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Berlusconi-e-RenziL’incontro tra Renzi e Berlusconi è una cartolina illustrativa di come il peggio non sia mai morto e come il preteso nuovo abbia le stesse fattezze del peggio. E’ anche una terribile fotografia della situazione politica italiana sempre più degenerata in cui le principali forze politiche, tutte espressione e/o collegate alla classe dominante e ai suoi interessi di fondo, vanno a gara nel costruire falsi miti (la governabilità, le riforme/controriforme) o illusioni (il cambiamento), per indirizzare e gabbare una opinione pubblica sempre più confusa, molte volte disperata, alla ricerca di qualche certezza o di qualche personaggio a cui affidare il proprio futuro, all’interno di una drammatica situazione sociale ed economica. 

Il vecchio trafficante e il giovane giaguaro, rappresentano bene, nella loro capacità mediatica di parlare e suscitare le pulsioni più semplici, (ma lo possono fare per il sostegno che hanno da parte dei media), un’ulteriore involuzione politica verso un sistema istituzionale sempre più autoritario, antidemocratico, di un uomo solo al comando (del partito che rappresenta e del governo del paese), dell’accettazione da parte di larghi settori di massa dell’idea che la soluzione ai loro problemi può avvenire solo attraverso la delega a un potere forte e lontano. “Decisivo”, anche se ridicolo, in questa ottica diventa sapere la sera stessa del voto chi ci governerà, ovverosia chi governerà per conto della classe dominante: perché non proporre il sorteggio con alternanza per ridurre i tempi e i “costi della politica”?
I due personaggi hanno problemi ed obbiettivi comuni: per Berlusconi si tratta di riaffermare la sua primazia nel centro destra garantita dalla forza economica, ma scossa dalla condanna che lo ha escluso dal Parlamento; Renzi ha la necessità di affermare un suo potere incontrastato in un PD scosso dagli insuccessi del passato e dal gioco incrociato delle correnti; per farcela all’interno e all’esterno, Renzi deve dimostrare che, con lui, finalmente si fanno le cose (peggiori?) che in venti anni la “casta politica” non è riuscita a realizzare; entrambi, per non logorarsi e per azzerare le velleità dei Letta e degli Alfano e conseguire i loro progetti, hanno bisogno di arrivare rapidamente a nuove elezioni. Il tempo e le attese non giocano a loro vantaggio. Per essere credibili devono dimostrare che non si perdono in chiacchiere, ma che fanno…
Questo pessimo quadro politico si salda con quanto avviene sul terreno sociale e sindacale, dove il regolamento concordato tra sindacati e Confindustria di perfezionamento dell’accordo del 31 maggio, costruisce una gabbia entro la quale tutti coloro (sindacati conflittuali, delegati, lavoratori) che vogliano difendere le condizioni salariali e di lavoro, siano privati dei loro diritti costituzionali. In un quadro di crisi e di possibili mobilitazioni di massa bisogna impedire e/o sanzionare tutte le espressioni di lotta.
Le vicende di questi giorni mettono in luce la distanza sempre più grande che esiste tra la Costituzione formale, che con sempre maggiore difficoltà la Corte costituzionale prova a difendere, e la Costituzione materiale, quella reale, modellata dalle forze politiche della borghesia e dai suoi giornali, dal padronato e dagli apparati sindacali ad esso subordinati e complici.
L’attuale legge elettorale, si sa, è una pessima legge, crea una maggioranza parlamentare artificiale del tutto divaricata rispetto alla libera espressione dei cittadini; la Corte costituzionale quindi l’ha sanzionata, producendo con la sua sentenza un sistema elettorale proporzionale più democratico, pur col pesante sbarramento al 4%. Tutte le principali forze politiche, non solo Renzi e Berlusconi, si stanno esercitando a ricercare soluzioni sempre meno democratiche, rivolte ad escludere le forze della sinistra dal parlamento, a costruire sbarramenti assurdi (fino all’8%), obblighi di alleanza innaturali, a garantire il monopolio artificiale delle principali forze politiche con premi di maggioranza che arrivano al 15%, ad imporre a tutti i costi, contro la libera espressione dei cittadini, un sistema autoritario con due soli soggetti (due facce della stessa medaglia), entrambi concordi con un programma politico liberista, lasciando fuori dalla rappresentanza istituzionale non solo forze significative presenti nella società, ma nei fatti impedendo per legge che un voto diverso, sgradito pur se espresso da milioni di cittadini, abbia valore. Non a caso, come dice Berlusconi, bisogna “convincere” gli elettori a “non sbagliare”, cioè a votare una o l’altra delle indigeste minestre preconfezionate.
Le opposizioni a Renzi all’interno del PD non hanno le carte in regole, non solo per la loro insipienza e, in non pochi casi, per la loro partecipazione diretta al governo delle larghe intese, ma perché le loro proposte di legge elettorale non sono meno artificiose e antidemocratiche.
Se poi sorgono difficoltà perché il parlamento è composto da due Camere elettive come hanno voluto i padri fondatori della Repubblica con la vittoria della Resistenza antifascista, e si ha difficoltà ad abolire il Senato attraverso una legge costituzionale i due caimani hanno una proposta semplice del tutto corrispondente alla loro sensibilità democratica: abolirlo come istituzione eletta dalle cittadine e dai cittadini e trasformarlo in una struttura sostanzialmente nominata. Per altro è quanto si sta già oggi facendo con quel che resta dei consigli provinciali.
Per rendere credibile questa assurda proposta basta sventolare la bandiera della riduzione dei costi della politica e della lotta contro la casta.
In realtà tutto questo ridisegno del sistema elettorale e delle istituzioni non abolisce la cosiddetta casta, ma ne crea una molto più ristretta e ancor più subordinata alle esigenze del padronato e dei poteri finanziari che si esprimono nelle politiche antipopolari del fiscal compact e delle istituzioni e dell’Unione Europea.
Si fa quindi esattamente il contrario degli interessi degli elettori e di quanto richiede la sentenza della Corte Costituzionale, per garantire il diritto a un voto libero e rappresentato. E’ lo stesso comportamento che si è messo in atto dopo la vittoria dei si al referendum per la difesa dell’acqua pubblica: come se non ci fosse stato il voto vincolante dei cittadini si mantiene e si continua la privatizzazione di questo servizio e si ostacola e si colpiscono quelle amministrazioni che rispettano il voto degli elettori.
Vediamo quanto avviene sul piano sociale. La Consulta ha riaffermato che la Costituzione garantisce la libera espressione sindacale e che tutti i sindacati hanno diritto alla rappresentanza nei luoghi di lavoro. Questa scelta crea problemi alla Fiat? E a tutti i padroni che speravano di poter introdurre nelle loro aziende quanto Marchionne con il ricatto ha imposto negli stabilimenti Fiat?
Problema presto risolto. L’accordo del 31 maggio e il suo regolamento attuativo realizzano una soluzione in direzione del tutto opposta a quella richiesta dalla Consulta: si estende in tutti i luoghi di lavoro il sistema già realizzato alla Fiat. Hanno diritto alla rappresentanza solo quelli che firmano quanto i padroni pongono sul tavolo delle trattative; chi si mette fuori dal consesso paga, ed anche salato, attraverso il giudizio di un nuovo, “moderno” tribunale dell’inquisizione. Così si mette ancor più nell’angolo la Fiom che aveva pensato di uscire dalle sue difficoltà con la furbata di accettare l’accordo del 31 maggio, di convergere con la Camusso sul documento congressuale e addirittura di fare un giro di valzer con Renzi. (cfr articolo di Andrea Martini)
Mille volte hanno avuto ragione quelle compagne e quei compagni che dentro la CGIL hanno prodotto il documento alternativo, che provano a suscitare una nuova partecipazione e militanza e che affermano che “il sindacato è un’altra cosa” rispetto a quanto stanno svendendo le direzioni burocratiche. Molto male ha fatto una forza come Rifondazione, che si vuole alternativa e di classe, a non sostenere questa battaglia orientando i suoi militanti in tal senso, ma scegliendo invece la strada dell’opportunismo nelle pieghe di qualche apparato sindacale.
Siamo di fronte a una stretta politica e sociale da parte delle classi dominanti, proprio quando tutte le norme dell’austerità che colpiscono salari ed occupazione entrano pienamente quest’anno in vigore. Eppure ci sono settori di quel che resta della sinistra, a sinistra nel Pd, che si affannano ancora a ricercare soluzioni di alleanza o di collaborazione con questo partito che è stato in questi anni uno strumento fondamentale con cui la borghesia ha potuto attuare le sue politiche. Siamo di fronte a una degenerazione politica e a una drammaticità sociale che nel vuoto di un’azione di classe del sindacato e di una attività antagonista ed alternativa delle forze di sinistra unitaria e forte, apre la strada a possibili successi delle forze dell’estrema destra. E’ una prospettiva inquietante, che se pure ancor non sviluppata nel nostro paese, non è da sottovalutare; quanto avviene in altri paesi è un avvertimento da non trascurare.
Per questo la nostra organizzazione continuerà a battersi per costruire il fronte più ampio possibile contro le politiche dell’austerità, la loro regia nelle istituzioni dell’Unione europea, e chi le gestisce nel governo nazionale e in quelli locali, a costruire la solidarietà con le lotte in corso, a convergere in tutte le scadenze possibili, comprese quelle elettorali, se possibili e credibili, con altre forze di classe sulla base di piattaforme politiche alternative, antiliberiste, ma anche anticapitaliste perché questo è richiesto dallo scontro sociale.

 

Tratto dal sito: www. anticapitalista.org

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