Si sono conclusi proprio in questi giorni i difficili negoziati che hanno viste impegnate tutte le parti che concorrono al progetto di nuovo centro di competenze nel settore dei trasporti (CdC).
Abbiamo chiesto a Gianni Frizzo, che ha guidato la delegazione operaia alle trattative, di farci un breve bilancio intermedio. (Red)
Il progetto, stimolato dallo sciopero delle Officine e «cristallizzato» a grandi linee in u n’inizativa popolare lanciata dai lavoratori nel giugno del 2008 e tuttora pendente davanti al Gran Consiglio, ha conosciuto diverse fasi di evoluzione.
Dapprima lo studio della SUPSI da cui esso è emerso come uno dei possibili sviluppi per il futuro delle Officine.
Vi è poi stato lo studio di fattibilità elaborato dalla società BDO di Christian Vitta. È proprio questo studio che ha mostrato la fattibilità del progetto ed aperto la via alla sua concretizzazione.
Ora gli ultimi passi e gli ultimi accordi: la convenzione tra i soci «fondatori» del centro di competenze, gli statuti, ecc.
In questi mesi di lunghe trattative l’ostacolo principale si è sicuramente rivelato l’atteggiamento delle FFS, continuamente oscillanti tra un’adesione formale e di massima al progetto CdC e la rivendicazione di una loto esclusiva competenza sui destini produttivi delle Officine. Un atteggiamento inaccettabile per chi, come i lavoratori delle Officine, pensano che lo sviluppo produttivo delle Officine debba essere pensato e deciso quale elemento trainante della politica industriale promossa dal futuro CdC.
Risolto il problema? Vedremo. Per il momento gli accordi conclusi (e che devono ancora essere ratificati) sembrano accogliere, almeno sulla carta, le esigenze espresse dai lavoratori.
Sappiamo tuttavia che la fase difficile viene soprattutto quando si tratta di far rispettare gli impegni assunti sulla carta.
Qual è il tuo giudizio complessivo sull’accordo appena concluso?
Direi che tutto sommato il giudizio non può che essere positivo, tenendo coerentemente conto quale era il punto dal quale siamo (ri)partiti, cioè dal marzo 2008.
Mi pare che il punto più importante dell’accordo – anche si vi sono ancora forti ed importanti resistenze – sia che esso rimette al centro del discorso le Officine (OBe).
Per noi è sempre stato chiaro, fin dai primi passi della discussione sul centro di competenza che, che le OBe devono inequivocabilmente essere il “volano, l’anima e il fulcro” del Centro di competenze (CdC): una questine per noi essenziale, imprescindibile, senza la quale ai nostri occhi appare impossibile concretizzare la filiera tecnico-industriale.
La nostra “missione” doveva in sostanza cercare di unire in modo ferreo ciò che, irresponsabilmente, alcuni cercavano (e cercano tuttora) di divedere: cioè le OBe e il Centro di competenze.
Le resistenze ad unire i destini di queste due strutture sono verosimilmente legate al rifiuto di investire nel progetto e nel futuro stesso delle Obe; una posizione che, a medio e lungo termine, potrebbe risultare devastante per gli oltre 500 posti di lavoro. È evidente per noi che non si può lasciare completamente nelle mani delle FFS la strategia organizzativa e gestionale delle OBe senza inserirsi, come da noi richiesto, nel discorso per la definizione del futuro di questo vulnerabile (già messo a dura prova nel 2008) “bene comune”; significherebbe non aver capito nulla di quanto accaduto dal marzo 2008 in poi. Debolezze e minacce, per la realtà produttiva cittadina, molto ben documentate dallo scenario uno (declino programmato) dello studio, commissionato dal Consiglio di Stato nel 2008 (presentato poi nel 2010) alla SUPSI.
Il Comitato non sta facendo altro che agire coerentemente nel rispetto di un chiaro mandato popolare(assembleare), che non consiste solo nel contribuire a dar vita a un progetto di CdC – tra l’altro nato non a caso ma grazie all’iniziativa popolare del 2008 – ma, soprattutto, fare in modo che le OBe possano mantenere e sviluppare la capacità produttiva e occupazionale, una condizione irrinunciabile per chi crede veramente in un progetto di CdC che rispecchi appieno le serie raccomandazioni e conclusioni evocate dallo studio della BDO, la società che ha realizzato lo studio di fattibilità del CdC, ha cioè spinto la proposta della SUPSI ad uno stadio più avanzato sulla base del quale abbiamo potuto raggiungere questo accordo.
La BDO non rimette certo in discussione il fatto che le officine continuino ad essere proprietà delle FFS; ma insiste sul fatto che devono con urgenza, diciamo così, “riassestarsi” se vogliono inserirsi a pieno titolo nel discorso del CdC e, indipendentemente da quest’ultimo, non precipitare in una fase di declino produttivo. L’obiettivo ultimo è di fare in modo che il CdC non sia esclusivamente un’entità confinante con le OBe, entro la quale, gradatamente, spazi e strutture vengono espropriati alle OBe per scopi che divergono palesemente da quelli prioritariamente prefissati.
Al di là dell’accordo, tuttavia, i problemi interni all’Officina restano tutti sul tappeto (evoluzione della produzione, politica del personale, ecc.). Pensi che questo accordo possa, in qualche modo, favorire la soluzione dei problemi?
Malgrado tutti gli sforzi fatti per oggettivamente documentare le problematiche che si riscontrano a più livelli alle OBe (conduzione, organizzazione, gestione dei processi e del personale ecc.) poco o niente si mosso nella direzione di porre i più che necessari correttivi che si impongono con urgenza.
A titolo esemplificativo posso dire che oggi alle OBe, e malgrado gli accordi intrapresi, il numero degli interinali oltrepassa generosamente le 100 unità (cioè più del 20% di tutto il personale).
E’ bene ricordare come una parte delle “minacce” per le OBe, siano anche ben documentate dall’analisi dei rischi e delle opportunità (punti deboli e forti) emerso dallo studio SUPSI. Viste dunque le palesi difficoltà riscontrate nel cercare di risolvere queste problematicità per le canoniche vie di servizio (compresa Tavola rotonda), ci siamo prefissati di concentrarci scrupolosamente sul progetto di fattibilità del CdC, cercando di mettere l’accento sulle chiare indicazioni che emergono per quanto riguarda l’assetto organizzativo e strategico che le OBe dovrebbero assumere in relazione al CdC.
Naturalmente sono delle raccomandazioni che il Comitato, per tutte le ragioni sopraesposte e vista la fonte, diciamo così, scientifica dalla quale provengono, ha prese seriamente in considerazione facendole proprie. È su questa strada, sulla via della realizzazione del centro di competenza, che vogliamo e dobbiamo anche affrontare i problemi interni di organizzazione del lavoro.
E questo perché non si tratta di problemi che rientrano solo nella logica lavoratori-datore di lavoro (FFS); ma di problemi connessi strettamente sia all’organizzazione della produzione, sia al progetto stesso di CdC. In altre parole battaglia per risolvere i problemi interni e battaglia per affermare le Officine quale centro propulsore del futuro CdC sono per noi un tutt’uno ed è proprio con questo atteggiamento che abbiamo affrontato la trattativa per la stipulazione della convenzione (e degli altri documenti annessi, ad esempio lo statuto del CdC) della quale stiamo parlando.
Dunque, per ritornare alla domanda posta, tutte le condizioni che il Comitato ha cercato (e cerca) di veicolare nei documenti costitutivi del CdC (Convenzione, Statuto …) non sono altro che un passo nella direzione di creare quelle minime condizioni quadro affinché si possa confidare che si stia veramente progettando un futuro credibile per le OBe, con la nobile e non impossibile ambizione di sviluppare l’attuale situazione occupazionale, e di conseguenza si possa essere effettivamente il volano per un CdC che si vuole costruire sulla base di qualcosa di realmente esistenze e funzionante.
Quali saranno i prossimi passi che intendete fare?
Per quanto riguarda il progetto del CdC, non ci resta che presentare il risultato raggiunto, all’assemblea dei lavoratori e all’Associazione Giù le mani, per la necessaria ratifica. Sottoporre in modo democratico il progetto di accordo al giudizio dei lavoratori, capire in sostanza se abbiamo ottemperato o meno al mandato ricevuto. Per quanto attiene le OBe dovremo prestare la massima attenzione affinché, in nome del CdC, non ci siano delle premature fughe in avanti senza che vi sia prima, da parte FFS, una chiara presentazione strategica per quanto riguarda la gestione della superficie e delle strutture, in funzione dapprima alle attività che le FFS vogliono sviluppare alle OBe e al valore aggiunto che potrà portarci in futuro il CdC.
Fermo restando, naturalmente, che, con spiccata lungimiranza, si riuscirà, nel periodo di transizione (previsto dalla studio della BDO in 5/7 anni,) a creare le condizioni quadro ideali legate agli investimenti, alla formazione e alla tipologia contrattuale del personale, all’adattamento dell’organizzazione, alla maggiore autonomia locale e tutto quanto serve per guardare al futuro con un minimo di credibilità e fiducia. In base a ciò e alla chiarificazione di tutti gli altri problemi in sospeso alle OBe si determinerà la sorte dell’iniziativa popolare tuttora in sospeso. Per ora non abbiamo nessuna fretta di ritirarla tanto, come si usa dire: “non mangia pane”!