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gaza childDal 1991, per gli abitanti di Gaza, il diritto di circolare liberamente è stato soppresso, benché questo stesso diritto fosse esplicitamente sancito dagli accordi di Oslo. L’evacuazione di Gaza da parte dei coloni e dell’esercito nel settembre 2005 è una farsa. Gaza resta occupata: acqua, elettricità, materiali di costruzione, accesso al mare,…, tutto resta sotto il controllo dello Stato israeliano e delle sue forze dette di sicurezza.

Mads Gilbert, medico norvegese –ex relatore per l’UNZWA (Agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi) e chirurgo operante attualmente a Gaza-, scriveva prima di questa nuova aggressione che “i bambini palestinesi di Gaza sono quelli maggiormente toccati dal regime di malnutrizione imposto dal blocco di Israele”. Rilevava i bambini sottopeso, affetti da nanismo e da sindrome di tubercolosi.
Karen Koning AbuZyad, ex direttore dell’UNZWA, scriveva nel 2008: “Gaza sta diventando il primo territorio ridotto allo stato di miseria, con l’accordo, o almeno a conoscenza –e alcuni potrebbero dire con l’incoraggiamento- della comunità internazionale.” L’impunità delle peggiori politiche dello Stato sionista è assicurata.
È necessario sviluppare una campagna che mira a delegittimare gli atti del governo israeliano e che faccia apparire lo Stato per quello che è. Questa campagna può appoggiarsi sul rapporto di Richard Goldstone, commissionato dal Consiglio dei diritti dell’uomo dell’ONU, sull’operazione “Piombo fuso” (dicembre 2008-gennaio 2009), sui numerosi rapporti di Amnesty International e Human Rights Watch. Può trovare un sostegno in un settore, certo minoritario oggi, della società israeliana nelle sue diverse componenti.
Questa campagna può concretizzarsi in termini di domande di sanzioni, di boicotto, di disinvestimento. Può iscriversi nella difesa di diritti specifici dei rifugiati in tutta la regione: palestinesi, siriani, iracheni, del Bahrein… Allo stesso modo con una campagna contro un razzismo a colorazione confessionale che colpisce milioni di abitanti nel Maghreb e nel Machrek. È in questo senso che la difesa internazionalista dei diritti del popolo palestinese (compresi gli esiliati forzati) può affermare i suoi valori universalisti, e dunque opposti al razzismo, di qualsiasi tipo.

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