Matteo Renzi ha sbalordito una parte notevole degli italiani battendo Berlusconi nella capacità di parlare in modo convincente per oltre un’ora senza dire niente, come ogni esperto del gioco delle tre carte, o di altri giochi di prestigio che hanno bisogno, per avere successo, di distrarre il pubblico che guarda.
Renzi ha superato Berlusconi. Annuncia che cerca il dialogo con i cittadini, e con il mondo della scuola, ma sceglie di farlo incontrando una classe di undicenni, seduti in cerchio per terra, interrogandoli sulle loro preferenze calcistiche. Nessun rischio di domande imbarazzanti. Uno spot pubblicitario.
Intanto ha raggiunto un risultato sorprendente: ha ottenuto di mettere a tacere ogni opposizione, a partire da quella interna al PD, che è rimasta sbalordita vedendo sfiduciare il premier Enrico Letta senza un voto parlamentare e senza un motivo apparente: il programma e la maggioranza del governo Renzi sono identici. E senza preoccuparsi che fino alla settimana prima aveva ribadito che appoggiava il governo Letta. A somiglianza di Berlusconi, di cui è un sincero e ricambiato ammiratore, ha la capacità di dire senza arrossire il contrario di quanto affermato il giorno prima.
La sua arma è assicurare che la legislatura durerà fino alla scadenza naturale, il 2018, che è sufficiente a placare le ansie di deputati e senatori nominati dall’alto e quasi tutti sconosciuti e senza meriti e speranze di rielezione in caso di elezioni anticipate. Le promesse di tagli ai favolosi compensi per i parlamentari sono state svuotate facendo partire le riduzioni dal prossimo parlamento, che dovrebbe per giunta essere monocamerale se riuscirà a realizzare l’eliminazione del Senato concordata con Berlusconi. L’unica opposizione Renzi la ha trovata (e cercata con provocazioni verbali durante il suo discorso di presentazione alle camere) nel M5S di Grillo, che però conosce la sua prima crisi dovuta ai metodi autoritari del grande capo, che per giunta nella consultazione per la formazione del nuovo governo trasmessa in streaming si è fatto battere in istrioneria da Renzi.
I discorsi programmatici fatti da Renzi davanti al Senato e alla Camera elencavano titoli come lavoro, fisco, occupazione senza nessun contenuto concreto. Ma nella scelta dei suoi ministri, quasi tutte e tutti giovani e belli/e, accanto alle sue fan (una delle quali ha ammesso di aver guardato i cartoni animati di Peppa Pig durante una riunione) è comparso un uomo da decenni al servizio di FMI, BCE e attuale vice presidente dell’OCSE, Pier Carlo Padoan. Un uomo che ha diretto nel 2001 l’attacco all’Argentina, che ha poi “curato” Grecia e Portogallo, ed era stato anche l’ispiratore della pessima ministro del lavoro Elsa Fornero nel governo Monti-Trojka, che ha dato il colpo di grazia al sistema pensionistico italiano. Padoan sa bene cosa fare come responsabile dell’economia nel governo.
Accanto ai giovani inesperti, è comparsa anche Federica Guidi, nominata al ministero dello Sviluppo con delega alle Comunicazioni (anche TV). Ha come unico merito di essere stata presidente dei giovani industriali (è figlia di Guidalberto Guidi, presente in più di 40 CdA), e di essere amica personale di Silvio Berlusconi, con cui ha cenato anche la sera prima dell’insediamento come ministro. Senza timore di conflitto di interessi… Risultato, le prime riduzioni di imposte saranno ancora per gli industriali, non per i lavoratori.
Tutto questo è passato grazie alla benevolenza di Berlusconi, formalmente all’opposizione, ma prodigo di riconoscimenti a Renzi, che d’altra parte aveva esordito come sindaco di Firenze recandosi a omaggiarlo ad Arcore. E soprattutto grazie all’inesistenza in parlamento di un’opposizione di sinistra. Ricostruirla è un compito non facile, ma indispensabile.
Tratto da www.antoniomoscatoaltervista.org