Nell’ultima sessione del Gran Consiglio, il nostro deputato Matteo Pronzini è intervenuto a due riprese su BancaStato. Nel primo intervento ha messo in rilievo le contraddizioni della strategia della banca e la pochezza del controllo sul mandato pubblico. Nel secondo ha stigmatizzato i ritardi (due anni) con i quali il Parlamento affronta la sua richiesta (2011) di azzerare l’allora consiglio di amministrazione della banca. Li riproduciamo qui di seguito nella loro versione scritta.
Ancora una volta ci accingiamo a discutere dei conti di BancaStato con un grande senso di insoddisfazione. Ancora una volta gli organi della Banca hanno mostrato di voler tirare dritta per la sua strada, non curandosi assolutamente di quello che pensa il suo proprietario.
Mi riferisco, in particolare, alla decisione comunicata qualche giorno fa di voler procedere all’acquisizione della quota di minoranza della holding di controllo di AxionBank .
Quasi contemporaneamente a questa comunicazione venivano licenziati i due rapporti che oggi discutiamo che ignorano totalmente la cosa e si limitano, sulla questione Axion Bank, a segnalarne gli aspetti di “criticità” (così li chiama il rapporto della gestione), dedicandovi in tutto poche righe.
Il problema non è tanto quello di essere stati o meno informati sulla decisione: alcuni eminenti rappresentanti delle due commissioni coinvolte si sono affrettati a dire che loro “sapevano”, che erano stati “informati”, ma che per meglio non precisate ragioni di opportunità hanno preferito tacere.
Sorvoliamo sulla consegna del silenzio che suona un po’ ridicola: l’acquisizione della quota di minoranza di un società sulla quale già si detiene un diritto a farlo, per una società non quotata in borsa, che nel quadro attuale del mondo bancario ticinese non suscita nessun, ma proprio nessun interesse concorrente: di fronte a tutto questo la consegna del silenzio appare, lo ripetiamo, perlomeno ridicola.
Ma il problema di fondo è un altro e ben più grave: con questa acquisizione e con le intenzioni indicate pubblicamente, BancaStato conferma un certo tipo di strategia della quale AxionBank diventa strumento fondamentale e decisivo. Proprio per questa ragione, e per le indicazioni critiche contenute nei due rapporti, la questione andava discussa e doveva diventare oggetto di dibattito.
Ed allora in questa sede dobbiamo cercare di discutere della strategia di BancaStato che suscita profondi interrogativi, prefigurando tra l’altro una trasformazione della natura stessa della banca.
Gli organismi dirigenti della banca hanno dichiarato che l’acquisizione totale del controllo di Axion Bank rientra in un progetto di sviluppo del private banking che punta, per ragioni di redditività legati alla disponibilità di una certa massa critica, sullo sviluppo della massa amministrata dagli attuali poco meno di due miliardi ad almeno cinque miliardi. In che modo? La risposta è stata chiara: o trovando (attraverso una nuova acquisizione) nuovi clienti, o scorporando i clienti più facoltosi di BancaStato e traghettandoli in AxionBank.
Nulla di nuovo: è un vecchio progetto che BancaStato accarezza da molti anni, dall’era Barbuscia, quando erano stati fatti passi concreti per comperare la Banca Akros, la banca di gestione patrimoniale della Banca Popolare di Milano (per nostra fortuna non lo abbiamo fatto: fu una delle banche più coinvolte nella vicenda del crac Parmalat). L’idea già allora, espressa anche pubblicamente dal presidente Pelli, era di creare di fatto due banche dello Stato, una, diciamo così, per i poveri e una per i più ricchi, quelli che, ad esempio, possono disporre di un patrimonio superiore a qualche milione di franchi. Non saremmo sorpresi se oggi si volesse andare nuovamente in questa direzione.
Ma tutto questo, per discutibile che sia, rientra ancora in una strategia di sviluppo del private banking, sviluppo sul quale gli organi direttivi della banca continuano a puntare. Ed è qui che la discussione appare necessaria, poiché si tratta di un’opzione sulla quale la proprietà non può non essere chiamata a pronunciarsi. In altre parole: siamo tutti d’accordo su questa ipotesi?
Al momento dell’acquisizione di Axion Bank in questo Parlamento ha prevalso l’ignavia. Di fronte all’aggiramento dello stesso da parte del CdA della banca, si è preferito fa finta di niente ed evitare la discussione. Il problema ora si ripone e, ancora una volta, si preferisce prendere atto e far finta di nulla.
Ad esempio: parlando di Axionbank il rapporto della commissione del mandato pubblico afferma che ” una parte della CCMP ritiene questo investimento inopportuno e discutibile, in particolare dal punto di vista del mandato pubblico”. Ma allora, si devono trarne le conseguenze: come si può ritenere inopportuna l’acquisizione di Axionbank senza ritenere inopportuna, o discutibile, la strategia di cui questa acquisizione (ora perfezionata) è veicolo e strumento fondamentale?
Ancora un’altra riflessione. Nel momento in cui la piazza finanziaria ticinese sta ridefinendo le proprie priorità, rendendosi conto di quanto sia difficile trovare nuove piste di sviluppo; nel momento in cui tutti gli studi mostrano come per le banche piccole e medie non vi siano più spazi sufficienti per uno sviluppo significativo delle attività nel private banking; nel momento in cui questa attività necessità sempre più di investimenti massici per una possibile redditività; ebbene, in questo contesto difficilissimo, arriva BancaStato, come una sorta di superman a dirci che lei riuscirà alla grande in questo settore… Dimenticandosi che sta parlando ai rappresentanti di un Cantone la cui cassa pensione ha tolto il mandato a BancaStato nella gestione di una parte dei propri averi proprio per i suoi pessimi risultati gestionali rispetto agli altri…
Per il resto i due rapporti continuano, come sempre negli ultimi anni, a girare a vuoto. Non possono dire quello che tutti sanno e pensano e si limitano a scrivere banalità che, per finire, riescono a mostrare lo stesso le contraddizioni di tutto l’impianto.
Ancora un piccolo esempio.
Entrambi i rapporti ci dicono che, come sempre, BancaStato riempie il suo mandato pubblico poiché dà un contributo allo sviluppo economico del Cantone. Una definizione che non significa assolutamente nulla. Anche la Migros, così come il piccolo degli artigiani, danno il proprio contributo allo sviluppo economico del Cantone. Eppure non ci pare che qualcuno si sogni di dire che svolgono un mandato pubblico (e che si debba verificare se lo adempiono). Si tratta di una definizione assurda di mandato pubblico, una definizione che noi contestammo già al momento del referendum sulla nuova legge nel 2003.
Qualcuno potrebbe però aggiungere che il contributo di BancaStato è quantitativamente rilevante per l’economia del Cantone. Il rapporto della commissione afferma infatti che il fatto che BancaStato sia riuscita ad incrementare i crediti concessi e gli impegni nei confronti della clientela sono indicatori significativi in quanto segnalerebbero in contributo di BancaStato al finanziamento dell’economia produttiva. Ma due righe dopo, è la stessa commissione, nello stesso rapporto, ad indicarci come queste siano semplici ipotesi, laddove afferma: “Si rivela tuttavia difficile poter stabilire da un punto di vista quantitativo a quanto ammonti il contributo allo sviluppo dell’economia cantonale”. Come dire: il mandato pubblico viene osservato, non sappiamo né quale, né quanto sia, ma c’è. È un atto di fede!
Ma, e lo riconosciamo volentieri, questa volta il rapporto della CCMP, mette il dito sulla piaga laddove, nelle considerazioni finali, mette l’accento sull’assoluta inconsistenza della verifica del mandato pubblico (e del suo lavoro). E questo per la semplice ragione che è la banca stessa a fissare limiti ed obiettivi del suo mandato pubblico: cosa che li rende poi facilmente raggiungibili. In altre parole il controllato fissa regole ed obiettivi che il controllore non può far altro che confermare. Scrive la commissione: “In futuro, il quadro giuridico di riferimento andrà probabilmente modificato, ma non forzatamente stravolto, in particolare alla luce del fatto che il mandato pubblico appare alquanto limitato nella misura in cui il lavoro di approfondimento e verifica del controllore si riduce alle informazioni fornite dal controllato. In effetti, per espletare il proprio mandato, il documento di riferimento per la CCMP è quello elaborato dall’Istituto stesso”.
È un circolo vizioso che potrebbe essere interrotto solo se fosse il Cantone a fissare obiettivi e metodo del mandato pubblico.