La Costituzione del 1980-2005 non è democratica, né per le sue origini, né per le sue disposizioni fondamentali; si concretizza poi in un insieme di leggi organiche (riguardanti l’organizzazione dei poteri) e di quorum qualificati che la caratterizzano e che, molto spesso, ne accentuano le specificità.
Ciò si nota non solo nelle sue disposizioni e conseguenze, ma altrettanto nei suoi aspetti fondamentali, nelle contraddizioni flagranti tra le prescrizioni di rango costituzionale e le leggi che approfittano del loro carattere impreciso per negarle. I casi più scandalosi sono la Legge di Nazionalizzazione del Cuoio, ancora in vigore, approvata all’unanimità dal Parlamento alla fine del 1971; la Legge organica sulle concessioni minerarie, che permette al regime non solo di garantire concessioni di lunghissima durata e sottoposte a pochissime imposizioni, ma anche di denazionalizzare di fatto le nostre ricchezze naturali. Queste leggi, promulgate sotto la dittatura, sono state approvate e confermate come quadro indiscutibile da tutte le riforme successive decise nell’ambito dei regimi democratici che hanno seguito la dittatura. Come Forum per l’Assemblea costituente, noi pensiamo che tutto questo imponga al Cile un ordine politico istituzionale regressivo ed essenzialmente antidemocratico.
Abbiamo il diritto di sperare che l’ordine istituzionale del nostro paese sia democratico in particolare sotto tre punti di vista che riteniamo fondamentali. Anzitutto, nel senso di permettere un’autentica e reale rappresentanza della sovranità popolare. In seguito, nel senso di una partecipazione dei cittadini alla gestione di tutte le decisioni che li toccano. Infine, più profondamente, nel senso della promozione e garanzia dei diritti politici, economici, sociali e culturali fondamentali. Abbiamo diritto a una democrazia rappresentativa, partecipativa e sociale. La Costituzione ora in vigore – anche tenuto conto di tutte le riforme a cui è stata sottoposta e dell’organizzazione che ne deriva – non adempie concretamente a nessuna di queste esigenze.
1. La rappresentanza popolare assente o snaturata
1° La Costituzione del 1980 è antidemocratica anzitutto per la sua origine. Essa è stata elaborata da un gruppo di personalità di destra senza la minima consultazione dei cittadini e delle cittadine, con l’obiettivo esplicito di fissarvi un contenuto ideologico apertamente conservatore e mercantile. È stata approvata in seguito a un plebiscito fraudolento, senza le benché minime garanzie di dibattito, né di libera partecipazione.
Quest’origine antidemocratica si è estesa a ogni singola riforma costituzionale successiva, perché queste sono state ugualmente elaborate a porte chiuse, secondo accordi limitati alla sola élite politica e approvate da un parlamento eletto in modo non proporzionale. Questo processo è culminato con le riforme approvate sotto il governo di Ricardo Lagos [2000-2006, “indipendente di sinistra”, adepto del consenso di Washington] che hanno finito di consacrare il carattere conservatore e mercantile del quadro costituzionale, tra cui meccanismi che fungono da ostacolo alla rappresentanza e alla partecipazione reale dei cittadini [1].
2° In secondo luogo, l’ordine politico istituzionale che deriva dalla Costituzione del 1980-2005 è antidemocratico perché snatura gravemente la rappresentazione della sovranità popolare, in particolare attraverso le seguenti disposizioni:
– il sistema binominale [2] delle elezioni parlamentari permette alla destra di ottenere la metà dei seggi del Parlamento, mentre può contare sul sostegno di appena un terzo dei cittadini;
– il sistema di quorum qualificato per le principali leggi organiche e leggi semplici, che conferisce di fatto un diritto di veto che la destra conservatrice e gli ambienti economici possono usare contro qualsiasi iniziativa che vada nel senso di modificare un aspetto fondamentale dell’ordine economico neoliberale imposto al paese;
– le condizioni per essere elettore o eletto lasciano migliaia di cileni e cilene privati dei diritti politici per il semplice fatto di vivere all’estero o di essere sottoposti a limitazioni penali quali, ad esempio, il fatto di essere dirigenti sindacali.
Questa tendenza è ancora ulteriormente accentuata da una totale autonomia del potere in ambiti essenziali di attività nazionali, senza che il sovrano popolare possa esercitare un controllo chiaro e diretto; pensiamo, ad esempio, alle seguenti disposizioni:
– la grande autonomia concessa in modo straordinario alle Forze armate, lasciando i cittadini senza una reale possibilità di controllo delle loro spese, né di partecipazione alla formazione di politiche e di pratiche riguardanti la sicurezza dello Stato;
– la totale autonomia accordata alla Banca centrale, nell’ambito degli obblighi fissati da un modello economico particolare, apertamente antipopolare;
– il potere accordato al tribunale costituzionale, il quale, in virtù di poteri straordinariamente ampi, può respingere la promulgazione di leggi approvate dal Parlamento ed esigere anche quorum qualificati non previsti in passato per l’approvazione di leggi che, secondo il suo criterio autonomo ed esclusivo, contengono punti che li esigono.
2. La partecipazione limitata
Il nostro ordinamento politico non è democratico perché è apertamente non partecipativo. Esso non possiede meccanismi per garantire una reale ed effettiva partecipazione. Tutti i meccanismi che, teoricamente, permetterebbero una simile partecipazione, sono condizionati o gestiti in maniera tale che, di fatto, non la permettono.
Non contiene meccanismi che permettono la partecipazione popolare diretta nel dibattito e nelle decisioni su questioni che toccano direttamente i cittadini:
– la procedura plebiscitaria è straordinariamente ristretta, sia per i temi possibili, sia per la sua convocazione e partecipazione, essa non ha forza inalienabile e può anche essere respinta sulla base di una semplice decisione autonoma del Tribunale costituzionale;
– esso non comprende meccanismi democratici –largamente accettati in altri ordini democratici – come l’iniziativa popolare legislativa, la revoca di mandati, la possibilità di una convocazione popolare a un plebiscito.
– Quest’ordinamento contiene disposizioni che omettono in modo scandaloso la partecipazione popolare e che, inoltre, ignorano la volontà popolare già espressa, come il sistema di rimpiazzo dei posti vacanti in parlamento per designazione semplice o dei partiti politici.
Mancano totalmente di meccanismi che permettano la democratizzazione delle Forze armate. Queste sono mantenute al riparo dalle vere preoccupazioni dell’insieme dei cittadini e isolate rispetto a questi ultimi attraverso meccanismi di ammissione, di formazione, di partecipazione ai compiti comuni dell’insieme del paese.
Prevede disposizioni che ostacolano gravemente la libertà d’espressione, come, per esempio, il fatto di sottomettere il diritto di riunione al potere amministrativo dell’esecutivo, che è retto da una legge emessa durante la dittatura proprio allo scopo di limitare questa libertà d’espressione, o, ancora, l’insieme di disposizioni che tendono a criminalizzare le espressioni di disaccordo popolare.
Prevede leggi assolutamente insufficienti sulla trasparenza e sull’accesso all’informazione pubblica; queste leggi possono essere aggirate molto facilmente e praticamente senza conseguenze e non permettono quindi una supervisione diretta ed effettiva sulle autorità da parte dei cittadini.
Contiene interi ambiti che sfuggono al potere di supervisione del Parlamento, come, ad esempio, la politica economica, il funzionamento delle Forze armate, l’arbitrato del Tribunale costituzionale o le numerose risorse che sono state dichiarate “fondi riservati”, attraverso un semplice accordo in seno all’élite politica.
Non concede nessun meccanismo concreto che permetta il dibattito e la preparazione partecipativa dei budget municipali, né la loro diretta e reale supervisione.
Non prevede alcun meccanismo effettivo di partecipazione democratica nella costituzione delle autorità giudiziarie, né per quel che riguarda la loro supervisione, né tantomeno per quel che riguarda la loro amministrazione della giustizia.
3. Un’organizzazione al servizio del mercato
La disposizione politica istituzionale imposta al paese è antidemocratica, perché non prevede, né garantisce, l’esercizio effettivo dei diritti economici, sociali e culturali fondamentali.
Non assicura l’effettivo esercizio del diritto all’educazione, alla salute, all’alloggio, a pensioni giuste e degne, a un ambiente sano. Non fa che creare, in tutti questi ambiti, ampie opportunità per la loro mercificazione, per il passaggio della responsabilità e delle risorse dallo Stato agli imprenditori privati e dei costi e le conseguenze verso i cittadini.
Non garantisce il diritto alla diversità culturale e non prevede, né il riconoscimento nazionale, né l’autonomia reale dei popoli cosiddetti indigeni.
Prevede ampie garanzie per il diritto di proprietà, ma nessun meccanismo che permetta garanzie per esercitare il diritto alla proprietà.
Nell’ambito del lavoro, consacra un regime apertamente antipopolare che annulla, nella pratica, il diritto di sciopero, il diritto a sindacalizzarsi e quello alla negoziazione collettiva.
Non dà reali garanzie per i diritti riguardanti le differenze di genere, i diritti riproduttivi, il diritto al riconoscimento della diversità sessuale.
Non stabilisce assolutamente la sovranità, la proprietà, l’usufrutto, né l’amministrazione comune delle risorse naturali al servizio del paese: nel settore minerario, della pesca e della foresta, né per quel che riguarda le fonti e i metodi di generazione di energia; l’uso collettivo e democratico dello spettro radioelettrico; il patrimonio genetico della nostra flora e della nostra fauna.
Essa consacra un sistema penale apertamente discriminatorio, con leggi e regolamenti che snaturano gravemente i diritti penali, procedurali e penitenziari, che criminalizzano facilmente e sommariamente intere fasce della popolazione, permettendo la violazione quotidiana dei Diritti umani fondamentali.
4. Verso un’Assemblea costituente
Una Costituzione da cui deriva un sistema politico e istituzionale:
– che snatura la rappresentanza della sovranità popolare,
– che non permette la partecipazione cittadina diretta ed effettiva, subordinando i diritti economici, sociali e culturali ai bisogni del mercato,
– che trasforma i diritti fondamentali in sistemi d’indennità e contributi variabili,
– che conferisce ogni sorta di privilegio e di garanzia a una minoranza della popolazione e che occulta i diritti di larghe maggioranze, tutto questo non è una Costituzione democratica.
Come Forum per l’Assemblea costituente, pensiamo che sia urgente e necessario lanciare un processo di cambiamento davvero profondo di tutto il sistema istituzionale, un processo che sia concepito democraticamente da ampi settori di cittadini.
Solo un’Assemblea costituente può costituire un primo passo verso il recupero delle nostre risorse naturali, dei nostri diritti fondamentali e, soprattutto, del nostro essenziale diritto a vivere in un sistema sociale nel quale il rispetto reale ed effettivo dei diritti umani non sia snaturato dagli interessi e dall’avidità del mercato.
Solo una nuova Costituzione, concepita da un’Assemblea costituente, può cominciare il cammino che ci permetterà di conquistare una democrazia veramente rappresentativa, partecipativa e sociale.
1. Il Forum per l’Assemblea costituente pubblicherà un documento più dettagliato che tratterà le origini e lo sviluppo dell’attuale Costituzione cilena, dimostrando, passo dopo passo, come l’élite politica ha consacrato la sua logica e il suo contenuto come furono disegnati e imposti, dalla prima formulazione, dalla dittatura.
2. Il sistema binominale adottato da Pinochet – e inventato da Wojciech Jaruzelski – funziona così: i candidati dei partiti e indipendenti si raggruppano in liste o coalizioni. Ogni lista propone fino a due candidati per regione elettorale, provincia o altra territorialità. I voti sono prima di tutto contati per lista, piuttosto che per candidato e, a meno che la lista che ha la maggioranza dei voti non abbia il doppio dei voti della seconda lista, ognuna delle due liste ha un eletto tra i suoi candidati, quello che ha più voti.