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welfare-tagli-epas1Nel mio intervento sulla proposta di freno ai disavanzi pubblici ho già spiegato ampiamente le ragioni della nostra opposizione. Risulterà quindi logico a tutti per quale ragione io non voti un documento il cui obiettivo fondamentale è quello di contribuire a realizzare quella politica, in particolare attraverso una politica di freno alla spesa.
In effetti, da qualsiasi parte la si voglia prendere, la “road map” non è un programma di risanamento finanziario.

Infatti il risanamento finanziario (sempre, come ho già detto nel mio precedente intervento, ammesso e non concesso che sia una necessità urgente) altro non è che una diminuzione delle spese. Infatti, salvo qualche sporadico riferimento e l’illusione di qualcuno di poter imporre una sorta di simmetria dei sacrifici riuscendo ad operare anche sulle entrate, la “road map” contiene piste di discussione che hanno come obiettivo di ridurre le spese dello stato e, di conseguenza, la qualità dei servizi offerti.
Se proprio si volesse diminuire i disavanzi pubblici vi sarebbero altri modi di agire. Ad esempio sulle entrate. Il governo ha già dimostrato (sulla vicenda delle tassazioni globali) che non necessariamente un aumento delle aliquote fiscali si traduce in una diminuzione del gettito. Anzi, ci si dice che l’inasprimento fiscale verso quei contribuenti porterà maggiori entrate (e di fatti sono a Preventivo).
La fiscalità in Ticino, e quindi la possibilità di entrate, ha ancora altri ampi margini di miglioramento. Pensiamo,ad esempio, alla questione, ancora sul tappeto e che ci vede in una situazione di illegalità, nella tassazione della sostanza immobiliare poiché fondata su valori di stima che, complessivamente, sono forse meno della metà dei valori di mercato.
Mi si dirà che questi temi vengono (quello sulle stime) viene anche evocato nella road map. Ma solo i creduloni possono pensare che oggi, questo parlamento, sia pronto a intervenire in modo significativo aumentando le entrate, dopo che sistematicamente almeno tre dei quattro partiti di governo ripetono che l’attuale pressione fiscale è già eccessiva.
Saremo quindi facili profeti ipotizzando che la road map si concluderà, se avanzerà dei risultati, soprattutto con dei tagli cospicui alla spesa.
Detto l’essenziale sulla mia posizione di fondo, vorrei qui affrontare perlomeno un paio di questioni evocate nel progetto che illustrano assai bene in che direzione ci si voglia muovere.
Il primo riguarda la pianificazione ospedaliera. È significativo che, ancora prima che essa sia resa pubblica nelle sue proposte, la si indichi come terreno di una politica di risparmio. Ho già avuto modo dire nel mio precedente intervento come la lievitazione degli oneri per il cantone nel settore sanitario vengono da precise scelte politiche fatte dai partiti politici qui presenti (poco importa che siano state fatte a Berna). Richiamo, ancora una volta, il finanziamento delle spese di cura nelle cliniche private e il nuovo sistema di finanziamento degli ospedali. Ora si vorrebbe, per compensare questi maggiori costi, tagliare sulle prestazioni ospedaliere. Da qui le scellerate proposte relative agli ospedali di Faido e Acquarossa, gli inaccettabili orientamenti in materia di ostetricia e neonatologia nel Luganese: ed altre sorprese, magari non grossissime ma che cumulativamente assumono una certa importanza, di cui prenderemo conoscenza appena rese pubbliche tutte le proposte pianificatorie.
Un secondo aspetto riguarda il personale del cantone. Anche qui si preannuncia la continuazione di quella politica di attacco che da anni conosciamo e che ha ormai trasformato i dipendenti del cantone in una sorta di caprio espiatorio di colpe che, invece, sono tutte all’interno di questo parlamento (e del governo evidentemente).
Qui le ipotesi di lavoro sono due. La prima è quella di diminuire l’orario di lavoro del personale amministrativo da 42 a 40 (con relativa diminuzione di salario, ma solo di un’ora). In altre parole la diminuzione di orario sarebbe assunta per metà dal dipendente per metà dal cantone. Alla commissione della gestione, nel suo rapporto, e cito ” Risulta di difficile comprensione come sia possibile diminuire l’orario di lavoro di due ore settimanali senza un aumento di personale”. Ve lo spiego io. Semplicemente aumentando i ritmi di lavoro. Fanno così padroni nel settore pubblico e privato da sempre, aumentando in questo modo la redditività del lavoro. La commissione potrebbe porsi la stessa domanda in altri ambiti, ad esempio quelli sanitari. Potrebbe chiedersi come mai, ad esempio, il personale dei pronto soccorso, che è più o meno stabile da moltissimo tempo, fa fronte ad un numero di pazienti che da anni cresce in modo quasi esponenziale?
L’obiettivo del governo (d’altronde già comunicato alle organizzazioni sindacali) è proprio questo: scambiare la diminuzione di un’ora di lavoro con un aumento della produttività. In altre parole lavorare meno ore, ma di più. Che questo peggiorerà le condizioni di lavoro è indubbio; così come peggiorerà la qualità del servizio pubblico.
E ad ulteriore prova che proprio questo si voglia raggiungere vi è il fatto che il governo non voglia estendere la proposta anche agli insegnanti. Perché qui non si potrebbe evitare di assumere nuovi docenti. Figuriamoci!
Sempre su questo terreno vi è poi l’insidiosa proposta di parificare pubblico e para-pubblico. Alle condizioni, evidentemente, peggiori, che sono quelle del parapubblico. Questo partendo dall’assunto, inaccettabile, che siccome i dipendenti pubblici sono trattati in modo decente, sarebbero dei privilegiati.
Ho fatto alcuni brevi esempi di direzioni annunciate da questa road map. Che per me è del tutto fuori strada. E che quindi non merita, nemmeno in questa fase orientativa, il nostro appoggio.

 

* testo dell’intervento pronunciato in occasione del dibattito in Gran Consiglio il 27 gennaio 2014.