Con il consueto ritardo, l’Istituto greco di statistica (ELSTAT) ha pubblicato agli inizi di settembre i dati della disoccupazione per il mese di giugno 2013. Il numero di disoccupati registrati sale a 1.403.698, ossia 174.709 in più rispetto al giugno dell’anno precedente. In rapporto alla popolazione attiva, il tasso è del 27,9%. Si colloca ufficialmente, per i giovani tra i 15 e i 24 anni, al 58,8% e, per quelli della fascia d’età tra i 25 e i 34 anni, al 37,4%.
Se i mezzi di comunicazione di massa pongono l’accento soprattutto su Alba dorata e sulle misure prese dal governo, la disoccupazione resta uno tra i principali fattori sociali e politici della situazione greca. Numerosissimi servizi indicano come decine di migliaia di lavoratori/lavoratrici non vengano remunerati/e da 3-6 mesi. L’esempio di disoccupati qualificati cui si offrono salari di 490 euro netti per un lavoro settimanale di 54 ore sono ricorrenti, come lo sono le notizie su disoccupati di lunga data la cui famiglia è costretta a vivere della pensione dei genitori, che non supera un massimo di 500 euro mensili. Un disoccupato quarantacinquenne con due figli piccoli descrive una situazione analoga e la riassume così: “500 euro per cinque persone, e solo per il pane devo spendere ogni giorno 1,82 euro”. Ricordiamo che il salario minimo è sceso da 780 euro a 586 nel febbraio 2012. In termini di reddito netto, la somma è di 480-490 euro mensili.
È stato presentato agli inizi di ottobre un piano di riorganizzazione delle pensioni. La pensione base dovrebbe arrivare a un massimo di 360 euro mensili. Andrebbe integrata con un'”assicurazione sulla vita obbligatoria” (di fatto un secondo pilastro), cui è interessato il gruppo assicurativo tedesco Allianz. Per quanto riguarda la sanità, il presidente del Sistema sanitario nazionale (EOPYY), Dimitris Kontos, membro di Nuova democrazia, ha segnalato a fine settembre che 3.068 milioni di cittadini sono privi di assicurazione. Ricerche più approfondite dimostrano come la cifra sia sottostimata, non comprendendo i piccoli commercianti che hanno dovuto chiudere le loro attività, o i lavoratori dell’edilizia che perdono la copertura sanitaria quando non versano più i contributi a causa della perdita del posto di lavoro. La cifra più vicina alla realtà, senza evidentemente calcolare i/le migranti, supera i 4 milioni. Il dato va confrontato con il numero ufficiale di assicurati: 6,171 milioni.
L’esproprio degli alloggi di chi non ha versato le tasse sugli immobili, che hanno conosciuto un’esplosione, e/o di chi ha altri debiti con lo Stato è un argomento attualmente in discussione al parlamento greco. Il rapporto tra l’ammontare del debito e il valore dell’immobile suscita numerosi interrogativi rispetto o al trasferimento allo Stato del bene immobile per cancellare il debito, o al trasferimento a una parte terza che si accolla il debito residuo da saldare, a seconda del valore assegnato alla proprietà. Sta tra l’altro montando una vera e propria rabbia fra i numerosissimi proprietari d’alloggio, una quota rilevante dei quali non riesce a pagare le spese di riscaldamento, tanto più che una nuova imposta colpisce il gasolio per uso domestico. Un’indagine recente segnala che il 44% delle famiglie greche non riusciranno a riscaldare le proprie abitazioni quest’inverno. E tale percentuale è stata stabilita senza tener conto del successivo aumento dell’imposta. Non è difficile immaginare le conseguenze del freddo sulla salute di bambini piccoli e persone anziane. Uno degli argomenti cari a Samaras nel 2012 si riduceva a questa formula, tradizionalmente ricorrente: “Se arrivano al potere i comunisti, si prenderanno le vostre case…”
Su questo sottofondo sociale, qui presentato a grandi linee, va inquadrato il dialogo politico di Angela Klein (dirigente della SoZ tedesca) con Antonis Tavanellos, dirigente di SYRIZA e di DEA, che riportiamo di seguito. (Redazione di A l’Encontre).
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Dopo l’annuncio della “mobilità” per 25.000 dipendenti pubblici da parte del governo Samaras, il movimento di sciopero nella funzione pubblica a partire dal 17 settembre – ripetuto in forma più limitata il 24 e il 25 -, sulla scia della mobilitazione delle scuole, dei licei e degli ospedali, ha avuto un’ampiezza rilevante Come valuti, a posteriori, la mobilitazione?
Lo sciopero ha costituito un grande successo. È risultato chiaro in occasione della manife-stazione del 18 settembre, che è stata una delle principali manifestazioni del pubblico im-piego, con 100.000 partecipanti. Una caratteristica della manifestazione è la partecipazione di molteplici settori presenti con i loro cartelli e i loro striscioni. Naturalmente, gli insegnanti del sindacato delle secondarie, che erano in pieno movimento di sciopero, rappresentavano il troncone più significativo della manifestazione. Tuttavia, si notava anche una larga presenza dei/delle lavoratori/lavoratrici degli ospedali, degli impiegati comunali e delle università. Possiamo dire che tanti piccoli rivoli sono confluiti in questa circostanza, in seguito all’appello della confederazione sindacale del settore pubblico (ADEDY).
Quale è stato il sostegno a questa lotta del settore pubblico da parte delle altre frange del mondo del lavoro e della popolazione?
Ognuno/a subisce attacchi a causa dell’applicazione dei piani di austerità, i Memorandum imposti dalla “trojka” (UE, FMI, BCE). Non si tratta perciò del solo settore pubblico, dei la-voratori del settore privato, dei/delle disoccupati/e, dei/delle pensionati/e e di quelli/e che non hanno più accesso ai farmaci e alle cure sanitarie, ma anche di strati di cosiddetto ceto medio. Ne deriva la sensazione crescente che ogni mobilitazione contro l’austerità sia una lotta che riguarda tutti e ciascuno. Per questo, la presa della propaganda governativa contro la “sovversione” o contro i dipendenti privilegiati si è fortemente indebolita. Questa mobilitazione del settore pubblico era infatti largamente vista come parte integrante della resistenza all’austerità e della lotta contro la politica del governo.
Tale percezione, inoltre, si proiettava così: lo sciopero della funzione pubblica è considerato uno strumento di difesa di quel che resta dello “Stato sociale”, vale a dire la pubblica i-struzione, gli ospedali, il sistema pensionistico, ecc. Questo ha ampliato il sostegno alla mobilitazione dei vari settori del pubblico impiego.
Si sono visti nascere su questa base “dei consigli popolari di resistenza”, con l’obiettivo di appoggiare gli scioperanti. Analogamente, l’occupazione di scuole secondarie avveniva a sostegno degli insegnanti. Anche studenti universitari hanno partecipato al movimento, tanto più che lo staff universitario è preso direttamente di mira. Va tuttavia notato che la direzione di ADEDY rimane sostanzialmente passiva ed è quindi difficile trasformare la solidarietà in un movimento di sciopero generale.
Agli inizi di quest’anno, lo sciopero degli insegnanti delle secondarie è stato interrotto in seguito alla decisione del governo di Samaras di applicare una legge di tipo militare, la precettazione. In pratica, si spedisce una lettera ad ogni insegnante, e se questo non riprende il lavoro è minacciato di essere licenziato e, comunque, di subire una qualche forma di repressione. A settembre di quest’anno, Samaras non si è appellato a questa legge. Per quale ragione?
Non era tanto semplice per lui. Lo sciopero precedente era stato proclamato durante gli esami di Stato, che sono di grande importanza perché dal loro esito dipende in quale uni-versità gli studenti potranno seguire i loro studi. In quel contesto, era più facile per il governo ottenere l’appoggio contro lo sciopero.
C’era parecchia gente che sosteneva che gli/le insegnanti avevano ragione di scioperare, ma che non dovevano farlo in quel periodo. La stessa sinistra esitava a sostenere incondi-zionatamente la lotta degli insegnanti. Tuttavia, la decisione di applicare quella legge mar-ziale che è la precettazione è stata percepita negativamente, incluso tra settori della popo-lazione che erano contrari agli scioperi durante gli esami.
Questa volta, in settembre, la situazione era diversa. Era molto difficile per i mezzi di co-municazione di massa, soprattutto per i canali televisivi che sostengono il governo, ripren-dere l’argomento che andava di moda in primavera: “Sì a uno sciopero, ma non adesso”. Ora non potevano ripetere l’operazione senza rischiare di apparire ancora più ipocriti. So-prattutto, però, era molto diversa la situazione complessiva. Poco tempo dopo il decreto autoritario sullo sciopero degli insegnanti, il governo Samaras prese un’iniziativa altrettanto autoritaria: la chiusura dell’ERT (radiotelevisione pubblica), l’11 giugno. Enorme è stata la reazione popolare di fronte a quella decisione. Si è sviluppato un impressionante movimento di solidarietà, si è instaurato un vero e proprio dialogo di massa tra gli/le impiegati/e dell’ERT che occupavano l’edificio e migliaia e migliaia di persone, di delegazioni di fabbriche, di ospedali, di scuole, che appoggiavano il movimento. L’ERT ha continuato a funzionare diffondendo in streaming i suoi programmi, si organizzavano dibattiti, le due orchestre considerate parte del personale dell’ERT davano concerti, ecc. L’Imposizione di far tacere l’ERT ha messo in crisi il governo. Il fatto di dirigere con “il pugno di ferro” era rifiutato da larghe fasce della popolazione ed era gravido di pericoli per il governo Samaras. Infine, in settembre, altri scioperi convergevano con quello degli insegnanti delle scuole secondarie, e questo ne impediva l’isolamento. È comprensibile quindi che il governo Samaras dovesse pensarci due volte prima di prendere una misura così impopolare come la precettazione, che avrebbe potuto sfociare agevolmente in una crisi ancora più ampia di quella al momento dell’ERT.
E in questa fine d’autunno sembra che la disponibilità a mobilitarsi sia maggiore che non agli inizi di quest’anno.
Effettivamente, agli inizi di quest’anno vi fu una relativa demoralizzazione, provocata da aspettative troppo ottimistiche createsi alla fine del 2012 , e rimaste senza concretizzazioni. Malgrado, infatti, le due giornate di sciopero del novembre 2012, il governo ha comunque a-dottato un nuovo programma di austerità. Vi erano stati numerosi scioperi settoriali, ma erano rimasti isolati. Non avveniva la loro fusione con settori più vasti di lavoratori. Era perciò più facile per il governo di Samaras (una coalizione tra Nuova Democrazia, il PASOK e la Sinistra Democratica) sia reprimerli, sia utilizzare la precettazione, sia lasciarli logorare. Quella fase si è chiusa con quella che chiamerei la crisi dell’ERT, che ha segnato una nuova ascesa del movimento di resistenza.
Va tuttavia sottolineato un elemento di grande rilevanza. Numerosi militanti, sindacalisti, lavoratori attivi hanno ricavato alcuni insegnamenti dalla fase precedente. La lezione ricavata non era più quella che potremmo formulare così: “Non possiamo vincere”, ma si è tradotta in questa idea: “Un settore non può vincere da solo; un giorno di sciopero tradizionale non basta”. Ne conseguono, fin dall’inizio di settembre, sforzi coscienti per coordinare iniziative, e si è imposta la comprensione che una vittoria, anche parziale, ha bisogno di una seria organizzazione. Questo crea la possibilità, dico la possibilità, di resuscitare tradizioni dimenticate della classe operaia quali l’elezione di comitati di sciopero, la costituzione di fondi di finanziamento degli scioperi, i picchetti davanti agli stabilimenti in sciopero, i sit-in, ecc.
C’è un miglioramento nella collaborazione delle varie tendenze della sinistra rispetto al passato?
Il problema dell’unità della sinistra rimane. Sul piano politico centrale gli scontri proseguono. Tuttavia, durante gli ultimi mesi si sono verificati esempi di migliore collaborazione nell’azione. Al momento dell’occupazione dell’ERT, le bandiere di Syriza, di ANTARSYA e del PAME (“fronte di massa”, di coloritura sindacale, diretto dal PC – KKE) stavano fianco a fianco. In occasione delle manifestazioni del settore pubblico, il PAME ha sfilato con gli altri settori, rompendo con la sua tradizionale tattica di organizzare un corteo separato, in un’altra direzione, a segnare la propria distanza dalle mobilitazioni della sinistra radicale e dalle forze sindacali. Infine, ed è importante, in occasione della manifestazione contro l’assassinio del rapper antifascista, Pavlov Fyssas, vi sono stati diversi coordinamenti tra il PAME e tutte le altre forze della sinistra e antifasciste. Occorrerà vedere se questi esempi positivi rimarranno limitati e se dobbiamo continuare a subire lo stesso tipo di scontri. Siamo pur sempre ancora abbastanza lontani da quello di cui avremmo assolutamente bisogno: un fronte d’azione unitaria, cosciente e stabile.
Che ne è del sostegno che questo governo può avere tra la popolazione? Il mes-saggio di Samaras e del ministro delle Finanze, Sturnaras, secondo cui l’economia greca sta uscendo dal tunnel, ha qualche credibilità?
Il governo dispone di un appoggio – a parte i settori a lui direttamente legati – in certo senso in una forma negativa. Vale a dire, la paura del fallimento, la paura di un’uscita dall’eurozona, la paura “dell’instabilità”, la paura dell’ignoto se Syriza (coalizione di varie forze) arrivasse al governo. Queste paure e la loro strumentalizzazione sono sufficienti a reggere rispetto al nocciolo tradizionale degli elettori di destra, ma non più di questo. Il governo non dispone di una prospettiva credibile da offrire a una larga maggioranza della popolazione. È per questa ragione che sceglie in varie occasioni di governare col pugno di ferro e di dispiegare in permanenza il suo vasto apparato poliziesco. Ciononostante, sono evidenti i limiti di questo autoritarismo. Samaras si è visto costretto a moltiplicare gli annunci secondo i quali la politica economica era coronata da una storia a lieto fine, vale a dire l’uscita dalla crisi.
Questa “teoria” è stata messa ben presto a nudo dalla realtà. La recessione continua a segnare l’economia, con un ritorno indietro tipico di una situazione di guerra. Il tenore di vita della maggior parte delle persone è attaccato in un modo che era inimmaginabile tre anni fa, e non si smette di porre in atto nuove misure di austerità. L’ottimismo di facciata di Samaras e di Sturnaras, quindi, non convince nessuno. La Troika parla di un nuovo prestito importante, che non significa altro che la firma di un nuovo memorandum d’austerità. Dopo tre anni di brutale “rigore”, il debito resta al livello del 2010. L’obiettivo di “ritornare sui mercati” (prestiti obbligazionari sui mercati finanziari) sembra impossibile in un futuro prevedibile. Al tempo stesso, gli attacchi continuano. Facciamo un esempio. Quando il governo introduce una tassa di 25 euro all’atto di un ricovero in ospedale, è difficile convincere la gente che le cose stiano andando bene. Per cui, non potendo offrire una prospettiva “positiva”, Samaras cerca di organizzare un blocco sociale sulla base di riflessi conservatori: uno stile di attacco contro la sinistra tipico di un clima da guerra fredda, la denuncia del disordine sociale per stimolare la paura, un’esacerbata ostilità verso gli scioperi e i sindacati. Per imporre questa “contro-rivoluzione” ideologica negli strati maggioritari della società, Samaras deve imporre una contro-rivoluzione concreta, materiale, innanzitutto nei luoghi di lavoro. A tale scopo, ha bisogno di infliggere sconfitte di grande portata ai diversi movimenti dei lavoratori, per modificare i rapporti di forza in maniera molto aspra. Un po’ come ha fatto la Thatcher al momento dello sciopero dei minatori nel 1984-85. Per lui, però, la vittoria non sarà facile.
Quali risultati danno i sondaggi relativi ai diversi partiti? È vero che scendono i partiti governativi e che cresce la presa di Alba dorata?
I sondaggi, perlomeno quelli pubblicati, sono relativamente stabili nel corso degli ultimi mesi. Nuova Democrazia (ND) e SYRIZA restano in testa, con fluttuazioni. Se c’è un’ascesa delle lotte, SYRIZA è in testa; nel momento di declino delle mobilitazioni, ND acquista influenza. Il PASOK (socialdemocrazia), partner minore di ND, che collabora totalmente all’attuazione del programma di Samaras, crolla, così come DIMAR (la Sinistra Democratica di Fotis Kuvelis), che appoggia il governo ma non ne fa più parte. Il declino del PASOK e di DIMAR sono un indicatore della polarizzazione estrema tra la destra e la sinistra. I neonazisti di Alba dorata, nei sondaggi pubblicati, sono in terza posizione, con risultati che oscillano tra il 12% e il 15%. I nazionalisti “anti-austerità” del LAOS (Raggruppamento popolare ortodosso) e i Greci indipendenti stanno declinando. È difficile valutare l’influenza di Alba dorata. Sembrava essersi arrestata dopo l’assassinio di Pavlos Fyssas e le mobilitazioni. Una parte delle persone che esprimono l’intenzione di votare, nei sondaggi, dichiarano di voler “ritornare” a Nuova Democrazia, È troppo presto per esprimere un giudizio su questa dinamica elettorale. L’essenziale al riguardo è continuare la mobilitazione antinazista, tra l’altro nelle scuole.
A che punto sono i rapporti tra Nuova Democrazia ed Alba dorata? A fine settembre-inizi ottobre sono stati portati alla luce vari collegamenti.
Storicamente, c’erano collegamenti tra l’estrema destra di Nuova Democrazia, i partiti di estrema destra come il LAOS e i neonazisti. Il legame tra Alba dorata e settori dell’apparato statale era la norma ed Alba dorata, compresi i suoi nuclei iniziali, godeva di appoggi e protezioni. Negli ultimi mesi, tuttavia, si è fatto più serio. Ho richiamato prima la strategia di contro-rivoluzione ideologica di Samaras e la sua intenzione di schiacciare l’estrema sinistra e i settori sindacali combattivi. È facilmente comprensibile come Alba dorata rientrasse perfettamente in questo piano. Alba dorata godeva della protezione della polizia. In un periodo recente, c’è addirittura stata una escalation politica. Alcuni commentatori neoliberisti avevano dichiarato pubblicamente che Alba dorata, “purché fosse un po’ più seria”, poteva diventare un partner governativo per Nuova Democrazia. Alcuni consiglieri significativi di Samaras, tutti di estrema destra, avanzavano in modo molto serio una prospettiva del genere.
La cosa è cambiata dopo la morte di Pavlos Fyssas e l’ampio rigetto dei neonazisti. Ora, verso fine settembre, c’è stata la “repressione” (uso le virgolette perché resto scettico su come andrà a finire) di Alba dorata. Questo non ha niente a che fare con l’antifascismo. Si tratta della riorganizzazione dei rapporti di forza tra ND e Alba dorata, o tra lo Stato e Alba dorata. Questo ha anche a che fare con il tentativo del governo di prendere da parte sua l’iniziativa sul movimento antifascista attivo in piazza e di “catturare” il sentimento antifascista a proprio vantaggio.
Sembra, quindi, che si stia operando un cambiamento di strategia con Nuova Democrazia che si presenta come un guardiano della democrazia e, più importante, della «stabilità». Ciò aiuta ND sul piano elettorale e modifica l’agenda politica.
I mezzi di comunicazione di massa dei partiti borghesi sostengono che la linea di demar-cazione non è tra quelli che sono a favore oppure contro l’austerità, ma tra chi è favorevole a un “fronte costituzionale” o a un “ventaglio democratico” contro Alba dorata e “l’estremismo in genere”, nella misura in cui numerosi dirigenti politici mettono sullo stesso piano i neonazisti e “gli estremisti della sinistra radicale”.
Questa tattica può naturalmente cambiare nella prossima fase. Né l’apparato di Stato né ND intendono sinceramente schiacciare Alba dorata. I neonazisti costituiscono un’utile riserva per la classe dominante. Nell’immediato, i loro esponenti pensano sia meglio contenere i neonazisti, ma nel momento in cui ne avessero bisogno ne faciliterebbero il riaffiorare. Così, battere il pericolo neonazista spetta al movimento antifascista, al movimento operaio, alla sinistra, e per questo occorre farlo in piazza e nei quartieri. E questo obiettivo va di pari passo con la lotta contro l’austerità, e con quella contro il governo Samaras. La nostra risposta alla cosiddetta teoria “dei due estremi” (i neonazisti e la sinistra radicale, con il governo che si proclama “il centro democratico”) si può tradurre così, per farla breve: un estremo è composto dal padronato, dal governo e le sue forze e dai nazisti; e “l’altro” è costituita dall’insieme dei lavoratori, dalla sinistra e dal sindacalismo di resistenza.
C’è la possibilità di rovesciare il governo Samaras?
L’ondata di scioperi di settembre stava ad indicare che il potenziale ci sarebbe stato, se avesse potuto basarsi su settori sociali più ampi. Questo però non è accaduto. E il governo ha reagito abilmente di fronte alla situazione verificatasi dopo l’assassinio di Pavlos Fissas, riuscendo a ricavarne un certo vantaggio. Quindi, a breve termine, la possibilità di rovesciare il governo non c’è. Tuttavia, essa può ripresentarsi. Di fronte alle politiche e alle misure derivanti dall’applicazione dell’attuale Memorandum, ogni sciopero diventa di fatto uno sciopero politico antigovernativo, se vuole realizzare i suoi obiettivi. Malgrado la capacità di sopravvivere, resta il fatto che questo governo resta debole. C’è un dibattito permanente sulla necessità di dar vita a un nuovo governo, compreso nei ranghi del parlamento, e questo processo tende ad emarginare Samaras. Il cambiamento può non concretizzarsi, ma il semplice fatto che esista una discussione del genere la dice lunga sul ridursi della fiducia nei confronti di questo governo. Esso dovrà quindi affrontare in futuro problemi ardui. Deve, al tempo stesso, applicare leggi che traducano in pratica il Memorandum e far passare in parlamento un ulteriore insieme di misure di austerità. La classe operaia in senso lato ha dato prova negli ultimi tre anni, a varie riprese, di essere in grado di rispondere. Due governi sono stati rovesciati: quello di Georges Papandreu del PASOK e la coalizione tripartitica diretta dal “tecnocrate” Papademos. Sono perciò abbastanza sicuro che si presenterà un’altra possibilità, tanto più che gli scioperi non sono cessati e che vari settori rimangono mobilitati.
Secondo te, quale è in questo momento il compito della sinistra radicale?
Direi che oggi si pone il problema tattico e strategico di sviluppare un movimento sociale e politico complessivo contro il governo. Ho accennato prima al fatto che ogni sciopero doveva affrontare la sfida dello scontro con il governo per vincere. Da questa constatazione non discende, tuttavia, che una simile mobilitazione socio-politica prenderà forma in maniera spontanea. Il problema centrale è quindi il seguente: come agire per organizzare una simile lotta di massa e militante per rovesciare un governo, che non accetterà supinamente. Vi sono compiti che la burocrazia sindacale è strutturalmente incapace di svolgere, per non dire che non vuole svolgerli. In un contesto del genere, spiccano due elementi chiave: le iniziative di solidarietà con le varie lotte e quelle prese dalla base e dai settori intermedi delle organizzazioni sindacali, stimolati dall’intervento delle correnti della sinistra radicale nella prospettiva dell’unità d’azione. Ne deriva che occorre trovare le forme che aiuteranno ad organizzare e ad estendere forme di resistenza e di contrattacco. È perciò di grande importanza la creazione di “consigli popolari di resistenza”, un’iniziativa che ha appena preso forma, ed anche che essi si creino su una scala piuttosto ampia. Le forze organizzate della sinistra radicale possono giocare un ruolo chiave nell’innescare una dinamica in questa direzione. È in questa direzione, dunque, che dovremmo concentrare i nostri sforzi.
*L’intervista ad Antonis Netavanellos è stata fatta da Angela Klein per la SoZ e per A l’Encontre, ed è stata tradotta in italiano da Titti Pierini.