La commissione della gestione ha fatto sapere di aver ripreso la discussione sulla nuova legge sull’apertura dei negozi, bloccata ormai da oltre due anni, con l’obiettivo di sottoporla al Parlamento all’inizio del 2014. Una notizia non certo inattesa, in particolare dopo l’esito della votazione federale dello scorso 23 settembre sull’estensione degli orari di apertura dei negozi sui grandi assi di comunicazione.
Come si ricorderà questa modificazione è stata accolta con il 55% di favorevoli a livello nazionale.
Il Ticino, che in passato si era sempre distinto per voti abbastanza chiari e decisi contro proposte di liberalizzazione (sia a livello federale che cantonale), in questa occasione ha fatto segnare il peggiore risultato di tutto il paese (dopo il canton Zugo): infatti la proposta di liberalizzazione è stata accolta quasi dal 64%, costituendo, in un certo senso (ma solo in un certo senso per le ragioni che diremo) una sorpresa.
La commissione della gestione non vi fa evidentemente riferimento, ma è chiaro che la ripresa dell’iter parlamentare è da ricercarsi essenzialmente nel risultato positivo della votazione dello scorso settembre.
Una revisione in linea con quella federale
Nel commentare i problemi che un’eventuale accettazione della modifica della Legge sul Lavoro proposta lo scorso 22 settembre avrebbe comportato per il Ticino avevamo ampiamente fatto esplicito riferimento proprio al progetto di legge cantonale sugli orari di apertura, allora ancora “congelato” davanti alla commissione della gestione.
Scrivevamo: «Per rendersi conto delle prospettive che apre questo tipo di normativa, basterebbe fare riferimento a quanto previsto nel messaggio relativo alla Legge sull’apertura dei negozi presentato oltre due anni fa dal Consiglio di Stato, e non ancora discusso dal Gran Consiglio; anche in questo caso opera un concetto “stradale” simile e vediamo quanto esso possa essere ampio, a tal punto da coinvolgere quasi tutta la rete stradale (e quindi praticamente tutti i negozi annessi alle stazioni di servizio).
In questo messaggio si propone una forte deregolamentazione nello stesso settore (nell’ambito delle competenze cantonali). Come ricorda il Consiglio federale già oggi in questi negozi è possibile lavorare sette giorni su sette (quindi anche la domenica) tranne le ore notturne (dalle 01 alle 5 di mattina). Ebbene, il governo cantonale propone di applicare l’orario massimo consentito ad un ampissimo ventaglio di strade considerate di “grande comunicazione”. Pur premettendo che “La definizione concreta delle strade principali con traffico intenso dovrà di per sé avvenire a livello di Regolamento d’applicazione della Legge in esame”, il governo ritiene tuttavia di poter “anticipare” alcune indicazioni sulla base di “un’interpretazione certo ampia, ma ancora compatibile con il diritto federale”. Ed ecco il risultato: l’apertura domenicale potrebbe essere ammessa per i negozi annessi alle stazioni di servizio situati lungo le arterie seguenti”:
– Autostrada A2 Airolo – Chiasso
– Uscita A2 Airolo – Passo del Novena
– Uscita A2 Biasca – Passo del Lucomagno
– Autostrada A13 Bellinzona – San Bernardino
– Uscita A2 Camorino – Quartino-entrata semiautostrada T21
– Quartino – Dirinella
– Semiautostrada T21
– Uscita semiautostrada T21 Valle Maggia – Camedo
– Uscita semiautostrada T21 Valle Maggia – valico Madonna di Ponte
– Uscita A2 Manno – Agno-valico di Fornasette
– Uscita A2 Lugano nord – Valico di Gandria
– Uscita A2 Melide -Campione
– Semiautostrada Mendrisio – Stabio
– Uscita semiautostrada Stabio -Gaggiolo
– Uscita semiautostrada Genestreri – Brusata
– Airolo – Biasca
– Biasca – Castione (sponda sinistra)
– Castione – entrata A2 Camorino
– Bellinzona – Monte Carasso-collegamento alla T21 (sponda destra)
– Cadenazzo (rotonda) – Rivera entrata A2
– Rivera – Lamone (Ostarietta)
– Ostarietta – Uscita A2 Manno
– Lamone (Ostarietta) – Chiasso
– Valico Chiasso strada – Viale Como
– Paradiso – Agno
– Paradiso – valico di Gandria”
Il risultato concreto di questo lungo elenco è chiaro: esiste in Ticino la volontà politica di estendere il lavoro (24 ore su 24 e 7 giorni su 7) nei negozi annessi ai distributori di benzina. L’esempio ticinese, ancorché non in vigore visto il blocco della legge in Gran Consiglio, mostra in modo concreto quanto insidiosa sia, per le sue conseguenze, la proposta oggi in votazione proprio perché amplierebbe ulteriormente quel diritto federale già oggi interpretato in modo ampio.
In altre parole questa modifica della LL permetterebbe al governo cantonale di ampliare ulteriormente la propria proposta e di pensare ad un’apertura 24 ore su 24, 7 giorni su 7 dei negozi situati nelle aree di servizio su quasi tutta la rete stradale cantonale.
Una ragione in più per opporsi alla modifica federale.»
E ora?
La battaglia ha quindi inizio. Governo e maggioranza parlamentare pensano ora di poter contare su un sostegno nel cantone a una politica di deregolamentazione che si concentra in modo particolare proprio sugli aspetti che abbiamo citato. È vero che il progetto di legge propone anche un prolungamento di mezz’ora degli orari di apertura nei giorni feriali e di un’ora (rispetto all’orario invernale) al sabato; ma , a nostro modesto parere, non ci pare essere quello il boccone più prelibato al quale punta, con la riforma proposta, il settore della grande distribuzione.
Bisogna quindi che l’opposizione su questo terreno aumenti, che proprio la liberalizzazione degli orari di apertura nelle stazioni di servizio diventi il centro dell’opposizione alla nuova legge. In questo senso ci pare che la posizione delle organizzazioni sindacali appaia debole, troppo concentrata sulla questione degli orari di apertura giornalieri nella grande distribuzione. Un’opposizione giusta, ma che rischia di non fare la differenza in occasione di una votazione popolare. Infatti le proposte di prolungamento degli orari appaiono (al di là del fatto che lo siano o meno) assai modeste agli occhi dei cittadini/consumatori.
Quello che invece si prevede di fare attorno alle stazioni di benzina appare come una modificazione sociale più importante, con conseguenze sociali, ambientali, di tipo securitario che possono esercitare un’influenza maggiore nel corso di una votazione.
Solo con un cambiamento di accenti importante attorno alla critica della legge cantonale sarà possibile promuovere con speranze di vittoria il referendum: le direzioni sindacali, se non vogliono collezionare una nuova e cocente sconfitta (è vero che ormai ci si stanno abituando, ma non è una ragione valida) dovranno modificare radicalmente il loro atteggiamento.