Pubblichiamo qui di seguito l’editoriale diell’ultimo numero di Solidarietà (nro 13 del 26 settembre 2013).
Nel momento in cui chiudiamo questo numero di Solidarietà non è ancora possibile tracciare un bilancio completo delle mobilitazioni in atto ormai da due settimane in Grecia, in particolare attraverso gli sciopero del settore pubblico, ma non solo.
Proprio per l’inizio di questa settimana sono stati convocati scioperi e manifestazioni nel settore pubblico che toccheranno non solo la scuola, ma anche alcuni settori dell’amministrazione, gli ospedali, e i trasporti.
L’obiettivo di questa mobilitazione è duplice. Da un lato impedire la soppressione di 20’000 posti di lavoro nel settore pubblico: obiettivo che il governo vuole raggiungere per ottemperare a quanto previsto dagli accordi con la troika; dall’altro, in particolare attraverso una mobilitazione la più ampia possibile e simultanea nei settori pubblici, impedire che scattino provvedimenti di precettazione e di eventuali conseguenti licenziamenti.
A questa importante mobilitazione se ne sta aggiungendo un’altra, in corso ormai da diversi giorni e che dovrebbe sfociare nella grande manifestazione prevista per mercoledì sera: quella contro i nazisti di Alba Dorata responsabili (oramai non vi sono dubbi) dell’uccisione di un militante della sinistra la scorsa settimana.
Su questo terreno la reazione del movimento sindacale, con le sue prese di posizione e la sua volontà di lotta, è stata esemplare. Ha invitato e invita alla mobilitazione popolare, unico vero strumento in grado di contrastare l’offensiva nazista.
La mobilitazione sociale contro i piani della Troika e del governo e contro i pericoli rappresentati dalla destra nazista (che d’altra parte ha molte connivenze sia all’interno dei partiti borghesi sia all’interno delle forze di polizia e dell’esercito) rappresentano i due aspetti fondamentali della lotta di classe oggi in Grecia.
E si tratta di una lotta difficile, importante, significativa e, per molti aspetti, anche decisiva rispetto agli scenari che potrebbero svilupparsi in Europa.
Non dobbiamo infatti dimenticare come quello che oggi caratterizza la Grecia è l’estrema violenza dell’attacco alle condizioni di vita dei salariati e della stragrande maggioranza della popolazione. Basti ricordare, per non offrire qui che un solo dato, che il salario minimo legale si attesta oggi a 550 euro e che vi sono centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici che lavorano e non vengono pagati da mesi e mesi.
La crisi capitalista, malgrado i proclami sulla «ripresa», non ha assolutamente risolto le proprie contraddizioni fondamentali e non vi sono dubbi che tali contraddizioni cresceranno e porteranno a nuovi momenti di drammatica tensione.
Per il padronato europeo, in particolare quello dei paesi più in difficoltà, la via da seguire ha oggi come riferimento, con gradualità più o meno intense, quanto succede in Grecia, la politica condotta dal governo in accordo con la Troika, cioe coni rappresentanti dei governi dei paesi europei (qualsiasi sia il loro orientamento politico dichiarato), del FMI e della BCE.
Per questo, lo ripetiamo, la guerra sociale condotta contro il popolo greco (dal suo governo, con il sostegno degli altri governi europei), non è altro che una prova generale di quello che potrebbe svilupparsi in altri paesi.
È per questo che quanto succede in Grecia deve attirare la nostra massima attenzione.
Innanzitutto per apportare ai lavoratori in lotta il nostro totale sostegno. A questo proposito fa veramente effetto notare come il movimento sindacale ufficiale snobbi sistematicamente i rapporti e le attività di solidarietà con il popolo greco: non ci risultano, ad oggi, azioni concrete di solidarietà (politica e materiale) con un popolo che sta coraggiosamente lottando.
Vi sono poi gli insegnamenti politici che possiamo trarre dal modo in cui una corrente importante del movimento operaio greco cerca di costruire una strategia per un’alterativa radicale. Pensiamo qui alla sinistra di Syriza e alla sua coraggiosa politica che oggi, tra le rivendicazioni fondamentali, avanza l’idea di finirla con i memorandum, di disconoscere il debito pubblico e di sviluppare una politica diversa da quella della distruzione sociale suggerita dalla Troika ed applicata dal governo Samaras.
Un’esperienza difficile e drammatica e dall’esito incerto, ma comunque anche piena di grandi speranze. Vale la pena di dedicarle tutta la nostra attenzione e la nostra solidarietà.