenzie private utilizzano personale poco formato che viene sottoposto a ritmi e orari di lavoro molto intensi in condizioni di forte pressione.
A tuto questo si devono aggiungere salari molto bassi (quando questi vengono corrisposti: è infatti recente la polemica su una di queste agenzie che non pagava gli stipendi ai suoi dipendenti da parecchio tempo).
E non basta approvare poi, come ha fatto il parlamento, una clausola che genericamente richiede che il personale e i dirigenti di queste agenzie siano “adeguatamente formati” senza nemmeno specificare che tipo di formazione e con quali mezzi sia possibile effettuare dei controlli.
Il problema è evidentemente a monte e riguarda il ruolo dello Stato come garante dei servizi pubblici.
Se il personale del settore pubblico in generale lamenta situazioni di sovraccarico lavorativo e di mancanza di mezzi necessari a soddisfare i bisogni dei cittadini, lo stato non può rispondervi delegando questi compiti ai privati che agiscono seguendo la logica del profitto e non del soddisfacimento dei bisogni.
Meglio sarebbe promuovere l’assunzione di personale e migliorare le condizioni di lavoro dei dipendenti pubblici al fine di garantire poi un migliore servizio ai cittadini. Questo vale in qualsiasi ambito e a maggior ragione nell’ambito della sicurezza. Ma a quanto pare il vento liberista continua a soffiare con insistenza anche alle nostre latitudini…lasciando dietro se solo conseguenze negative!
E decisioni di questo tipo non lasciano presagire nulla di buono per il futuro; in particolare quando si pensa che nei prossimi mesi si discuteranno politiche di risparmio a tutto campo per decine e decine di milioni.
La famosa «road map» prevede infatti che i compiti dello Stato vengano ridiscussi con l’obiettivo dichiarato non certo di renderli più equi o efficienti, ma di ottenere grossi risparmi.
È questa ormai l’impostazione che sembra aver preso il sopravvento e nella quale rientra perfettamente una decisione come quella che abbiamo qui ricordato.