Lunedì 21 luglio, l’ospedale di Al-Aqsa, situato nel sud della striscia di Gaza è stato colpito. Un immobile vicino, residenziale, è anche stato colpito. Anal Charwan, medico all’ospedale Al-Shifa di Gaza, riferisce: “Domenica, è arrivata gente da Al-Shuja’iyeh, dove c’erano stati degli attacchi missilistici israeliani. C’erano molti morti, molti feriti. Le case sono state distrutte, tutti erano all’ospedale, camminavano, si sedevano sul marciapiede, senza fare niente. Non c’è nemmeno lo spazio per accogliere i morti.
Nell’ospedale di Al-Aqsa, quello colpito, si faceva della chirurgia, della rianimazione e anche della ginecologia. Ma tutti questi servizi sono stati distrutti.”
Islam Adhaïr vive a Rafah. Testimonia: “È orribile qui, perché aspettiamo sempre la nostra bomba. La bomba che distruggerà la nostra casa. Ci sono sempre problemi con i servizi d’infrastruttura, l’acqua e l’elettricità e anche le fognature. Abbiamo appena quattro ore d’elettricità al giorno, che utilizziamo per caricare i cellulari, vedere le informazioni su internet e in televisione”.
L’UNRWA, l’Agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi, ha annunciato che più di 100’000 persone erano ormai senza alloggio e che avevano trovato rifugio nelle 69 scuole che gestisce. Ma, Islam Adhaïr non intende fuggire: “Lasciare la mia casa, per andare dove? Non c’è più posto! Non esistono più rifugi!”
Nella Cisgiordania occupata la rivolta si ingrossa. Adil, una studentessa palestinese, traduce la sua delusione nei confronti dell’Autorità palestinese (AP): “La sola cosa che possiamo fare è resistere. Dobbiamo resistere contro questa vita, è semplicemente questo! Dobbiamo fare qualcosa per cambiare le cose qui. Abbiamo il diritto di vivere e tutte le leggi vigenti sono da abrogare.” Fa riferimento all'”ordine” imposto dall’AP.
Un sostegno duraturo ai diritti legittimi del popolo palestinese necessita una comprensione della politica e delle azioni dello Stato sionista e delle lotte degli oppressi e degli sfruttati in tutta le regione, per esempio quella dei Palestinesi del campo di Yarmouk nella Siria del dittatore Bachar el-Assad.