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erasmusUna delle conseguenze immediate dell’iniziativa “contro l’immigrazione di massa” iniziativa popolare accettata dalla maggioranza degli elettori lo scorso 9 febbraio è stata l’esclusione della Svizzera dal programma Erasmus+ . Questo fatto ha suscitato un sentimento di indignazione tra i giovani, come testimoniano le manifestazioni spontanee contro il risultato del voto organizzate a Zurigo , Berna e Ginevra.

Gli studenti si sono stati mobilitati, in particolare a Berna e Ginevra, per contestare la soppressione del programma Erasmus+ . La sua rimessa in discussione viene giustamente considerata come un attacco contro un principio progressista: la possibilità di effettuare scambi internazionali fra le università . Tuttavia nessuna riflessione critica si è manifestata circa il contenuto di questo programma né da parte degli studenti , né da parte degli insegnanti. Eppure , la stessa data della creazione del programma Erasmus dovrebbe permettere di intuire che non si tratta solo di una coincidenza . Il programma infatti, messo in funzione nel 1987, ha come obiettivo dichiarato quello di “migliorare le competenze e l’impiegabilità , così come di modernizzare l’istruzione , la formazione e il lavoro con i giovani”. La sua introduzione ha notevolmente aumentato la mobilità internazionale a scapito di quella interna ai singoli paesi.
Il preludio di questa “modernizzazione “, sostenuto dalla Commissione Europea è la cosiddetta Riforma di Bologna . Attraverso l’introduzione di un sistema universitario basato sui crediti ETCS , si trattava di promuovere la mobilità creando la figura dello studente – consumatore in grado di scegliere più “liberamente” e “naturalmente” l’ istituto universitario in cui seguire un curriculum di studi basato su un rapporto qualità – prezzo . L’aumento delle tasse universitarie , processo in atto sia in Svizzera che all’estero, rappresenta l’ultima tappa per rendere effettiva la realizzazione di un mercato della conoscenza a livello europeo. Ora , quindici anni dopo i primi passi della riforma di Bologna , le conseguenze sociali di questo processo sono ormai ben note. Il “rafforzamento delle competenze e dell’impiegabilità ” ha portato ad un generale peggioramento della qualità dell’insegnamento – ad eccezione di una manciata di master altamente qualificati. La scolarizzazione dei corsi accademici ha intensificato gli studi a tal punto da rendere spesso impossibile l’esercizio parallelo di un’attività retribuita. Infine, gli studenti, ossessionati dalla paura della disoccupazione abbandonano sempre di più le filiere di studio che danno minori garanzie di “impiegabilità” e professionalizzanti per orientarsi verso quelle considerate più “sicure” per il loro futuro lavorativo (sic!).
Le mobilitazioni degli studenti offrono oggi l’opportunità di rivendicare un “Erasmus++” : cioè la possibilità di una più ampia mobilità per un maggior numero di studenti, non limitandola ad una cerchia ristretta di studenti. Ciò implica soprattutto di fare passi significativi verso la gratuità degli studi : l’abolizione delle tasse universitarie, la concessione di borse di studio più elevate (quelle di mobilità variano tra i 250 ei 350 euro al mese ! ), la possibilità di alloggi a basso costo, ecc. Sono questi sono gli elementi che dovrebbero essere al centro di una politica di mobilità democratica estesa a tutti i livelli di formazione post- obbligatoria. Solo misure di questo tipo, che coprono i bisogni economici e sociali indipendentemente dall’origine sociale degli studenti, renderebbero possibile la concretizzazione del diritto alla formazione, compreso il diritto alla libera circolazione tra scuole di diversi paesi. Queste rivendicazioni dovrebbero essere al centro della lotta contro la nuova legge sull’Università a Friburgo, contro la revisione della legge vodese sulle borse di studio, contro le misure di austerità che colpiscono diverse università contro l’aumento delle tasse universitarie.
Oggi, in un contesto in cui i giovani sono particolarmente colpiti dall’approfondirsi della crisi economica e sociale, le politiche in materia di formazione dei governi europei sono fondate sui seguenti elementi: sviluppo di Stage poco o per nulla remunerati, incitazione ad una formazione che continui “per tutta la vita, “promozione dell’auto-imprenditorialità e del lavoro autonomo per accrescere l’impiegabilità dei giovani e facilitare la loro ricerca di lavoro. Ma queste misure non fanno altro che rafforzare tra i giovani, i disoccupati ed i precari la loro responsabilità per il loro statuto di indigenti. La rivendicazione di un “Erasmus++” è dunque indissociabile dalla rivendicazione di un’altra politica che permetta di proteggere la gioventù in quanto strato sociale tra i più vulnerabili di fronte alla disoccupazione e alla povertà.