Ci sono voluti più di due anni affinché governo e parlamento rispondessero alla mozione di Matteo Pronzini che chiedeva, due anni fa, che nella stipulazione di contratti normali (sia quelli già in vigore da anni – e che non hanno un carattere obbligatorio – sia in quelli – obbligatori – varati nel quadro delle misure di accompagnamento) l’autorità pubblica difendesse l’idea di una salario minimo di 4’000 franchi mensili (per 13 mensilità).
Due anni, abbiamo detto. Durante i quali, facendo finta di nulla, il governo ha messo in vigore alcuni contratti normali di lavoro (personale della vendita per i negozi con meno di 10 dipendenti, call center, ecc.) rigorosamente attestati attorno ai 3’000 franchi mensili (per 12 mensilità).
Un esempio illuminante di come funzioni la democrazia parlamentare e di quale sia la considerazione che governo e partiti maggiori hanno delle opposizioni parlamentari, per minoritarie esse possano essere.
Ma al di là del metodo, quello che sorprende è la decisione quasi unanime dei partiti presenti in Parlamento di respingere la mozione (i social-liberali non sono favorevoli alle conclusioni degli altri partiti, ma hanno rinunciato a redigere un rapporto di minoranza).
Abbiamo detto «sorprende»? In realtà non proprio.
Sappiamo infatti quanto sia ampia la distanza che separa, nel campo borghese, le parole e i fatti. A parole infatti tutti sono nemici del dumping salarial: non ne trovate uno che non giura di impegnarsi a fondo per combatterlo. D’altronde la sua valenza in termini elettorali è chiara a tutti e il suo progredire non può essere evidentemente negato. Perciò, gli impegni a volerlo combattere, come detto, sono ricorrenti e solenni, sia da parte del governo che dei maggiori partiti borghesi.
Poi ci sono i fatti. Ed ecco allora, alla prova dei fatti come si suol dire, l’opposizione ad una mozione che chiede che non vengano fissati salari minimi legali (cioè validi per qualsiasi lavoratore) al di sotto dei 4’000 franchi mensili.
Naturalmente, superato il primo momento di sorpresa, le cose diventano più chiare. Perché i salari minimi legali fissati dal governo (come detto attorno ai 3’000 franchi mensili) non hanno come obiettivo quello di favorire la lotta al dumping, ma esattamente il contrario: vogliono favorire il dumping salariale.
Obiettivo di tutta questa bella gente (obiettivo fissato con l’adozione degli accordi bilaterali e la liberalizzazione ulteriore del mercato del lavoro) è proprio quello di abbassare i livelli salariali nel nostro paese, per renderlo più “competitivo” ed aumentare i margini di profitto.
Ed allora ecco che un salario di 4’000 franchi al mese viene considerato eccessivamente elevato, un salario che rappresenterebbe un’eccessiva rigidità per il mercato del lavoro. Un salario, aggiungiamo noi sicuri di interpretare correttamente il pensiero di governo e Parlamento cantonali, che non permette di “adeguare”, a medio-lungo termine, i salari di questo cantone a quelli delle fasce di confine che ci circondano. Solo allora, lor signori, saranno contenti.