La scorsa settimana (fine gennaio n.d.r.) vi sono state in Francia due partecipate manifestazioni dell’estrema destra fascista e tradizionalista contro il matrimonio per tutti. Queste manifestazioni si succedono da tempo, non solo contro il matrimonio per tutti, ma anche contro la procreazione medica assistita e per la rimessa in discussione del diritto all’aborto. In questo clima cresce la destra fascista e si moltiplicano gli slogans omofobi, contro la sinistra, gli ebrei, i musulmani. In questa situazione di crisi non possono non venire in mente cattivi ricordi.
Di fronte all’apatia della sinistra incapace di costruire un’opposizione credibile alle politiche sempre più di destra del presidente socialista Hollande, l’Npa ha rivolto una lettera aperta alle forze della sinistra non governativa per un week-end di rivolta a sinistra (lettera). Di seguito trovate l’intervista a Olivier Besancenot in cui, spiegando le ragioni delle difficoltà della sinistra radicale, dell’emergere dell’estrema destra, invita la sinistra non governativa ad unirsi per rilanciare la mobilitazione e creare il terreno per un’offensiva contro le forze reazionarie. Si tratta di una proposta necessaria, anche se non facile, soprattutto per le divisioni che colpiscono in questo momento il Front de gauche (vedere, la crisi del Front de gauche).
L’Npa, d’altro canto, è impegnato nelle diverse sfide elettorali, tra cui le elezioni europee. Si tratta di una sfida difficile, dal momento che per la presentazione della lista nelle 7 circoscrizioni occorre depositare molti euro. All’ultimo comitato politico nazionale è stata confermata questa difficile sfida in un momento in cui si avverte la necessità di una lista anticapitalista e internazionalista, contro le politiche della Troika e indipendente dalla socialdemocrazia. (ndr)
Questo fine settimana la destra più reazionaria è scesa in piazza. Qual è il suo punto di vista su questa mobilitazione?
E’ stata una manifestazione di estrema destra con elementi fascisteggianti. Bisogna sapere che l’estrema destra in Francia, non è solo il Front Nationale. Dietro la sua “nuova veste” si nasconde un potenziale pericolo di radicalizzazione. La politica non è mai immobile. Quando la destra corre dietro il Fn e la sinistra dietro la destra, appare una radicalizzazione all’estrema destra. Quello che noi speriamo è che uno scatto si produca in coloro che hanno il cuore a sinistra e antifascista.
Nelle file dei pro-Dieudonné si trovano anche militanti provenienti dall’estrema sinistra sedotti dal suo discorso antisistema?
Quello che so, è che la politica ha orrore del vuoto. La forza di queste correnti sta nell’attuale fallimento della sinistra di governo, così come nella debolezza della sinistra non governativa, dei movimenti sociali e del movimento operaio. Se questi riescono ad aggregare e a dare visibilità alla contestazione, è perché non c’è nulla, o poco. Non essendoci alcuna contestazione a sinistra del governo che sia credibile, visibile e permanente, capace di dare fiducia, prevalgono i discorsi che portano all’odio.
Come spieghi questa debolezza della sinistra radicale?
C’una ragione sostanziale: nella sfida tra l’estrema destra e la sinistra radicale non si parte dallo stesso punto. Le Pen, oltre al suo razzismo che divide, si trova nell’ambito del discorso del cambiamento di personale politico del tipo “voi avete tentato per 20 anni, non ha funzionato: vi proponiamo di provare quello che vi avevano sempre detto di non provare”. Noi, diciamo che il cambiamento di personale politico, non basta. C’è bisogno di un cambiamento di istituzioni, di rappresentazione e una rottura radicale. E’ ambizioso, ma questo talvolta pare fuori dalla portata immediata in un contesto di crisi economica con più di 5 milioni di disoccupati. Un altro problema consiste nei rapporti organici e elettorali di una parte della sinistra radicale con il Partito socialista: assumiamo o no la necessità di costruire un fronte di rivolta a sinistra che si oppone al governo? Se si, questo significa non presentarsi con il Partito socialista alle municipali o dirigere alcune città con lui.
Hollande puntualizza la sua linea socialdemocratica: gli indignati di sinistra sono a tal punto rassegnati?
Non c’è rassegnazione. Ci sono mobilitazioni, persone che si oppongono alla politica del governo, sia sull’eguaglianza del diritto alla casa sia sui sans-papier. Per quanto riguarda i licenziamenti, una serie di fabbriche resistono di fronte all’inazione governativa. Il problema è di rendere visibile queste contestazione che esiste alla base e che oltrepassa le file anticapitaliste. La mia speranza è che i dirigenti delle formazioni non governative, come Pierre Lauren (Pcf), Jean-Luc Mélenchon (Parti de gauche) o Nathalie Artaud (Lutte Ouvrière), siano punti sul vivo. Concordino, al di là delle divergenze, nell’urgenza di organizzare un fine settimana di rivolta a sinistra prima della fine di febbraio a Parigi. Per quanto riguarda Hollande, non siamo di fronte ad una svolta. In questo caso avrebbe dovuto cambiare di direzione. In realtà non cambia, ma compie un salto qualitativo.
Cosa nuoce alla cristallizzazione della rivolta a sinistra?
La politica ha paura del vuoto, ma non ci sono dei vasi comunicanti. Le disillusioni e la rassegnazione provocano lo scoraggiamento. È per queste ragioni che non abbiamo mai fatto la ruota di scorta del Partito socialista né puntato allo scacco dei socialisti. Oggi, la posta in gioco per noi è assumere il livello di confronto con il governo. Non ci mancano professori o buoni oratori per mostrare la gravità della situazione: il problema è quello di offrire i mezzi per agire, attraverso cui invertire i rapporti di forza e mostrare che c’è una rivolta sociale e politica capace di esprimersi. C’è un governo di sinistra che conduce una politica di destra: bisogna riservargli la stessa sorte di un governo di destra che conduce una politica di destra.
Ma con la sua politica di compromesso, François Hollande porta con sé le centrali sindacali…
Bisogna diffidare da chi ti offre cioccolatini avvelanati. Il nodo per le direzioni sindacali è questo: sapere se vogliono far parte di una troika con il governo e il Medef (Confindustria francese) che imporrà l’austerità in Francia. La politica di Hollande è la recessione assicurata. Egli impedisce alla popolazione di consumare ciò che la società produce. Con questo ritmo il presidente Barack Obama apparirà per uno di estrema sinistra.
Tratto da Libération, 1-2 febbraio 2014