Fa impressione vedere in questa campagna attorno all’iniziativa UDC degli emeriti reazionari, persone alle quali nulla importa della sorte di coloro che fanno fatica a vivere con il proprio salario, farsi portavoce delle difficoltà nelle quali questi salariati si trovano a vivere quotidianamente.
Ci si dirà che è una scena alla quale abbiamo a più riprese assistito: un certo tipo di populismo non ha mai disdegnato di spacciarsi come difensore delle classi subalterne pur promuovendo una politica tesa a difendere gli interessi delle classi dominanti.
Non a caso, val la pena ogni tanto ricordalo, l’UDC è diretta da personaggi di primo piano del capitalismo svizzero: basti pensare a Blocher, ma anche ad altri personaggi come l’ex-consigliere nazionale Peter Spuhler, il padrone di Stadler Rail, un’azienda, tra l’altro e come quelle che fanno capo a Blocher, fortemente internazionalizzate (altro che difesa delle prerogative nazionali…).
Purtroppo questa iniziativa è riuscita a far breccia tra i salariati (al di là di quello che potrà alla fine essere il risultato della votazione) soprattutto perché la strategia proposta da sinistra social-liberale e movimento sindacale si è rivelata fallimentare.
Il successo dell’iniziativa UDC riesce a cogliere quel «adesso basta» che emerge disperatamente dalla pancia dei lavoratori e delle lavoratrici di questo paese ai quali si continua a raccontare che, dopo tutto, loro stanno molto meglio dei salariati di altri paesi a noi vicini, alle prese con una crisi sociale senza paragone con quella che noi viviamo.
Il che è certamente vero; ma non cambia il dato di fondo: i salariati di questo paese vedono e percepiscono sulla loro pelle il degrado delle loro condizioni di vita e di lavoro. E tutto questo in un contesto in cui la ricchezza complessiva del paese non solo non declina, ma aumenta in una forma sempre più concentrata a vantaggio di pochi.
In realtà gli accordi bilaterali sono stati concepiti proprio per allargare ulteriormente i margini di profitto e la redditività del capitale in questo paese. La liberalizzazione del mercato del lavoro ha permesso di diminuire i livelli salariali complessivi, di intensificare i ritmi di lavoro aumentando la concorrenza tra i lavoratori, di costruire un nuovo salariato sempre più diviso ed in concorrenza su base sociale e nazionale.
Questa iniziativa va proprio in questa direzione, accettuando la divisione tra i salariati, iniettando quel veleno mortale che si chiama «preferenza nazionale», cioè l’idea per cui i lavoratori vanno selezionati, sul mercato del lavoro e nei loro diritti, sulla base della loro nazionalità.
Dietro a questa iniziativa altro non vi è che un ulteriore aumento della divisione tra i salariati, con l’obiettivo di renderli incapaci di allearsi in modo solidale per difendere unitamente i propri interessi contro quelli del padronato.
Ci si potrebbe chiedere, allora, come mai il padronato e le sue associazioni si sono schierate in modo massiccio ed unitario contro questa iniziativa.
In realtà il padronato, da sempre, vede in modo positivo iniziative di questo genere, a condizione che esse vadano, diciamo così, fino ad un certo punto. È una buona cosa, ai loro occhi, che questa iniziativa inietti il veleno della divisione tra i salariati; è importante che essa si fermi un momento prima che questo veleno si riveli mortale. Un suo accoglimento metterebbe in difficoltà la strategia padronale; una sconfitta «onorevole» della stessa aiuterebbe fortemente il padronato nella sua strategia.
È quindi necessario ribadire con forza il principio della libera circolazione; ma con altrettanta forza si deve ribadire la necessità di misure di protezione dei salariati, di tutti, per quel che riguarda salari e condizioni di lavoro.
Una protezione che non può venire dalle misure di accompagnamento, concepite non per proteggere i lavoratori, ma per fare in modo che la liberalizzazione del mercato del lavoro avvenisse nel quadro di una soluzione negoziata con le organizzazioni sindacali. Purtroppo, come abbiamo a suo tempo denunciato, questo è avvenuto.
Bisogna quindi cambiare modo di vedere le cose, ponendosi risolutamente in una prospettiva diversa. Solo così si potrà neutralizzare il veleno che l’UDC sta spargendo, con la sua iniziativa, a piene mani.