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group of kidsDa bambino tirava pietre, poi bottiglie Molotov, contro i blindati della polizia dell’apartheid, i «porci», come si chiamava allora il nemico, che aveva un vantaggio, quello di essere facile da identificare. Per dire tutto, Tsitso Klas conserva un eccellente ricordo di quel periodo di fuoco e di caos. «Nessuno andava a scuola, giocavamo alla guerra con gente che ci sparava addosso per davvero. Era grave, ma eravamo bambini», sorride.

Oggi il nemico non ha più i baffi, neanche un colore della pelle ben definito e non è facile dargli un volto.

Ogni giorno, nel Sudafrica «liberato», milioni di uomini e donne come lui, lottano per sopravvivere, lontano, lontanissimo, dai discorsi buonisti che vengono rovesciati a secchiate su Nelson Mandela, promosso al rango di popstar della stupidità mondiale, un prodotto sconosciuto sui marciapiedi pericolosi di Port Elizabeth, dove l’ex prigioniero diventato amico di B Clinton e delle Spice Girls passa piuttosto per un traditore sociale.

Tsitso non ha niente di speciale. È semplicemente condannato a essere povero, come si era condannati dall’apartheid a vivere separati. La disoccupazione colpisce più della metà dei giovani neri del paese. Mentre racconta una vita di miseria, il giovane padre sorveglia con la coda dell’occhio i veicoli che passano. Non c’è ancora collera nelle sue parole. Non è l’ora, ma è quella della fame che spinge a non sperare altro che una cosa: che un veicolo rallenti, che un vetro si abbassi e che caschi l’offerta di una manciata di ore di lavoro pagato a un prezzo indecente.

 

Insulto alla dignità

I bianchi, i neri, Nelson Mandela e il sentimentalismo sdolcinato che lo circonda, di tutto ciò, Tsitso se ne infischia altamente, concentrato come è a guadagnare qualche spicciolo «per evitare di rubare». Le statistiche nazionali della criminalità, che tanto spaventano, hanno la loro vera spiegazione all’angolo di questa strada, o nelle baracche di lamiera che si estendono in baraccopoli inumane ai bordi di quasi tutte le città del paese «arcobaleno».

Le sue mani, che nasconde nelle tasche perché sono sporche dopo aver raccolto cascami metallici tutta la mattina, valgono meno di 20 rand (1,50 euro) all’ora su questo mercato della schiavitù moderna. A volte, RPM, la società di recupero metalli che compatta in grossi cubi i rottami ferrosi per spedirli in Cina dove alimenteranno l’industria incaricata di fabbricare prodotti poi venduti in Sudafrica, offre per una notte completa 70 rand (5 euro). «OK, non è molto, ma dopo dormo un po’ e quando mi sveglio, almeno sento che le mie tasche non sono vuote, e posso comperare qualche cosa da mangiare per mio figlio».

Questo insulto alla dignità dovrebbe togliere il sonno ai dirigenti sudafricani. Quanto tempo ancora prima che la collera spezzi le dighe della rassegnazione? Il 2013 è stato un anno di scioperi duri, anche nel settore dell’auto, che ha il suo punto di ancoraggio in questa regione, dove si trovano le officine di montaggio di General Motors, BMW e Volkswagen.

 

«Sono sempre i bianchi che tirano i fili»

Il sindacato che organizza questi operai, la Numsa (Unione nazionale dei lavoratori del metallo del Sudafrica) è il più importante della confederazione sindacale, la Cosatu, alleata dell’ANC (Congresso nazionale africano) nel governo del paese. Dopo venti anni di un’alleanza tripartita, (con il partito comunista sudafricano, il SACP), tutto minaccia di crollare.

La Numsa ipotizza di abbandonare la Cosatu e di privare del suo sostegno l’ANC alle elezioni del 2014. A Port Elizabeth, Phumzile Nodongwe, segretario regionale della Numsa, attende con impazienza il congresso della sua organizzazione. «Nel settore auto, come negli altri settori del paese, sono sempre gli uomini bianchi ai posti di comando, o che tirano i fili quando un nero è nominato a un posto importante. La politica dell’ANC non è condotta a favore del popolo e dei lavoratori.»

E si chiede:«Si continuerà a lungo a sostenere un governo che è contro la classe operaia e i poveri che sono la base del suo elettorato? Si continuerà a votare per loro e assicurare all’ANC la vittoria schiacciante alla quale è abituato?» E poi, Phumzile parla solo a nome dell’aristocrazia dei lavoratori, quelli dell’auto che, nella descrizione che ne fa Tsitso, «sono i ragazzi che possono prendersi in affitto l’alloggio».

 

* Jean-Philippe Rhémy è corrispondente regionale a Johannesburg per il quotidiano francese Le Monde

 

Traduzione di Gigi Viglino