Se vi è una cosa che emerge con chiarezza dal messaggio sulla pianificazione ospedaliera (e che conferma gli orientamenti già anticipati nelle fasi consultive della pianificazione) è una ulteriore e chiara accelerazione a favore del settore privato. Il tutto, nel quadro di una ridefinizione del settore ospedaliero cantonale, dei suoi obiettivi e delle sue strutture.
Questo orientamento di fondo, che in un certo senso “accompagna” il progetto pianificatorio, ha trovato sbocco in una ridefinizione (per nulla “tecnica”, ma profondamente politica) di alcuni degli articoli della Legge sull’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC), a dimostrazione che proprio lì si situa il punto di svolta di tutta la discussione sulla pianificazione: una evidenza della quale avevamo preso atto al momento in cui, ormai oltre un anno fa, avevamo lanciato l’iniziativa “Giù le mani dagli ospedali” che è incentrata proprio sulla definizione del ruolo dell’EOC e propone di modificarne alcuni aspetti.
D’altronde questo intervento apre qualche prospettiva interessante da un punto di vista dell’azione politica. Come noto le attribuzioni dei mandati che risulteranno dalla pianificazione approvata dal Gran Consiglio non sono referendabili (al massimo un’istituto ospedaliero, pubblico o privato, al quale un mandato non è stato assegnato può ricorrere contro questa decisione presso il Tribunale federale); ma la modifica della LEOC, intimamente legata ad alcune scelte della pianificazione ospedaliera e ai suoi futuri sviluppi, aprono la possibilità, attraverso la contestazione per via referendaria di queste modifiche di legge, di discutere pubblicamente delle scelte pianificatorie.
Un nuovo assetto ospedaliero sempre più orientato verso il mercato e il profitto
La logica che sottende la pianificazione (e le modifiche della LEOC) derivano tutte, direttamente, dai meccanismi di mercato che le riforme a livello federale (sia quelle di tipo pianificatorio che quelle relative al finanziamento degli ospedali – in particolare i cosiddetti DRG cioè il finanziamento sulla base del tipo di atto terapeutico). Riforme volute dai partiti maggioritari che oggi, a causa di quelle scelte, vogliono imporre la necessità di una politica di risparmio per far fronte ai costi eccessivi risultati da queste scelte. Pensiamo, ad esempio, all’aggravio per il finanziamento cantonale delle prestazioni erogate dalle cliniche private che ha aggravato di decine e decine di milioni i conti del Cantone. Si è trattato di scelte politiche, tese a favorire il settore privato, volute, come detto, da quegli stessi partiti che oggi si lamentano delle conseguenze finanziarie. Una ragione in più per rifiutare la logica di risparmio e di razionamento delle prestazioni alla base della pianificazione.
La quale, come detto, è tutta orientata verso il mercato: “tutti gli ospedali, poco importa se pubblici o privati, sono obbligati ad operare in modo imprenditoriale per assicurare la loro competitività” scrive il messaggio a pag. 57 (tutte le citazioni che seguono sono tratte da questo messaggio).
Da questa impostazione di fondo il messaggio arriva poi ad attuare quella che esso stesso definisce “una parziale ridefinizione della missione dell’EOC”, una “revisione o precisazione di alcune norme è strettamente legata all’adozione della nuova pianificazione e alla relativa implementazione”. Affermazioni di peso, che la dicono lunga sull’operazione in atto, che va al di là di una semplice ridefinizione delle competenze dei singoli istituti nel quadro, come spesso ci viene idilliacamente presentato, di una “sana” concorrenza e complementarietà tra settore pubblico e settore privato.
Servizio al pubblico o servizio pubblico?
E che questa ridefinizione parziale della missione dell’EOC sia sostanziale ce lo confermano altri importanti indizi. In particolare la ridefinizione dell’art. 2 della LEOC, laddove all’attuale formulazione L’EOC provvede alla direzione e alla gestione di “ospedali pubblici” si sostituisce la formulazione “strutture sanitarie di interesse pubblico”.
Uno scivolamento semantico abbastanza significativo che viene d’altronde assunto pienamente dal commento contenuto nel messaggio laddove si specifica che “si giustifica con l’esigenza di una maggiore flessibilità”.
Non è una novità: il passaggio dal concetto di servizio pubblico a quello di servizio al pubblico prepara tutte le svolte che vanno in direzione di una maggiore apertura al settore privato. Non a caso il concetto era stato ripreso da Marina Masoni nel suo messaggio sulla riforma di BancaStato, dove si teorizzava, in prospettiva, la necessità di un suo passaggio ad una forma “mista” di proprietà.
Dietro al mutamento di terminologia vi è in realtà un mutamento di paradigma. Il servizio pubblico non è più un servizio al cui centro vi siano i bisogni dei cittadini e la necessità che essi sia garantito la stessa possibilità di accesso a questi servizi, liberato dalla logica di redditività e profitto nell’espletamento delle sue attività; ma diventa, nella accezione di servizio al pubblico, un’offerta che un’azienda rivolge ad un pubblico (ad una domanda) sulla base di proprie scelte e convenienze. Soddisfare un bisogno un settore fondamentale per la popolazione è solo accessoriamente un compito che si assegna un’impresa di servizio al pubblico: prima vengono le sue scelte aziendali, produttive e finanziarie.
Corollario di questo orientamento verso una logica di mercato è quella di dotare l’EOC di un proprio capitale di dotazione, con indicazioni sulle attese di redditività, pronta ad operare come una vera e propria società anonima (non a caso si afferma che la soluzione migliore e più flessibile sarebbe proprio quella). In altre parole, l’orientamento è quello di andare verso una privatizzazione, in una forma indolore, attraverso la compenetrazione tra capitale pubblico e capitale privato.
È in questa prospettiva che si inseriscono le future collaborazioni tra il settore pubblico e quello privato annunciate attraverso i mandati comuni nel settore delle ginecologia e ostetricia a Lugano e Bellinzona.
Vi sono quindi ampie ragioni non solo per contestare le scelte pianificatorie, ma per opporsi ad una vera e propria riorganizzazione fondamentale del sistema ospedaliero cantonale. Una riorganizzazione che lo spinge ancora di più di quanto non lo sia stato finora tra le braccia del settore privato e della sua logica di mercato e del profitto.