Lo studio della storia del PT (Partito dei lavoratori) è un compito assolutamente necessario per la sinistra brasiliana. Perché il rischio di ripetere gli stessi errori una, due volte, o ancora di più, non è da poco. Non dobbiamo temere le polemiche che possono nascere da questa o quella interpretazione. Quello che ci deve preoccupare è il fatto che non vi sia la benché minima discussione, seppur appassionata, sulle mutazioni del “petismo” verso il “lulismo”.
Esistono due pericoli simmetrici. Il primo è quello della “mimetizzazione”, o dell’imitazione, molto tentante per quella generazione di militanti più anziani che hanno vissuto l’esperienza del PT negli anni Ottanta e che non si sono lasciati abbattere dalla demoralizzazione. Questa tendenza consiste nell’immaginare che con la stessa strategia, ma con uomini e donne diversi, sarebbe possibile ripetere i successi del PT, evitando questa volta gli errori commessi, ottenendo in questo modo un esito assai differente.
Il pericolo opposto, pur altrettanto attrattivo, in particolare per le generazioni più giovani che si sono orientate verso la lotta di classe dopo l’elezione (la prima) di Lula nel 2002, è di denigrare le lezioni positive dell’esperienza del PT, come, ad esempio, il fatto importante di disporre di uno strumento di organizzazione dei lavoratori per condurre la lotta politica, anche quando la lotta politica è condotta su un terreno sfavorevole come quello elettorale. E di puntare tutto sullo spontaneismo, o sulla lotta per la difesa di rivendicazioni immediate.
Quali sono i criteri che permettono di valutare i partiti politici?
Esistono serie divergenze sui criteri che permettono di giudicare da un punto di vista storico i diversi partiti politici. Un partito può essere giudicato secondo diversi fattori, come per esempio:
• La composizione sociale dei suoi membri –militanti attivi o dei suoi simpatizzanti-, oppure dei suoi elettori o, ancora, della sua direzione.
• I suoi orientamenti e le sue campagne politiche, così come le sue battaglie politiche, comprese quelle interne.
• Il suo programma per la trasformazione della società, i suoi valori e le idee che costituiscono la sua identità.
• Il confronto tre le sue posizioni quando il partito è all’opposizione e quando, eventualmente, accede al potere.
• Le sue regole interne di funzionamento.
• Il suo metodo di finanziamento.
• Le sue relazioni internazionali.
• La maniera in cui tutti questi elementi, e forse altri ancora, si sono succeduti attraverso la sua storia. Questo punto è l’ultimo della lista, ma certamente non il meno significativo.
Tutti questi criteri sono validi e anche indispensabili. Fare una sintesi sulla base del peso relativo di ognuno di questi criteri, ed eventualmente di altri fattori ancora, necessita una valutazione della dinamica dell’evoluzione del partito preso in esame. Quest’analisi può essere più o meno equilibrata, nella misura in cui è più minuziosa, più complessa, e soprattutto più rigorosa.
La sola base sulla quale non si può in ogni caso giudicare un partito è quello che esso pensa di sé stesso. Per chi utilizza il marxismo come metodo di analisi delle relazioni sociali e politiche, tutti gli elementi enumerati sinora sono significativi, ma che non si può, in ultima istanza, evitare di fare ricorso a una caratterizzazione di classe se si vuole giudicare un partito politico.
Detto questo, prendiamo, ad esempio, quello che ci afferma André Singer, uno degli analisti più virulenti del PT, che mettere soprattutto l’accento sul fatto che l’elettorato di Lula, dopo il primo mandato (2002-2006) è diventato quello che egli definisce il sottoproletariato (1), un elettorato largamente indifferente all’appello elettorale del PT:
“Il presente articolo cerca di rispondere alle questioni rimaste aperte (…) Parte da una duplice ipotesi: da un lato, che il riallineamento elettorale che si è prodotto tra il 2002 e il 2006 ha fatto emergere un nuovo “partito dei poveri” (…) con delle caratteristiche che ricordano quelle del PTB anteriore al 1964. Dall’altra parte emerge il fatto che la storia del PT, caratterizzata da una connessione rara tra classe e ideologia radicale, ha costituito una sorta di “anima” che influenza ancora il partito. Di conseguenza, il Pt non potrebbe essere capito al di fuori della sintesi contraddittoria risultante da queste due facce della medaglia.” (2).
Anche se è vero che si è prodotto un cambiamento nella composizione dell’elettorato del PT, e questo particolarmente tra l’elezione di Lula nel 2006 e quella di Dilma nel 2010, appare poco convincente che questo fattore sia il più significativo per comprendere la mutazione del PT. L’argomento della connessione di classe non può essere dimostrato. Il fatto che il proletariato voti per il PT e per Lula non prova una connessione di classe, ma al limite unicamente che i lavoratori conservano le loro illusioni sul PT e su Lula. Ma sicuramente non prova, è questo l’aspetto più importante, che il PT e Lula rispettano l’impegno che hanno preso con la classe operaia.
Nel passato, il proletariato aveva anche votato per il PTB (Partito laburista brasiliano) o per il MDB (Movimento democratico brasiliano) per esempio. Una connessione di classe è una relazione che esige reciprocità e legami organici, cosa che il PT ha avuto in passato e che oggi non ha più. Ha in effetti costruito altre relazioni di classe, con la borghesia in particolare, classe con la quale intrattiene delle relazioni molto più forti. Per quanto riguarda invece la questione dell’influenza di un’ideologia radicale in seno al PT, questa non merita, nel 2014, di essere presa in considerazione seriamente.
La trasformazione del “petismo” in “lulismo”
Se consideriamo ognuno dei fattori richiamati in precedenza e li verifichiamo uno a uno, ci renderemo conto che è impossibile negare il fatto che si sia prodotta una mutazione sociale nella natura stessa del PT. La direzione del PT ha venduto la sua anima. Tutto è cambiato, e in peggio.
Bisogna riconoscere che c’è stato, all’inizio, qualcosa di ammirevole, ma anche di perturbatore, nella storia del PT. Per utilizzare dei termini appartenenti al registro della letteratura, potremmo dire che durante la traiettoria che ha condotto il PT dal “petismo” al “lulismo”, abbiamo assistito sia all’epopea che alla tragedia ed alla stessa commedia.
Tutto ciò che esiste si trasforma. Esistono delle continuità e delle rotture. Non sussiste sempre ciò che c’era di più progressista prima; anzi, sovente è quel che vi era di più regressivo a prevalere. Quello che ha provocato dei cambiamenti sociali e politici reazionari nei partiti della classe operaia, se consideriamo gli innumerevoli esempi storici, è l’impatto che hanno avuto le lotte politiche e sociali, le vittorie e le sconfitte, la pressione esercitata dalle altre classi. Quando queste pressioni, socialmente ostili e contrarie agli interessi dei lavoratori, si sono fatte molto forti, è allora che delle crisi sono scoppiate nei partiti di origine proletaria.
I partiti operai sono molto più vulnerabili alla pressione delle classi nemiche che i partiti che rappresentano le classi proprietarie. Perché il proletariato è una classe allo stesso tempo sfruttata, oppressa e dominata. Allorché è abbastanza inusuale che un figlio di un borghese aderisca alla causa del socialismo, non sorprende affatto che i dirigenti della classe operaia si mettano a difendere gli interessi dei padroni.
Ma queste condizioni più difficili non permettono di concludere che tutte le organizzazioni di lavoratori siano condannate alla degenerazione quando agiscono nella legalità e partecipano ai processi elettorali. Alcune delle questioni decisive sono le seguenti:
• I partiti che hanno un programma socialista sono composti socialmente da proletari indipendenti dalla classe dei capitalisti?
• Esiste un’autentica educazione politica (teoria del socialismo, storia delle lotte e delle rivoluzioni politiche e sociali, marxismo in generale) che costituisce una parte centrale nella vita dell’organizzazione?
• L’internazionalismo è solo un discorso declamatorio o fa parte della natura del partito?
• I militanti controllano o meno la loro direzione, esiste una reale democrazia nel funzionamento interno? Poiché sappiamo che non esisterà mai un dirigente infallibile, questa questione è essenziale.
Il PT del 2014 ha conservato il suo nome e la maggioranza della sua direzione, benché Zé Dirceu sia stato sacrificato, formalmente, con la crisi del “mensalão” del 2005 (grave caso di corruzione, con tra l’altro acquisto di voti, che ha rischiato di costare il mandato a Lula). Ma il PT, che ha festeggiato il suo anniversario questo mese di febbraio, è un partito qualitativamente distinto e totalmente diverso da quello nato nel quadro degli scioperi di São Bernardo (nelle periferie della città di São Paulo) nel 1980.
Che il PT non sia più lo stesso oggi è un fatto chiaro per tutti. Ma quello che dovrebbe essere assolutamente dibattuto è la questione di quando, come e perché si è prodotto questo processo. La questione più importante è fare una valutazione seria su cosa oggi sia questo partito.
Perché il PT è degenerato?
Da molto tempo non ci sono più militanti operai impegnati tra i ranghi del partito. Non ci sono più campagne politiche del PT condotte a fianco dei salariati, resta solo la difesa incondizionata delle iniziative prese dai suoi governi. Il PT al potere ha abbandonato il suo programma degli anni Ottanta e si è reso irriconoscibile. Con i processi elettorali diretti, le elezioni clientelari, fondate sui soldi e la manipolazione degli elettori da parte dei “caudillos” locali, il funzionamento interno si è trasformato in una farsa. Nulla di questo è differente dai classici comportamenti elettorali dei partiti borghesi. Non c’è più nemmeno l’ombra della vibrante lotta politica interna degli anni Ottanta, tra la maggioranza moderata o riformista e la sinistra rivoluzionaria. Il finanziamento del partito riposa quasi esclusivamente sul denaro che il partito riceve dai fondi statali del finanziamento dei partiti, dalle quote dei parlamentari e dai mandati di fiducia e, molto più grave, dai forti afflussi di denaro provenienti dai grandi monopoli al momento delle campagne elettorali. Le relazioni internazionali sono degenerate al punto che il PT è stato incapace di posizionarsi di fronte al genocidio commesso da Assad in Siria, con il bombardamento di una popolazione civile inerme che costituisce un crimine di guerra.
Considerando questo da un punto di vista storico, possiamo affermare che il PT:
• È nato come un partito operaio con un’influenza di massa minoritaria fino al 1987, e con influenze maggioritarie sulla classe operaia organizzata a partire dal 1989.
• Che vi è stata al suo interno, dalla sua fondazione, una corrente maggioritaria, condotta da un blocco politico che riuniva una frazione della burocrazia dalle aspirazioni di classe piccolo-borghesi e un collettivo di leader che trovava la sua origine tra gli intellettuali militanti o accademici della generazione del 1968.
• Che questo nucleo dirigente ha accettato il ruolo di “caudillo” assunto da Lula, che faceva simultaneamente da portavoce pubblico e da Bonaparte interno delle differenti correnti (raggruppamenti, frazioni).
• Che aveva un programma democratico-radicale di riforme, vale a dire di regolazione sociale del capitalismo, programma che si è deciso di definire come “democratico-popolare”.
• Che ha intrattenuto relazioni ibride, appoggiando settori della gerarchia cattolica (via l’Olanda e la Germania, con delle relazioni istituzionali minoritarie al Vaticano), appoggiando una parte della socialdemocrazia internazionale (via il PS francese e la SPD tedesca) e sostenendo anche una parte dell’apparato stalinista internazionale (via Cuba e in seguito la Germania dell’Est).
• Che ha un’ala sinistra molto frammentata in diverse organizzazioni, la particolarità più scioccante era la presenza al suo interno di qualche migliaio di diverse forze che si reclamano del trotskismo.
Quando diciamo che il PT si è trasformato qualitativamente, diciamo che non sono più solo delle variazioni nella composizione sociale dell’elettorato o nel peso regionale dei voti in favore di Lula a essersi prodotti. Vogliamo dire anche che è successo qualcosa di più ampio di una mutazione di idee, progetti e programmi. Vogliamo dire che la relazione del PT con la classe operaia si è alterata. Per riassumere, sapendo che ogni riassunto è forzatamente brutale, diciamo che il PT è trasformato da un partito dei lavoratori con una direzione piccolo borghese negli anni Ottanta in un partito borghese con un elettorato proletario.
1) Nell’articolo che abbiamo citato e nel libro “Os sentidos du Lulismo”, André Singer abborda principalmente la questione del cambiamento sociale e regionale del voto Lula e le differenze tra l’elettorato di Lula quello del PT. Sottolinea, per esempio, il fatto che “tra il 2002 e il 2006, il reddito medio di una famiglia di un simpatizzante del PT è passato da 1349 reais a 985, che la proporzione di persone con accesso all’università è passato dal 17 al 6% tra i simpatizzanti del PT e che, sempre tra coloro che si identificano con il PT, la parte di persone viventi nel Sud-Est è passato dal 58 al 42%.
2) André Singer, ibidem.
*Valerio Arcary, dottore in storia dell’Università di São Paulo (USP), è professore all’Istituto federale d’Educazione, di Scienze e di Tecnologie dello Stato di São Paulo (IF/SP).
Articolo apparso su www.alencontre.org che ha curato la traduzione dal portoghese al francese. La traduzione in italiano è stata curata dalla redazione di Solidarietà.