Da qualche tempo si discute sulla nuova pianificazione ospedaliera. Di cosa si tratta? In poche parole il Cantone decide, attraverso questo strumento, quali strutture (pubbliche o private) sono abilitate (e riconosciute dalle case malati) ad offrire una determinata specialità medica nelle loro strutture (ad esempio ostetricia, ortopedia, ecc.)
Poche settimane fa il Consiglio di Stato ha presentato la proposta di nuova pianificazione che ora dovrà essere discussa ed approvata dal Gran Consiglio. La proposta conferma gli orientamenti già anticipati nelle fasi consultive della pianificazione. Eccone i punti principali
Soppressione degli ospedali di Valle
Gli ospedali di Faido e Acquarossa cesseranno di esistere in quanto ospedali. Saranno eliminati i reparti di medicina oggi presenti e verrà eliminato il pronto soccorso così come oggi è strutturato. Ad Acquarossa verrà cancellato anche il reparto di geriatria. Al loro posto verranno creati degli istituti di cura per pazienti dimessi dagli ospedali e bisognosi di una fase di riabilitazione più o meno lunga. A questo si aggiungono promesse su strutture che dovrebbero sostituire il pronto soccorso: ma di promesse si tratta poiché né precise, né garantite.
Verso l’ospedale unico?
La logica che sottende la pianificazione (e le modifiche di legge proposte) derivano tutte, direttamente, dai meccanismi di mercato che le riforme a livello federale (sia quelle di tipo pianificatorio che quelle relative al finanziamento degli ospedali – in particolare i cosiddetti DRG cioè il finanziamento sulla base del tipo di atto terapeutico). Da qui viene la logica di razionalizzare le strutture e di sopprimerne alcune.
Scrive il governo “tutti gli ospedali, poco importa se pubblici o privati, sono obbligati ad operare in modo imprenditoriale per assicurare la loro competitività” . Per questo, continua il governo, è necessaria “una parziale ridefinizione della missione dell’EOC”, una “revisione o precisazione di alcune norme è strettamente legata all’adozione della nuova pianificazione e alla relativa implementazione”.
In parole povere questo significa che l’attuale struttura ospedaliera cantonale (con quattro ospedali regionali: Locarno, Bellinzona, Lugano e Mendrisio) dovrà lasciare il posto ad una struttura con due ospedali di rilevanza cantonale (Bellinzona e Lugano) e due ospedali (Mendrisio e Locarno) di “prossimità”. In realtà, se si legge con attenzione e si guardano le cose in prospettiva, appare evidente che si va verso una concentrazione verso una sola struttura cantonale (Lugano) con tre ospedali che vedranno le loro prestazioni fortemente limitate.
Basti pensare, ad esempio, al settore dell’ostetricia: l’Ente Ospedaliero Cantonale annuncia che non sono più tollerabili dal punto di vista finanziario reparti ospedalieri nei quali nascono meno di 200 bambini all’anno. Come dire che alcuni reparti maternità (pensiamo a quello di Mendrisio) sono di fatto, a medio termine, a rischio.
Un’alternativa: l’iniziativa “Giù le mani dagli ospedali”
Proprio perché vedevamo arrivare questa strategia, più di un anno fa abbiamo lanciato l’iniziativa “Giù le mani dagli ospedali”.
L’attuale legislazione non dà alcuna garanzia che queste prestazioni e reparti continuino ad essere ancorati negli ospedali pubblici. Dobbiamo quindi impedire che alcuni ospedali regionali vengano di fatto declassati, diventando ospedali di “serie B”.
L’iniziativa “Giù le mani dagli ospedali” vuole, quale primo obiettivo, garantire che alcuni reparti e prestazioni di base importanti anche in futuro vengano garantiti nelle principali strutture ospedaliere pubbliche del Cantone.
Ma vi è un altro problema che si affaccia con sempre maggiore urgenza. La necessità di poter disporre di cure ambulatoriali di qualità, al di fuori del ricovero ospedaliero e dell’offerta dei medici privati, ai quali i pazienti possono rivolgersi in ogni momento e durante tutto il giorno con orari prolungati. Oggi questa funzione è in parte offerta dai pronto soccorso: l’aumento impressionante del numero delle loro visite si spiega solo con il fatto che essi svolgono, comunque, una funzione necessaria, corrispondente ad un bisogno sociale che esiste. D’altronde il fatto che, per iniziativa di gruppi di medici, simili strutture comincino a svilupparsi con successo sul territorio è la dimostrazione che corrispondono ad una necessità.
Per questo l’iniziativa chiede anche che negli ospedali regionali e negli ospedali di zona venga organizzato, nell’ambito del servizio di Emergenza e Pronto soccorso” o in forma separata, un servizio ambulatoriale di medicina generale al quale ogni persona ha il diritto di rivolgersi in qualsiasi momento.