Ieri si è svolta a Friborgo un sit-in studentesco contro la nuova legge universitaria in votazione al parlamento friborghese. Quest’articolo propone alcune riflessioni alla base della protesta.
L’anno 2014 passerà agli annali del canton Friborgo per un giubileo: i 125 anni della sua università. Infatti, l'”Alma Mater”, termine molto utilizzato per chiamare l’istituto superiore che rimanda alla “Vergine Maria” secondo la tradizione cristiana, è nato il 4 ottobre 1889 per decreto del Gran Consiglio di Friborgo. L’autentico promotore fu il Consigliere di Stato cattolico e conservatore Georges Phyton che riprese l’Accademia di diritto, fondata nel 1763, inserendola nel cuore della prima università cattolica svizzera. Questo anniversario riveste quindi un valore storico per le autorità politiche e universitarie del cantone. Sono state mobilitate delle risorse considerevoli per associare la popolazione alla celebrazione di questa data con numerosi eventi aperti al grande pubblico. Pertanto, altri cambiamenti di grande interesse pubblico e le cui ripercussioni sociali sono più importanti e si materializzano quest’anno in seno all’università, sono meno mediatizzate e inclusive e poche persone ne sono per ora al corrente. Di cosa si tratta?
Una revisione della legge… che pone le basi di un “mercato del sapere”
Entrata in vigore nel 1997, la legge universitaria sarà riformata con un nuovo testo che vuole accordare più autonomia decisionale al rettorato, principalmente in materia finanziaria, a discapito dei professori, degli impiegati amministrativi, dei ricercatori, degli assistenti e degli studenti raggruppai nei differenti Consigli dell’Università. Il Consiglio di Stato non sarà più chiamato ad approvare le decisioni strategiche del rettorato. Questa riconfigurazione organizzativa è presentata dal Consiglio di Stato come una tappa necessaria per rendere l’università più competitiva e innovante. Come? Principalmente attraverso due grandi modifiche. In primo luogo attraverso il trasferimento generalizzato di competenze al rettorato, recentemente criticato da parte di cinque decani dell’università (La Liberté, 4 giugno 2014). In secondo luogo, per il nuovo metodo di finanziamento dell’Alma Mater, che sarà pilotata da una “convenzione di obiettivi”; strumento che materializza un mandato di prestazioni utilizzato regolarmente nell’economia privata, ma applicato sempre più anche nel settore pubblico.
È in questo nuovo quadro che saranno stabiliti i bisogni finanziari sulla base di un negoziato tra il rettorato e lo Stato. I finanziamenti non saranno più basati bisogni di ogni filiera di studio, ma sui loro risultati o performances. A questo proposito, il documento faro dello sviluppo dell’Alma Mater, intitolato “Stratégie Horizon 2020 dell’Università di Friborgo”, e approvato dal senato dell’istituto nel 2009, precisa già, direttamente o indirettamente, quali sono i criteri di riferimento per valutare la “qualità” di ogni filiera; gli effettivi degli studenti e la loro “collocabilità” sul mercato del lavoro una volta terminati gli studi, i diplomi rilasciati, la redditività dei progetti di ricerca, la captazione dei fondi privati per la ricerca, le pubblicazioni di alto livello, la reputazione dei professori,… Questi criteri provenienti dai teorici neoliberali (1) dell'”economia del sapere” determineranno il finanziamento delle differenti facoltà.
Questo nuovo metodo di finanziamento gode di un consenso istituzionale unanime. Avrà come conseguenza una più forte competizione tra le facoltà. È evidente che in questo sistema prenderà piede a medio termine una strategia che favorirà lo sviluppo di poli universitari di punta, a discapito di corsi considerati come poco performanti. È attraverso questa nuova “regola d’oro” finanziaria, camuffata sotto l’imposizione di un’autonomia finanziaria, che bisogna cogliere la volontà politica di centralizzare in seno al dottorato tutta una serie di decisioni destinate a ristrutturare l’università.
Una nuova rettrice nominata senza alcun dibattito
La nomina della nuova rettrice dell’università, il 7 maggio 2014, non è che l’antipasto di quello che seguirà con l’entrata in vigore della nuova legge. Professore di diritto internazionale, diritto europeo e diritto pubblico svizzero e presidente del Consiglio svizzero della scienza e della tecnologia (CSST), Astrid Epiney è stata eletta tra tre candidati. Succederà al prete dominicano e insegnante di teologia Guido Vergauwen a partire da marzo 2015. Il processo di nomina è stato marcato dall’assenza di qualsiasi dibattito nei “piani bassi” dell’università, in particolare per quanto concerne gli studenti. Nessuna informazione è arrivata loro. Se dei testi che presentavano le strategie future di ogni candidato sono effettivamente circolati… è solo ai piani alti. Non possiamo pertanto escludere che degli studenti dell’Associazione generale degli studenti di Friborgo (AGEF) fossero al corrente delle discussioni. Si sono dimenticati di trasmettere queste informazioni ai 10’000 studenti direttamente toccati? La stessa questione si pone per i cosiddetti rappresentanti raggruppati nel Consiglio degli studenti. Non hanno giudicato necessario aprire un dibattito democratico pertanto fondamentale per la vita di un’università? Bisogna ricordare che il cosiddetto Consiglio è nominato da dieci studenti che hanno preso parte all’elezione della nuova rettrice nell’assemblea plenaria dell’Università del 7 maggio.
Le audizioni si sono svolte a porte chiuse. Chiunque era interessato alle discussioni, compresi i giornalisti, non ha potuto assistervi. Essendo l’Università pubblica e finanziata principalmente dallo Stato –attraverso le imposte pagate dalle popolazione a livello cantonale, intercantonale e nazionale- e dalle tasse versate degli studenti, la discussione avrebbe dovuto essere aperta e democratica, così da permettere ad ognuno di potersi esprimere sull’avvenire dell’istituzione. Due dei tre candidati, tra i quali la rettrice Astrid Epinay, erano d’avviso contrario. Hanno rifiutato di esporre pubblicamente la loro visione sulla gestione dell’Università. Per la signora Epinay in primis, bisogna fare “attenzione a non politicizzare l’elezione portando le sue priorità sulla piazza pubblica, questo potrebbe nuocere all’immagine dell’Università” (La Gruyere, 19 aprile 2014). Non siamo dunque sorpresi se nel suo testo che illustra la sua visione dell’Alma Mater, sottolinei: “benché resti evidentemente al servizio della società, in particolare rendendogli dei servizi sotto differenti forme, l’Università rimane “fine a sé stessa”. Se possiamo essere d’accordo sul fatto che l’Università deve restare “al servizio della società”, non pensiamo che l’istituzione abbia per vocazione di essere”fine a sé stessa”, fatto che rimanda a una concezione chiusa e corporatista dell’Università. A nostro avviso, quest’ultima deve essere un’istituzione democratica e aperta, dove i cittadini possono prendere parte alla definizione delle strategie e delle politiche universitarie allo stesso titolo dei differenti corpi universitari.
Un mandato che assicura la continuità
Se ci focalizziamo sull’elezione in favore della signora Epiney, non possiamo che constatare che la sua elezione assicura la continuità con le politiche varate dai suoi predecessori. Perché? Semplicemente perché la nuova rettrice approva, senza riserve, il quadro legislativo in vigore e le direttive del documento “Stratégie Horizon 2020”. Il altre parole, accetta volentieri lo sviluppo di un mercato del sapere europeo, le cui premesse sono state poste con la ratifica degli Accordi di Bologna nel 1999. Inoltre, la signora Epiney non ha mai espresso nessuna critica nei confronti della Legge federale sulla promozione e sul coordinamento del settore universitario svizzero. Questa legge istituzionalizzerà un nuovo quadro per la formazione superiore dal 2015 dettando la messa in concorrenza del settore universitario svizzero.
In questo contesto, la ricerca accademica, già pilotata del resto dagli interessi economici, “potrebbe diventare uno strumento puramente utilitario” secondo al signora Epiney (Hebdo, 9 gennaio 2014) (2). Malgrado ciò l’influenza del CSST, che resta formalmente l’organo consultivo del Consiglio federale per le politiche in materia di ricerca, risulta molto meno forte per rapporto a quella storica degli ambienti padronali. Il mandato della nuova rettrice si svilupperà dunque su un percorso già ben delimitato dalla nuova legge universitaria di Friborgo.
Continuare la lotta per un università democratica
La difesa di un insegnamento plurale, democratico e egualitario (per la gratuità scolastica e per il rafforzamento dei dispositivi sociali) è all’ordine del giorno a Friborgo così come in Svizzera e in altri paesi. Martedì 24 giugno 2014 avrà luogo un sit-in dinnanzi al Gran Consiglio. Anche se in questa occasione la nuova legge universitaria sarà approvata dai deputati, il Cercle la brèche continuerà la sua lotta.
(1) L’economista marocchino Jamil Samil è un figura importante. Era responsabile dell’insegnamento superiore presso la Banca mondiale (dove ha collaborato alle riforme dell’insegnamento superiore in Cile tra gli altri) e redattore della rivista dell’OCSE, High Education Management. Ha pubblicato nel 2011 il libro “The road to Academic Eccellence”, Banca Mondiale.
(2) Questa posizione si basa, tra l’altro, sul rapporto “Economization of science” redatto dal CSST il 23 aprile 2013.