Alcuni gruppi della sinistra radicale di Ucraina, Russia e Bielorussia hanno pubblicato un appello per la pace in Ucraina. Le molte contraddizioni nel testo, così come la presenza tra i firmatari dei neostalinisti di Borotba, hanno portato a un ampio dibattito. Pubblichiamo un dossier sull’argomento, cominciando dal testo integrale dell’appello e da alcuni commenti del sito anarchico “Nihilist”, preceduti da una nostra introduzione.
Una quindicina di attivisti di alcuni gruppi della sinistra radicale ucraina, russa e bielorussa si sono riuniti recentemente a Minsk, pubblicando alla fine del loro incontro un appello per fermare la guerra in Ucraina intitolato, forse con enfasi un po’ eccessiva, “Zimmerwald 2014” (ne pubblichiamo sotto la traduzione integrale, seguita da altri materiali della sinistra ucraina e russa). A una prima lettura avulsa dal contesto l’appello può apparire efficace. In realtà, se letto attentamente e alla luce delle dinamiche interne alla sinistra radicale ucraina risulta alquanto problematico. Proviamo a spiegarne il perché.
Gli attivisti che hanno pubblicato l’appello rappresentano solo una piccola parte della sinistra ucraina, russa e bielorussa. Si tratta sostanzialmente degli intellettuali marxisti delle riviste “Spilne” e “Skepsis”, di attivisti del Movimento Socialista Russo, di esponenti del gruppo ucraino Borotba. Il problema essenziale è rappresentato da quest’ultimo, una formazione ultradogmatica e post-stalinista. Se si trattasse solo di queste sue caratteristiche, si potrebbe anche dire che di fronte alla necessità di fermare la guerra si può discutere anche con formazioni del genere (cosa sulla quale comunque non siamo d’accordo). Borotba però è molto di più e molto peggio. Questa formazione ha dietro di sé un pesante curriculum di aggressioni verbali e fisiche contro chi dissente dalle sue posizioni, anche da sinistra (per es. a Kharkov), suoi esponenti hanno preso parte all’aggressione violenta e armata che ha aperto gli scontri sfociati poi nella strage di Odessa (nella quale alla fine è morto anche un suo militante). Borotba collabora strettamente con il Partito Comunista, un partito che nonostante il nome è reazionario, omofobo, antisemita e legato a doppio filo con il sistema oligarchico. Infine, e soprattutto, Borotba sostiene attivamente, anche in piazza, le Repubbliche di Donetsk e Lugansk, ponendosi così sotto l’egemonia delle forze neofasciste e guerrafondaie che ne detengono il completo controllo e che tre mesi fa hanno aperto senza motivo la fase della militarizzazione. Nessuna seria iniziativa di pace, anche aperta a larghe alleanze, può avere tra le proprie fila questa formazione, che giustamente è screditata presso ampissimi settori della sinistra e della popolazione generale.
Un’altra critica, anche se di natura diversa, va rivolta agli intellettuali di “Spilne” e in particolare al loro esponente più noto, Volodymyr Ishchenko, una delle voci ucraine più ascoltate nella sinistra occidentale, visto che pubblica anche in inglese sul sito LeftEast nonché su testate come il Guardian o la Tageszeitung. In questi mesi Ishchenko ha costantemente legittimato l’Antimaidan come un “movimento di massa, di base e plebeo”, tacendo accuratamente sia sul fatto che è completamente egemonizzato da fascisti ed estremisti di destra e senza mai argomentare le sue affermazioni riguardo al suo inesistente carattere “di massa”. Per esempio, fa finta di non vedere che le “Repubbliche Popolari” non hanno mai portato in piazza più che un pugno di persone, che non coinvolgono in alcun modo la popolazione nelle loro decisioni, adottate in modo quindi del tutto autoritario, e anche che fin da subito si sono imposte con la violenza e per via militare, senza esservi state costrette da repressioni. L’incontro tra Borotba e gli intellettuali marxisti ucraini di questa corrente alla fine non meraviglia e non è di buon auspicio per le iniziative della sinistra mirate a fermare la guerra. Il Movimento Socialista Russo è invece una formazione antistalinista che ha fatto in questi mesi un buon lavoro di analisi politica sulla crisi ucraina. Non disponiamo purtroppo di informazioni sui soggetti della sinistra bielorussa che hanno preso parte all’incontro.
La dichiarazione paga chiaramente il prezzo della presenza di membri di Borotba nonché della linea reticente, e avulsa dalla realtà, degli intellettuali marxisti presenti. Lo si vede fin da subito, quando si cita la “vittoria dei nazionalisti e neoliberali di Euromaidan”, senza nemmeno un paio di parole sul precedente regime, sull’intervento imperialista russo e così via. Inoltre, tra le altre cose, la richiesta di sciogliere le formazioni armate viene rivolta solo al governo di Kiev e non ai paramilitari di estrema destra che hanno avviato il conflitto. Sono posizioni che ricalcano la sostanza di quelle di Borotba. Quest’ultima ha poi approvato ufficialmente l’appello nel suo sito, aggiungendo alcune critiche e rivendicando in più a chiare lettere “la distruzione” del nemico (il governo di Kiev) e un’invasione militare di Mosca per “liberare” l’Ucraina sud-orientale.
Alla riunione non ha preso parte una fetta importante della sinistra radicale ucraina, forse anche maggioritaria: le formazioni anarchiche, in particolare l’Unione Autonoma dei Lavoratori, e il gruppo Opposizione di Sinistra. Gli anarchici hanno duramente criticato il documento, rifiutando di firmarlo. Va notato però che hanno lanciato negli stessi giorni un’azione di solidarietà con le vittime della guerra e di invio di aiuti. Opposizione di Sinistra ha prima pubblicato un articolo personale di Zakhar Popovich (che riportiamo in traduzione) con richieste in massima parte differenti da quelle dell’appello, poi ha pubblicato una lunga posizione analitica nella quale alla fine, dopo avere preso concretamente le distanze dalla maggior parte dei suoi contenuti, afferma in modo non molto chiaro di “condividerne l’orientamento generale” (questa altrimenti interessante posizione di Opposizione di Sinistra è uscita mentre terminavamo la redazione di questo speciale – speriamo di avere il tempo di pubblicarla in traduzione più avanti nel tempo). Nonostante le critiche radicali che gli abbiamo mosso, all’appello “Zimmerwald 2014” va sicuramente riconosciuto un merito, e non da poco: quello di avere suscitato un dibattito su iniziative concrete contro la guerra nel momento in cui il conflitto sta sempre più degenerando in uno scontro bellico a tutto campo – Crisi Globale.
Pubblichiamo qui sotto nell’ordine (in alcuni casi con dei tagli per motivi di sintesi): 1) L’appello “Fermare la guerra in Ucraina”; 2) Brani di un relativo commento del sito anarchico ucraino “Nihilist”; 3) Alcuni commenti di “Nihilist” su Borotba e la sinistra occidentale che le è affine.
Per inquadrare meglio il dibattito in corso nella sinistra ucraina è particolarmente utile leggere un resoconto sul convegno “Maidan e la sinistra” che ad aprile scorso ha coinvolto in un modo o nell’altro molti dei gruppi qui citati – la traduzione in inglese è stata pubblicata dal sito “People and Nature” di Gabriel Levy: http://peopleandnature.wordpress.com/2014/06/16/libertarian-in-spirit-the-left-and-maidan/ [a.f.]
ZIMMERWALD 2014: “FERMARE LA GUERRA IN UCRAINA!”
A Minsk, il 7-8 giugno, si è tenuta una riunione di attivisti di sinistra dell’Ucraina, della Russia e della Bielorussia, che hanno pubblicato la seguente dichiarazione:
Noi, partecipanti alla riunione di attivisti di gruppi e organizzazioni di sinistra e marxisti della Bielorussia, della Russia e dell’Ucraina, riteniamo come nostro obiettivo prioritario la fine della guerra civile in Ucraina. Il conflitto militare che ha fatto seguito alla vittoria dei neoliberali e dei nazionalisti dell'”euromaidan” di Kiev ha reclamato centinaia di vite e contribuito a una crescita senza precedenti dello sciovinismo e della xenofobia nella società ucraina e russa. Questa guerra consente alla classe dominante di consolidare la società ucraina intorno al proprio regime politico, distraendo i lavoratori delle aree occidentali e orientali del paese dalla lotta per i propri diritti sociali e politici, mettendoli gli uni contro gli altri e favorendo così gli interessi della grande borghesia. Il governo russo, l’Unione Europea e gli Stati Uniti utilizzano la guerra civile in Ucraina per lo stesso scopo: la gente che muore nel Donbass attualmente è solo moneta di scambio nella loro lotta per avere la meglio.
Esprimiamo la nostra solidarietà a tutti i partecipanti dei movimenti di sinistra ucraini che combattono contro la guerra, il nazionalismo e la xenofobia. Riteniamo necessario fornire loro tutto il supporto informativo, politico e materiale possibile. Ci opponiamo alle pressioni e alle repressioni messe in atto da tutte le parti del conflitto, ai massacri, alle torture e ai rapimenti di cui sono stati vittime gli attivisti di sinistra, gli antifascisti e tutti i cittadini ucraini, indipendentemente dalle loro opinioni politiche. Ci opponiamo anche alle persecuzioni politiche in Crimea.
Fermare la guerra è il compito primario di tutti i movimenti di sinistra democratici, indipendentemente dalle loro divergenze riguardo a diversi aspetti dell’agenda politica. Riteniamo quindi necessario coordinare gli sforzi di tutti gli oppositori della guerra in Ucraina dando vita a un momento antiguerra di massa e capace di incidere.
Le nostre richieste sono:
• Chiediamo al governo dell’Ucraina di sospendere immediatamente l'”operazione antiterroristica”, di ritirare le proprie truppe dal territorio delle regioni di Donetsk e Lugansk e di concludere una tregua con le milizie della Repubblica Popolare di Donetsk (RPD) e della Repubblica Popolare di Lugansk (RPL).
• Chiediamo a tutte le parti del conflitto di siglare un accordo di pace per la completa cessazione delle ostilità, di liberare tutti i prigionieri politici e di guerra, e di sciogliere i gruppi armati.
• Chiediamo al governo ucraino di sciogliere le forze armate regolari composte da soldati mobilitati contro la loro volontà, e le cui famiglie stanno attualmente organizzando proteste in varie regioni dell’Ucraina.
• Chiediamo alla Russia, all’Ue e agli Usa di cessare completamente di interferire nel conflitto ucraino, e di non dare supporto alle parti di tale conflitto.
• Chiediamo la cessazione della campagna sciovinista nei media ucraini e russi che, con il loro linguaggio di odio, sono tra i principali istigatori della guerra.
• Chiediamo l’adozione di una nuova Costituzione dell’Ucraina, la rielezione degli organi di governo delle regioni di Donetsk e Lugansk, un vero diritto all’autodeterminazione e all’autogoverno del Donbass nonché di tutte le regioni dell’Ucraina.
• Siamo convinti che il consolidamento informativo e organizzativo dei gruppi di sinistra dello spazio ex sovietico sia una condizione necessaria per la formazione del movimento antiguerra. A tale fine, stiamo dando vita congiuntamente a una iniziativa di “Croce Rossa” mirata ad aiutare gli attivisti di sinistra e gli obiettori al servizio militare, e stiamo inoltre dando vita a una rete informativa per i gruppi di sinistra e marxisti della Bielorussia, della Russia e dell’Ucraina.
TRAGEDIA E FARSA DELLA PSEUDO-ZIMMERWALD
di D.G., da Nihilist, 11 giugno 2014
[…] Un gruppo di attivisti della Bielorussia, della Russia e dell’Ucraina si sono incontrati qualche giorno fa a Minsk per una conferenza e hanno emesso una “dichiarazione contro la guerra”. […] Lasciamo da parte la composizione dei partecipanti a questa specie di regata e il profilo dei firmatari della dichiarazione (che comunque è molto eloquente), ignorando anche i racconti indiretti sulla discussione fatti da alcun partecipanti, e concentriamoci sul testo finale:
[…]
“Il conflitto militare che ha fatto seguito alla vittoria dei neoliberali e dei nazionalisti dell'”euromaidan” di Kiev ha reclamato centinaia di vite e contribuito a una crescita senza precedenti dello sciovinismo e della xenofobia nella società ucraina e russa”
Eh sì. Il conflitto, a quanto pare, è stato una conseguenza diretta di Maidan e non c’è nessun altro fattore che merita di essere preso in considerazione. Sembra che gli abitanti delle due regioni orientali, non appena hanno visto che i neoliberali e nazionalisti hanno rovesciato un governo socialista e cosmopolita, si siano buttati ad aprire un conflitto. Si sono diretti verso la Crimea degli “omini verdi” e hanno risvegliato dalle tombe le barbe dei loro nonni. Cos’altro c’è da spiegare?
“Questa guerra consente alla classe dominante di consolidare la società ucraina intorno al proprio regime politico, distraendo i lavoratori delle aree occidentali e orientali del paese dalla lotta per i propri diritti sociali e politici, mettendoli gli uni contro gli altri e favorendo così gli interessi della grande borghesia”
In realtà la classe dominante dell’Ucraina pagherebbe tutto il possibile purché questo casino finisse nel più breve tempo possibile. Ci troviamo qui chiaramente di fronte a una mossa sempre vincente: in ogni situazione difficile da comprendere basta accusare di tutto le trame dei capitalisti e ancora meglio “lo scontro tra clan della borghesia”. E in effetti davvero la classe dominante ucraina, messa di fronte a una tale situazione, cerca di trarre il massimo profitto per sé, tra le altre cose consolidando la società che, nel fuoco del patriottismo, perde la voglia di interessarsi ai discorsi sociali ed economici. Ma formulare le cose così è come dire, per esempio, che Gheddafi grazie ai “bombardamenti unitari” è riuscito a consolidare intorno a sé la società, distraendo i lavoratori libici dalla lotta politica e mettendo gli uni contro gli altri. Vale a dire, è così, ma ci sono anche altre sfumature. […]
“Il governo russo, l’Unione Europea e gli Stati Uniti utilizzano la guerra civile in Ucraina per lo stesso scopo: la gente che muore nel Donbass attualmente è solo moneta di scambio nella loro lotta per avere la meglio”
Ok, siamo arrivati alle ingerenze esterne. E naturalmente bisogna “obiettivamente e in modo equilibrato” mettere gli uni accanto agli altri la Russia, l’Ue e gli Usa. A quanto pare, la dimostrazione definitiva del ruolo dell’imperialismo americano in Ucraina è il fatto che il figlio del vicepresidente americano è entrato a fare parte del consiglio di amministrazione di una delle holding energetiche ucraine. Se è così, perché mai si dovrebbe parlare di un diktat della Gazprom? Si tratta solo di imperialismo tedesco impersonato dal grande e tremendo Schroeder!
“Ci opponiamo alle pressioni e alle repressioni messe in atto da tutte le parti del conflitto, ai massacri, alle torture e ai rapimenti di cui sono stati vittime gli attivisti di sinistra, gli antifascisti e tutti i cittadini ucraini, indipendentemente dalle loro opinioni politiche. Ci opponiamo anche alle persecuzioni politiche in Crimea”
Tutto giusto e vero. Ma perché non sviluppare il tema? Forse che le pressioni e le repressioni messe in atto adesso a Kiev, Lugansk e Simferopoli sono identiche tra di loro? Varrebbe poi forse la pena di nominare queste “parti del conflitto” e concretizzare qualche fatto delle repressioni. […]
“Chiediamo al governo dell’Ucraina di sospendere immediatamente l'”operazione antiterroristica”, di ritirare le proprie truppe dal territorio delle regioni di Donetsk e Lugansk e di concludere una tregua con le milizie della Repubblica Popolare di Donetsk (RPD) e della Repubblica Popolare di Lugansk (RPL)”
I miei occhi si erano già preparati a vedere la continuazione “chiediamo inoltre alla RPD e alla RPL…”, ma non c’è nulla del genere. Vale a dire che le “milizie” dovrebbero prendere sotto il proprio intero controllo militare e politico tutto il territorio delle due regioni (attualmente ne controllano solo una parte).
“Chiediamo a tutte le parti del conflitto di siglare un accordo di pace per la completa cessazione delle ostilità, di liberare tutti i prigionieri politici e di guerra, e di sciogliere i gruppi armati”
Punto. E che senso mai avrebbe per queste pudicamente non nominate “parti del conflitto” soddisfare questa condizione, se il governo di Kiev ha adempiuto la precedente?
“Chiediamo al governo ucraino di sciogliere le forze armate regolari composte da soldati mobilitati contro la loro volontà, e le cui famiglie stanno attualmente organizzando proteste in varie regioni dell’Ucraina”
Una richiesta giusta. E ancora una volta una richiesta unilaterale.
“Chiediamo alla Russia, all’Ue e agli Usa di cessare completamente di interferire nel conflitto ucraino, e di non dare supporto ai partecipanti a tale conflitto”
E qual è il carattere delle ingerenze di ciascuna delle summenzionate parti? Ancora una volta siamo di fronte a un antimperialismo “da ammucchiata”, tanto per le apparenze.
“Chiediamo l’adozione di una nuova Costituzione dell’Ucraina, la rielezione degli organi di governo delle regioni di Donetsk e Lugansk, un vero diritto all’autodeterminazione e all’autogoverno del Donbass nonché di tutte le regioni dell’Ucraina”
Qui ci troviamo di fronte al vuoto assoluto. Perché una nuova costituzione? E quale costituzione? E poi perché richiedere quello che comunque già intendono fare e reclamizzano a gran voce? Cosa significa la “rielezione degli organi di governo” delle due regioni? Quali organi, perché proprio e solo quelli di queste due regioni, quali compiti devono assolvere queste rielezioni? Una scelta di parole davvero poco comprensibile. Cosa significa “autodeterminazione e autogoverno reali”, di cosa si sta parlando? Se gli autori si prendessero la bega di cercare di decifrare le loro stesse parole forse molte delle domande si chiarirebbero da sole, ma è più facile aggrapparsi a formulazioni incomprensibili, così si rafforza la “unità a sinistra”. […]
Ecco in cosa consiste la risoluzione: un astratto mettersi in posa con un “noi siamo per la pace”. E adesso vediamo cosa non c’è nella dichiarazione: non c’è un’analisi concreta di circostanze concrete, come ha osservato uno degli attivisti di sinistra che è stato presente all’iniziativa di Minsk. Gli autori del documento hanno così paura di infrangere la fragile “unità a sinistra” tra i firmatari della risoluzione, che evitano di nominare anche solo una volta le “repubbliche popolari”, che godono di un ampio consenso tra le masse patriottiche e staliniste in Russia, quasi come se non esistessero. Non c’è nemmeno una parola che possa portare a un’analisi della RPD e della RPL, o che dia una valutazione politica di queste formazioni. In realtà non vi è alcuna analisi nemmeno delle altre parti. Del governo di Kiev vengono dette parole di routine come “nazionalista e neoliberale” (cioè in via indiretta si dovrebbe intendere che gli si oppongono dei nazionalnichilisti e dei comunisti). E tutto questo deve bastare. Non c’è un’analisi degli eventi che hanno portato alla situazione di oggi. Cioè non viene detto assolutamente niente, a parte la frase citata all’inizio. Anche il ruolo della Russia e di altri stati non viene analizzato: e perché mai bisognerebbe farlo, basta appiccicare una frase di routine sull’imperialismo e sul fatto che nessuno deve immischiarsi per considerare adempiuto il proprio dovere internazionalista e andarsene in tutta tranquillità a mangiarsi un panino.
Chi ha detto però che bisogna obbligatoriamente spiegarsi, ponderare a fondo e analizzare lo stato delle cose, se l’obiettivo è del tutto semplice, cioè protestare contro la guerra? Si tratta di un approccio che merita assolutamente rispetto, con il quale senza tante analisi si dice semplicemente e chiaramente: siamo contro la guerra, smettete di combattere, vogliamo la pace e il disarmo. Non sappiamo come lo farete, e non vogliamo saperlo, non ci interessano le vostre divisioni interne, per noi è importante il risultato finale. Vale a dire fare proprio l’approccio “non costruttivo” e “infantile” (ma l’unico autentico) che adottano le organizzazioni sindacali durante i conflitti di lavoro. La stessa posizione “isterica” per la quale Zizek ha lodato il movimento “occupy” (esagerando nelle sue lodi, a dire il vero). Se la dichiarazione di Minsk contenesse un messaggio di questo tipo si sarebbe a mio parere meritata un’approvazione.
Ma i suoi autori non sono certo persone che vogliono scendere al livello degli stupidi sindacalisti! Sono dei marxisti colti, che devono dimostrare di essere profondamente competenti e distribuire ricette. Ma nel caso in questione essere davvero “competenti” sarebbe stato sconveniente per motivi di opportunità politica. Di qui il risultato: un gran tuonare di banalità, di cose non dette, di travisamenti, di cose distorte per giungere a conclusioni finalizzate alla necessità politica del momento. […]
UN DIVERTIMENTO PER IL COMPAGNO BIANCO
di Compagno Sheetman, “Nihilist”, Ucraina, 28 maggio 2014
Mi è capitato di prendere parte a un’iniziativa divertente, un dibattito tra due militanti ucraini, Sergey Kirichuk di “Borotba” e Zakhar Popovich di “Opposizione di Sinistra”. L’incontro si è svolto a Berlino sotto l’egida del partito Die Linke. Le due organizzazioni, che hanno origini comuni (sono entrambe il prodotto della “Organizzazione dei Marxisti” scioltasi nel 2010), hanno assunto posizioni diametralmente opposte riguardo a Maidan. Borotba fin dai primi giorni è stata contro, mentre Opposizione di Sinistra è stata fin dai primi giorni a favore. I primi hanno subito definito quanto stava accadendo un putsch fascista, i secondo sono scesi in strada con una bandiera rossa con le stelle dell’Ue. Entrambe le posizioni sono sufficientemente distanti dalla mia, ma nonostante questo con altri compagni anarchici abbiamo deciso di andare all’iniziativa e abbiamo addirittura preparato dei volantini in cui si spiega la posizione della sinistra ucraina nei confronti di Borotba, per distribuirli prima dei dibattiti.
Non descriverò nei particolari la discussione. Non vi è stata alcuna discussione sulla sostanza delle cose – Kirichuk ha mescolato verità e menzogne in proporzioni goebbelsiane, ma era proprio quello che il pubblico voleva ascoltare da lui. Il racconto fatto da Popovich sul movimento dei lavoratori a Chervonograd (nella regione di Lvov), a Krivoy Rog e a Krasnodon non ha commosso più di tanto nessuno, secondo me il 90% dei presenti si è subito dimenticato questi nomi di città, strani e addirittura ridicoli agli orecchi tedeschi. Nonostante tutto il mio scetticismo nei confronti di Opposizione di Sinistra, Zakhar Popovich nel complesso ha detto cose giuste. […] [Dopo gli applausi riscossi a Berlino da Kirichuk] sui siti di Borotba in internet Zakhar Popovich è stato dichiarato un mascalzone e diffamatore. Per l’ennesima volta gli stalinisti si sono dimostrati più abili negli intrighi di quanto non lo siano i trockisti.
Kirichuk in questi tipi di dibattiti vincerebbe comunque, e questo non per il suo talento in fatto di retorica, quanto piuttosto per gli umori del pubblico in sala. Il pubblico voleva ascoltare storie colorite su come i cattivi barbari slavi uccidono i buoni barbari slavi e il contrario. […] [Nella sinistra occidentale ci sono persone che] guardano Russia Today, leggono un paio di comunicati stampa di Borotba e del Partito Comunista Ucraino, guardano un po’ di immagini con cadaveri in internet (e non importa di che cadaveri si tratti, vengono sempre comunque definiti “antifascisti torturati dal Pravy Sektor”) e giungono a una Posizione Dura e Senza Compromessi. Qualcosa che sta in mezzo tra la letteratura fantasy e lo snuff porno. Lottare contro la lontana giunta fascista di Kiev è addirittura più interessante che sparare ai mostri nei sotterranei di Warcraft. Il fatto che in una regione nella quale vivono milioni di persone si trovi in stato di assedio, che la sua popolazione sia disoccupata e senza stipendi, che i suoi pensionati siano senza pensioni e che i nazionalisti russi (che i nostri amanti delle visioni sanguinarie hanno deciso di definire “antifascisti”) riscuotano balzelli terrorizzando la popolazione locale, sono tutte inezie noiose, che non si meritano l’attenzione dei rivoluzionari a distanza. Tutto quello che non rientra nel semplice schema binario può essere comodamente cancellato. Gli interessi della classe lavoratrice? Le aggressioni razziste, l’antisemitismo, i pogrom contro i rom nelle regioni orientali? La costituzione fascista della Repubblica Popolare di Donetsk? L’omofobia, il sessismo e il clericalismo innalzati a ideologia ufficiale? Inezie noiose, noi ci interessiamo della Grande Lotta del Bene contro il Male. […]
Comincio finalmente a capire quanto odiosi appaiano i fanatici russi o ucraini di Assad, Gheddafi o Kim Il Sung agli occhi di un siriano, di un libico o di un coreano. Queste persone benevole dal pensiero colonizzatore, che con un impulso di bontà sono pronte a dare sostegno ai fascisti che terrorizzano la mia città natale, suscitano in me emozioni ancora più forti di quelle che suscitano gli stessi fascisti. Gente che fino a ieri faceva fatica a individuare l’Ucraina su una carta geografica oggi all’improvviso si dimostra così preoccupata dei suoi destini che è pronta a sgolarsi fino all’esaurimento per il simbolo di fede che ha appena scoperto. E prima di tutto è pronta a sgolarsi fino all’esaurimento contro gli abitanti dell’Ucraina che non sono d’accordo con lei: come è mai possibile che degli olezzanti barbari di una nazione non storica osino contraddire il padrone bianco? […]
CESSATE IL FUOCO: CONSIGLI E OSTACOLI
A quale compromesso siamo preparati per salvare vite nel Donbass?
di Zakhar Popovych, membro di “Opposizione di Sinistra” – Kiyv, da “Gaslo”, 11 giugno 2014
Solo i più pigri non parlano della necessità di fermare l’Operazione Antiterroristica (ATO). La cessazione nel più breve tempo possibile del conflitto armato è diventata addirittura la posizione ufficiale delle autorità ucraine. Il problema, però, è che alcune persone ritengono che l’ATO debba cessare solo quando l’esercito del governo ucraino, che in questo momento ha un chiaro vantaggio in termini di numeri e armi, avrà ottenuto una vittoria definitiva. A nostra opinione questa “vittoria” è impossibile ora senza un massiccio numero di vittime tra la popolazione civile della regione. E anche se dovesse essere ottenuta, porterà alla crescita di un odio completamente giustificabile da parte della popolazione locale e non solo nei confronti dell’esercito filogovernativo, ma anche in generale contro lo stato ucraino stesso.
Un’autorità ucraina imposta mediante il terrore non sarà solida e non verrà accettata dagli abitanti dell’Ucraina orientale come propria. Ma è esattamente lungo questa china che gli estremisti di entrambe le parti del conflitto ci stanno spingendo. E’ una china che alla fine porterà in queste regioni alla completa perdita di fiducia nelle istituzioni dello stato ucraino e alla disintegrazione di fatto di quest’ultimo. Si tratta precisamente dello scenario che le forze antiucraine vogliono vedere realizzarsi; vogliono provare innanzitutto l’incapacità dello stato ucraino contemporaneo e l’impossibilità degli ucraini di esistere come nazione politica.
Il confronto armato attualmente in corso intorno a Slavyansk, Kramatorsk e altre città del Donbass causa ogni notte nuove vittime tra i civili. Su nessuno dei pezzi di granata che hanno ferito o ucciso un civile troverete il nome di chi la ha sparata. Tuttavia queste granate continuano a esplodere molto vicino a quartieri residenziali e cadono sistematicamente in case abitate, anche se certamente nella maggior parte dei casi a essere prese di mira sono persone per nulla pacifiche. Si può certo credere che le forze dell’ATO non abbiano mai sparato direttamente contro edifici residenziali, ma nei centri densamente abitati del Donbass è impossibile evitare del tutto vittime accidentali. Si può discutere allo stesso modo se le formazioni armate delle Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk puntano o meno i loro mortai contro edifici residenziali. Rimane il fatto che le granate li colpiscono, e con ogni probabilità da entrambi i lati del conflitto.
Pertanto la prima richiesta che i cittadini ucraini coscienti dovrebbero avanzare è quella di un cessate il fuoco immediato. Un cessate il fuoco immediato nell’uso di armi pesanti e di forze aree da entrambe le parti nei centri popolati. Evitare vittime tra la popolazione civile pacifica, che di fatto è ostaggio dei terroristi, è l’obiettivo primario, per il quale si può trattare anche con il diavolo se necessario. In questa situazione è semplicemente necessario condurre negoziati anche con coloro che riteniamo essere i peggiori terroristi.
Aspetti come un cessate il fuoco e la creazione di un corridoio umanitario per l’evacuazione dei civili, nonché la consegna di aiuti umanitari, possono essere oggetto di accordi, tra gli altri, anche con i reali “comandanti sul campo” dei terroristi, cioè Girkin-Strelkov, Abver, Bes e chi altro del caso. Allo stesso tempo, il rilascio di ostaggi e le condizioni in base alle quali i terroristi abbandoneranno l’Ucraina sono le uniche questioni che devono essere negoziate con loro. Tutte le questioni riguardanti l’adozione di decisioni politiche dovranno essere esaminate invece esclusivamente con rappresentanti delle comunità locali, e non con combattenti che sono venuti qui dall’estero.
E’ necessario aprire discussioni con i rappresentanti delle comunità locali sul ritiro dell’esercito dai centri abitanti e creare zone cuscinetto di sicurezza intorno alle aree nelle quali sono accampate le forze militari ucraine. Può essere anche essere sollevata la questione del ritorno delle unità militari ucraine presso le loro basi permanenti, ma non si può assolutamente chiedere la rimozione di tutte le forze militari ucraine dal territorio delle regioni di Donetsk e di Lugansk. Le unità delle forze armate ucraine si trovano lì fin da quanto le stesse forze armate sono state create, cioè fin da subito dopo che abbiamo ottenuto la nostra indipendenza. Gli effettivi e le loro famiglie vivono nelle caserme e negli insediamenti vicini da decenni. Chiedere a queste persone, la maggior parte delle quali non ha nulla a che fare con organizzazioni nazionaliste, di andarsene altrove è assolutamente inaccettabile.
I negoziati dovranno essere condotti nel contesto dell’organizzazione di elezioni aperte e democratiche per gli organi di governo locali. In particolare sarà necessario consentire la presenza di osservatori elettorali di organizzazioni ucraine e internazionali. Non è un segreto che una parte significativa (se non la maggioranza della popolazione urbana) non si fida dell’esercito ucraino. Naturalmente la gente ha paura e si trova sotto l’influsso delle falsità della propaganda russa. Tuttavia vi sono anche motivi obiettivi per questa sfiducia. Ci sono molti membri di organizzazioni ultranazionaliste e addirittura apertamente neonaziste tra le fila e nella leadership delle unità militari ucraine di recente creazione. E purtroppo il governo ha fatto sempre più affidamento su tali unità, maggiormente inclini ad azioni spietate e che non hanno uno status chiaro o poteri definiti con chiarezza. Le azioni di questi battaglioni semiautonomi consistono spesso in provocazioni e tendono a consolidare la popolazione locale intorno ai gruppi terroristici che vengono in questi casi considerati paradossalmente come suoi “difensori”. Senza dubbio un importante passo verso la pace in questa regione sarebbe la rimozione di questi battaglioni ucraini “volontari” dal territorio di Lugansk e Donetsk, il loro disarmo e il loro scioglimento.
Non è un segreto nemmeno che finora i lavoratori non hanno praticamente preso parte in forma organizzata agli eventi in atto in questa regione industriale. Allo stesso tempo, nei luoghi in cui le organizzazioni dei lavoratori hanno preso la situazione nelle loro mani, come è successo per esempio a Krasnodon, nella regione di Lugansk, il comitato di sciopero non solo ha assunto il controllo dell’intera città, ma ha anche impedito ogni episodio di violenza nel corso del suo sciopero generale. I sindacati di Krivoy Rog hanno un’esperienza nella creazione di proprie brigate di autodifesa. Hanno svolto un ruolo importante nel prevenire provocazioni e violenze nel corso delle loro proteste a Maidan e nel bacino di Krivoy Rog.
Riteniamo che i rappresentanti dei sindacati, che da una parte sono indipendenti dai padroni oligarchi e dall’altra hanno preso chiaramente le distanze dalle organizzazioni radicali nazionaliste, sia quelle filoucraine sia quelle filorusse, possano diventare garanti di accordi stipulati tra le parti in conflitto nel Donbass. Invitiamo quindi i sindacati indipendenti e i comitati di sciopero a creare le proprie brigate di autodifesa e a utilizzare tutti i mezzi accettabili per portare tutte le parti a un cessate il fuoco immediato. Le delegazioni dei lavoratori della regione di Dnepropetrovsk potrebbero svolgere un ruolo di mediazione efficace per normalizzare la situazione ed essere molto più utili nella zona della ATO di quanto non lo siano i battaglioni (formati da volontari) “Azov” e “Dnepr”.
PERCHE’ IL PACIFISMO OGGI E’ RIVOLUZIONARIO
di Ivan Ovsyannikov, dal sito del Movimento Socialista Russo, 13 giugno 2014
[…] Maidan, come tutti i movimenti popolari di analoghe dimensioni, non era omogeneo. Conteneva in sé svariate possibilità di sviluppo, una delle quali era antioligarchica, democratica e rivoluzionaria. Se si fosse realizzata, avrebbe potuto unire le regioni occidentali e quelle orientali del paese. Solo che la sinistra ucraina era debole e divisa, e l’occupazione della Crimea da parte della Russia ha subito reso un fantasma le speranza di un “Maidan sociale”.
Quando si è evidenziato il pericolo di una invasione su grande scala dell’Ucraina da parte dell’esercito russo io, così come il Movimento Socialista Russo (MSR) nel suo complesso, mi sono pronunciato contro la guerra, riconoscendo allo stesso tempo il diritto degli abitanti della Crimea all’autodeterminazione. Gli umori filorussi nella penisola sono sempre stati forti, e questo non è certo un segreto per nessuno. Ma l’idea di una separazione difficilmente sarebbe stata così attraente se non ci fosse stata la retorica etno-nazionalista così popolare a Maidan.
Qui vorrei spiegare la mia posizione riguardo al fattore dell’ingerenza russa negli eventi ucraini. A differenza dei liberali, che spesso spiegano quanto sta accadendo nell’Ucraina sud-orientale come una macchinazione del Cremlino, affermando che i sostenitori della federalizzazione sono terroristi inviati da fuori, io sono convinto che il livello del controllo della Russia sulla situazione sia fortemente sopravvalutato. Sì, il Cremlino sta giocando il proprio gioco imperialistico, provocando e alimentando i conflitti interni per avere la possibilità di alzare il prezzo con l’occidente. Ma per farlo sfrutta contraddizioni reali della società ucraina; contraddizioni che ora vengono risolte mediante la guerra civile. La responsabilità di questa guerra va divisa tra le élite della Russia, dell’Ucraina, dell’Ue e degli Usa, nonché i leader e gli intellettuali di Maidan, la cui tolleranza nei confronti delle sortite neonaziste e di un razzismo sociale sui generis hanno reso la rivoluzione estranea a una parte consistente dei cittadini ucraini. Tutto questo, naturalmente, non dà a me, come cittadino russo, il diritto di ritenere positiva l’ingerenza russa, o anche solo di considerarla un male minore. Al contrario, mi sento obbligato a pronunciarmi innanzitutto contro la politica di provocazioni del Cremlino, contro lo sciovinismo russo e contro gli avventuristi filorussi di estrema destra che hanno preso il potere nella RPD e nella RPL.
L’unione della Crimea alla Russia, avvenuta quasi senza spargimenti di sangue e con il sostegno di gran parte della popolazione della penisola, ha aperto un vaso di pandora. Le proteste antimaidan nelle altre regioni dell’Ucraina sono state indirizzate verso una linea radical-separatista. Se Maidan veniva giustamente accusata di alimentare le illusioni riguardo all’Ue, Antimaidan ha ripetuto questo errore, collegando la risoluzione di tutti i problemi delle regioni sud-orientali alla Russia, che in realtà ha solo utilizzato l’instabilità per mercanteggiamenti di natura geopolitica con le autorità ucraine e con l’occidente. La possibilità di un’alleanza tra gli attivisti di Maidan, insoddisfatti dell’arrivo al potere degli oligarchi e che chiedevano le “lustrazioni” nonché una trasformazione radicale del sistema politico, e quelli federalisti, la cui protesta sotto molti aspetti aveva le stesse radici sociali di Maidan, non si è realizzata. Un discorso a livello nazionale avrebbe consentito di approfondire il processo rivoluzionario, mettendo ai margini i nazisti ucraini, da una parte, e i separatisti russofili di estrema destra, dall’altra, ma non si è concretizzato. E’ cominciato una controrivoluzione, contrassegnata da tappe tremende come la carneficina di Odessa e la guerra nelle regioni di Donetsk e Lugansk.
Il proseguimento di questa guerra conviene sia al Cremlino che a Kiev. Il governo vecchio-nuovo dell’Ucraina grazie alla guerra può mettere fine a Maidan e consolidare il proprio potere – il potere dei vecchi oligarchi, che intendono continuare a governare il paese come facevano sotto Yushchenko e Yanukovich. Riguardo alle regioni sud-orientali Poroshenko agisce sullo stesso solco di Eltsin e Putin riguardo alla Cecenia. Il regime di Putin, con il suo tentativo di controllare le regioni sud-orientali attraverso torbidi avventuristi reazionari, che è sempre pronto a “sostituire” in ogni momento, ha oltre a interessi geopolitici anche concreti interessi di politica interna. Se a gennaio-febbraio Maidan rappresentava una minaccia per il futuro del Cremlino, oggi ogni giorno di guerra civile in Ucraina rafforza gli umori conservatori nella società russa. L’opposizione liberale che sostiene la Kiev ufficiale e ripete acriticamente i modelli propagandistici dell’altra parte del conflitto sta compiendo un suicidio politico e morale. Intorno alla persona di Putin si sta raccogliendo un’intera internazionale dell’estrema destra europea e locale. A loro volta le forze di sinistra sono in una situazione di confusione, e si schierano con i poli opposti della conservazione e del liberalismo.
Capovolgendo la formula classica di Lenin dei tempi della Prima guerra mondiale sulla “trasformazione della guerra imperialista in guerra civile”, in Ucraina la guerra civile si è trasformata in guerra imperialista. Le opportunità di cui ho scritto sopra, se mai si potranno realizzare, potranno farlo solo dopo che sarà stata conclusa una pace. Se tale pace verrà conclusa dalle élite dopo che avranno bevuto a volontà il sangue del popolo, oppure sotto la pressione delle masse dell’Ucraina, della Russia e dell’Europa Occidentale, è una questione di primaria importanza. E’ proprio per questo motivo, nonostante una serie di carenze del testo in questione, che ho firmato la dichiarazione contro la guerra approvata a Minsk il 7-8 giugno dagli attivisti di sinistra della Russia, dell’Ucraina e della Bielorussia.
PROTEZIONE DELLE VITE UMANE, DENAZIFICAZIONE, SCIOPERO GENERALE
del collettivo di Opposizione di Sinistra, da Gaslo, 15 giugno 2014
Innanzitutto le persone che vivono nei centri abitati devono essere protette dalle azioni militari. I passi successivi devono essere l’eliminazione dei neonazisti dalla partecipazione alle azioni militari di entrambe le parti, poiché sono i principali fomentatori della guerra. Le cause del conflitto possono essere superate risolvendo la crisi sociale alla cui origine c’è lo strapotere degli oligarchi.
Si possono avere posizioni diverse riguardo a Maidan e all’evoluzione del suo movimento di massa, così come riguardo al diritto democratico delle persone all’autodeterminazione e all’autonomia. Non si può invece non condannare il fatto che vengano causate vittime tra la popolazione civile e non si può non vedere che l’uso di armi pesanti in aree densamente abitate delle regioni di Donetsk e Lugansk causa ogni notte nuove vittime. L’impiego dell’artiglieria e di lanciamine viene riconosciuto da tutte le parti del conflitto. Per chi muore non fa alcuna differenza se i colpi sparati erano diretti o meno contro una casa abitata e quale parte del conflitto spara più spesso contro i quartieri residenziali.
1) Prima ancora di risolvere qualsiasi aspetto dell’ordinamento e della costituzione dell’Ucraina è necessario cessare il fuoco. Chiediamo un cessate il fuoco immediato e il ritiro delle armi pesanti dai centri abitati. E’ necessario condurre direttamente con i comandanti sul campo trattative per il cessate il fuoco, per la liberazione degli ostaggi (e come ostaggi oggi ci sono intere città) e per la creazione di corridoi umanitari. Tali trattative possono essere condotte anche con i peggiori terroristi, con tutti coloro con i quali può essere utile dialogare, perfino con Strelkov, Abver e Bes, se possono davvero garantire un cessate il fuoco. Allo stesso tempo siamo categoricamente contrari a qualsiasi discussione con i terroristi riguardo a questioni politiche. Il futuro ordinamento statale e la formazione di nuovi organi di potere rappresentativi potranno essere oggetto di discussioni solo con i rappresentanti delle municipalità locali e non con combattenti fanatici.
2) E’ possibile fare recedere il conflitto solo alla condizione di cessare i rifornimenti di armi che in grande quantità cadono nelle mani di gruppi semiautonomi non sottoposti ad alcun controllo, e di impedire l’afflusso di nuovi mercenari provenienti da altri paesi e regioni che si uniscono a tali gruppi. Questi mercenari non tengono in alcun conto gli interessi della popolazione locale e sono interessati più a un proseguimento della guerra fino alla “fine vittoriosa” che alla ricerca di compromessi e a una soluzione pacifica del conflitto. Chiediamo quindi ai governi della Federazione Russa e dell’Ucraina di garantire una protezione affidabile dei confini statali e di impedire che nel territorio delle regioni di Lugansk e Donetsk entrino armi e persone armate di qualsivoglia tipo.
Contemporaneamente è necessario cessare di giocare con l’Ucraina come una carta nell’ambito delle contrapposizioni tra Usa, Ue e Federazione Russa, che stanno lottando per spartirsi zone di influenza nei continenti, contrapposizioni delle quali diventano vittime anche abitanti pacifici dell’Ucraina. Per questo insieme alla condanna delle azioni della Russia richiediamo anche la cessazione di ogni coinvolgimento nel conflitto, e di ogni tentativo di alimentarlo, da parte degli stati occidentali.
La responsabilità della penetrazione dei combattenti nel territorio dell’Ucraina è della Russia. Anche la responsabilità della cessazione delle forniture di nuove armi e di mercenari stranieri nella regione spetta in primo luogo alla Federazione Russa. Allo stesso tempo, è al governo ucraino che spetta il dovere di non consentire nella zona in cui viene condotta l’operazione antiterroristica (ATO) la presenza di “battaglioni volontari” semipartigiani con uno status e con poteri non chiariti. I battaglioni volontari “Ucraina”, “Azov” e di altro tipo ricorrono spesso ad azioni di provocazione, non facendo altro che consolidare la popolazione locale intorno ai terroristi, i quali paradossalmente vengono considerati dagli abitanti come se fossero dei loro difensori. Questi battaglioni, così come i mercenari russi, sono politicamente interessati a un continuamento della guerra.
3) Il fattore principale che ostacola una soluzione politica della crisi e mina la fiducia nelle istituzioni statali nelle regioni di Lugansk e Donetsk è la presenza in entrambe le parti del conflitto di nazionalisti dell’estrema destra e spesso anche di soggetti apertamente neonazisti. Della direzione della ATO, e in particolare nel comando e tra gli effettivi dei “battaglioni volontari” ucraini, sono entrati a fare parte membri dei partiti ultranazionalisti e xenofobi “Svoboda” (battaglione “Sich”) e “Pravy Sektor”. Spesso queste persone hanno opinioni apertamente naziste (come è noto, il Partito Radicale di Oleg Lyashko si è unito con la famigerata Assemblea Social-Nazionale SNA [formazione neonazista – N.d.T.]). Chiediamo alla Rada Suprema, al Presidente e al Governo dell’Ucraina di estromettere i membri delle organizzazioni radicali nazionaliste dalla partecipazione all’ATO, di costringerli ad abbandonare le aree dell’ATO, di disarmare e sciogliere i relativi reparti e di condurre una lustrazione dei neonazisti (denazificazione) nelle Forze Armate dell’Ucraina, negli organi del ministero degli interni e della procura. Inoltre, i rappresentanti del partito “Svoboda” devono essere sollevati dagli incarichi che rivestono nel governo dell’Ucraina.
Invitiamo la comunità mondiale a chiedere ai governi degli Usa e dei paesi dell’Ue di cessare di dare sostegno al Governo dell’Ucraina fino al momento in ci non verranno estromessi i nazionalisti radicali che rivestono incarichi nel governo e nell’esercito, negli organi di pubblica sicurezza e nella procura. Allo stesso tempo si deve constatare che tra i dirigenti delle autoproclamate “Repubblica Popolare di Donetsk” (RPD) e “Repubblica Popolare di Lugansk” (RPL) vi è la presenza di una notevole quantità di nazionalisti radicali russi e di soggetti apertamente nazisti. Tra le altre cose, nella dirigenza di queste autoproclamate nuove formazioni vediamo molti cittadini della Federazione Russa che fino a poco tempo fa erano membri di organizzazioni neonaziste attualmente vietate nella Federazione stessa, come “Unità Nazionale Russa” e altre ancora.
Sono indicativi a tale proposito i seguenti siti degli “insorti”:
http://iks2010.org/ “Unione Imperiale Cosacca”
http://antisionizm.info “Antisionismo”
Va quindi rilevato che per la parte ucraina combattono neonazisti della SNA e per quella russa antisemiti e filo-imperiali.
Invitiamo inoltre gli abitanti delle aree orientali dell’Ucraina, i consigli delle regioni di Lugansk e Donetsk, le organizzazioni della società civile e i sindacati, di cercare con ogni mezzo di estromettere dalla dirigenza delle milizie di autodifesa delle autoproclamate RPD e RPL i neonazisti e i nazionalisti radicali russi. Bisogna esprimere sfiducia nei confronti dei neonazisti russi che attualmente cercano di proclamarsi rappresentanti della popolazione locale dell’Ucraina orientale.
Invitiamo inoltre la comunità mondiale e in primo luogo i cittadini della Federazione Russa a esercitare pressioni sugli organi statali della stessa al fine di costringere Mosca a riconoscere nell’Ucraina orientale sono presenti neonazisti russi e a interrompere ogni sostegno morale e materiale agli stessi.
Invitiamo inoltre i media della Federazione Russa e dell’Ucraina a smettere di alimentare l’isteria nazionalista e a rivolgere la loro attenzione al fatto che da entrambe le parti del conflitto ci sono fascisti.
4) Invitiamo i rappresentanti delle comunità locali dell’Ucraina orientale e del governo dell’Ucraina ad avviare un dialogo politico aperto, che deve avere come oggetto in prima istanza nuove elezioni dei consigli locali con modalità trasparenti e democratiche. Deve inoltre essere risolta la questione dell’ammissione di osservatori di organizzazioni ucraine e internazionali. Il controllo del rispetto degli accordi tra le parti del conflitto nel Donbass deve essere a nostro parere assunto da rappresentanti di organizzazioni della società civile e dei sindacati, che da una parte sono indipendenti dagli oligarchi e dall’altra prendono chiaramente le distanze dalle organizzazioni nazionaliste radicali, sia quelle filoucraine sia quelle di orientamento filorusso.
Non è un segreto che i rappresentanti della società civile e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori finora non hanno praticamente preso parte agli eventi in corso in questa regione industrializzata. Allo stesso tempo le organizzazioni dei lavoratori, nei casi in cui hanno assunto il controllo della situazione, non hanno consentito il verificarsi di disordini e l’escalation della violenza. E’ avvenuto per esempio nel caso dello sciopero a Krasnodon, nella regione di Lugansk, che non ha consentito il verificarsi di alcuna violenza durante lo sciopero generale. I sindacati indipendenti di Krivoy Rog hanno dato vita a propri reparti di autodifesa che hanno svolto un importante ruolo nel non consentire provocazioni e violenze durante le proteste a Maidan e nel Krivbass. E’ possibile che proprio le organizzazioni dei lavoratori e l’autodifesa dei minatori possano diventare una forza effettiva, in grado di instaurare l’ordine nel Donbass.
5) Indubbiamente l’Ucraina e i suoi abitanti sono diventati moneta di scambio nel gioco imperialista geopolitico delle potenze mondiali per spartirsi zone di influenza, risorse e mercati di sbocco. Solo che i motivi della nascita dei movimenti di massa di Maidan e dell’Antimaidan, indipendentemente dal loro carattere molto diverso, risiedono non tanto nelle azioni di fattori esterni o nel fatto che nel paese imperi la corruzione, quanto piuttosto nel sistema economico-sociale oligarchico, scrupolosamente alimentato dalle istituzioni politiche e statali che da decenni si trovano sotto il pieno controllo dell’oligarchia affaristica. E’ proprio la politica degli oligarchi, che non hanno pressoché mai pagato tasse in Ucraina e hanno sistematicamente saccheggiato ed esportato all’estero le ricchezze del paese, ad avere portato all’esplosione sociale che, in assenza di un movimento dei lavoratori sufficientemente forte, si è svolta nella sua essenza sotto slogan nazionalistici. Allo stesso tempo, per la maggior parte dei partecipanti alle azioni di massa sia di Maidan che dell’Antimaidan gli slogan di giustizia sociale sono stati di importanza chiave. Il conseguimento della pace civile in Ucraina non sarà possibile fino a quando non verrà in qualche modo risolta la crisi sociale, che si è incredibilmente inasprita dopo la svalutazione della hrivna e del calo della produzione nella maggior parte dei settori dell’economia, causato dall’instabilità. Il governo e l’oligarchia che lo sostiene, invece di cercare vie per la soluzione della crisi, sfruttano la minaccia militare e l’ATO come copertura della propria politica antisociale. Le gare di appalto per le forniture militari, che si svolgono secondo una procedura semplificata, portano ordini per milioni di dollari a società private e offrono ai burocrati la possibilità di intascare tangenti. Ma gli oligarchi aumentano i loro patrimoni non solo arricchendosi direttamente con le forniture militari. Sfruttando la svalutazione della hrivna, la maggior parte delle imprese orientate all’esportazione del complesso minerario-metallurgico ha notevolmente migliorato i propri indicatori finanziari. Per numerose aziende gli utili sono raddoppiati. Si tratta di una cosa che non meraviglia, se si tiene conto del fatto che pagano gli stipendi in hrivne, mentre vendono la loro produzione a fronte di pagamenti in valuta. Allo stesso tempo, anche se si rendono conto che quello che fanno è derubare i lavoratori e provocare un’esplosione sociale, gli oligarchi non riescono ad astenersi dal rubare sempre di più. Nonostante il governatore della regione di Dnepropetrovsk, Igor Kolomoyskiy, abbia riconosciuto ufficialmente la necessità di aumentare gli stipendi nel settore di almeno il 20%, la maggior parte delle imprese non si affretta certo a destinare parte dei propri enormi profitti alla compensazione della perdita del potere di acquisto dei lavoratori. A Krivoy Rog la situazione è tale che la caparbietà degli oligarchi potrebbe facilmente provocare uno sciopero generale in questa città di quasi un milione di abitanti. La probabilità di scioperi di massa continua ad aumentare ed è molto difficile dire quale carattere assumeranno, cioè se i minatori, oltre a richieste economiche e ad autodifendersi, solleveranno anche la questione della soluzione della situazione del paese nel suo complesso.
E’ possibile che proprio lo sciopero generale diventi una leva reale per incidere su tutte le parti del conflitto e garantire una rapida cessazione della guerra non a parole, ma nei fatti. Ciò dipenderà solo se i lavoratori riusciranno a organizzarsi fin da ora e ad avanzare richieste che nella loro essenza siano di carattere politico generale. In questo caso un fattore importante, tra gli altri, sarà la capacità delle formazioni di autodifesa dei minatori di difendere gli scioperanti dalle pressioni delle autorità e degli oligarchi, visto che non è possibile escludere tentativi di sfruttare i “battaglioni volontari” non contro i separatisti, ma contro il movimento indipendente dei lavoratori in tutte le regioni.
Chiediamo agli imprenditori ucraini, russi e occidentali che posseggono aziende in Ucraina di smettere di alimentare la crisi e di aumentare immediatamente gli stipendi dei lavoratori fino a livelli che corrispondano almeno allo stipendio reale degli anni 2007-2008. Sarebbe inoltre opportuno porre al Fondo Monetario Internazionale la questione della cancellazione del debito dell’Ucraina: è proprio l’insostenibile onere finanziario nei confronti dei creditori esteri che non consente di risolvere i problemi interni.
Tenendo conto di tutto questo, diamo il nostro sostegno all’appello “Fermare la guerra in Ucraina” recentemente approvato a Minsk. Comprendiamo molto bene e sosteniamo in pieno il desiderio degli attivisti di sinistra dell’Ucraina e dei paesi vicini di esprimere la propria posizione di classe e internazionalista contro la guerra. Il problema di questa dichiarazione è che da una parte è frutto non di una posizione concordata, quanto piuttosto di un marcio compromesso, perché è stata scritta in modo da nascondere l’assenza di un’intesa con nebbiose frasi generiche che ognuno dei firmatari può interpretare come più gli conviene, spesso in senso opposto. Da ciò deriva la seconda carenza dell’appello, cioè l’ecletticità e l’irrealtà delle richieste avanzate. Nel primo punto infatti la dichiarazione richiede il ritiro delle forze armate ucraine dalle regioni di Donetsk e Lugansk, mentre nel secondo richiede, di fatto, il pieno disarmo delle forze della RPD e della RPL [qui evidentemente si tratta di un’errata formulazione – l’appello “Fermare la guerra in Ucraina” infatti non richiede in alcun modo un disarmo delle forze della RPD e della RPL, bensì solo quello delle forze governative ucraine – N.d.T.]. Non è chiaro se gli abitanti locali sono favorevoli al trasferimento di tutte le funzioni dello stato a bande di piccolissima entità e che non rispondono a nessuno, per non parlare poi del fatto che un tale scenario chiaramente non è realistico.
Invitiamo quindi alla creazione di un energico movimento contro la guerra, la cui richiesta concreta e irrinunciabile deve essere un immediato cessate il fuoco e la cessazione dell’uso di armi pesanti. Speriamo che questo slogan possa essere sostenuto, e venga sostenuto, da ampi settori della popolazione in tutte le regioni dell’Ucraina e all’estero.