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repowerDiciamolo subito e chiaro: non condividiamo la decisione presa dalla maggioranza del consiglio comunale di Bellinzona di acquistare (con un investimento che nell’arco di alcuni anni ammonterà ad una trentina di milioni) una partecipazione minoritaria del 4% della Repartner AG, società controllata da Repower, società quotata alla borsa svizzera. Per questa ragione invitiamo tutti i bellinzonesi a firmare il referendum (scarica il formulario).

Si tratta in questo modo non solo di contestare la decisione concreta, assunta dalla maggioranza in consiglio comunale; ma, a nostro avviso, si tratta, soprattutto, di contestare la logica di sviluppo, non solo delle AMB ma della politica energetica cantonale, nella quale si inserisce questa decisione.

Giù le mani da cosa?

Preliminarmente ci pare tuttavia anche necessario spiegare per quale ragione non abbiamo aderito al comitato che ha lanciato il referendum, composto da PPD, Lega, Verdi, Bellinzona Vivibile e PC.
Prima di tutto ci pare che le motivazioni dei referendisti (per lo meno quelle sulla cui base comune è stato lanciato il referendum) siano assai discutibili. A cominciare dal nome del comitato stesso “Giù le mani dalle AMB” che stravolge assolutamente l’uso dello slogan coniato dalla lotta delle Officine.
Non ci pare che con la decisione presa si voglia in qualche modo “distruggere” le AMB; in ogni caso i ruoli, dal punto di vista strettamente pratico, sono un po’ invertiti: sono piuttosto le AMB a “mettere le mani” su una parte di un’altra società, attraverso l’acquisizione di una quota di minoranza.
A questo va aggiunto il ruolo sicuramente ambiguo, è il minimo che si possa dire, svolto da forze politiche come il PPD e la Lega. Non solo perché hanno a suo tempo volevano vendere le AMB, ma anche perché queste forze politiche non esitano a stringere alleanze con i grandi produttori di energia elettrica, magari solo per ragioni finanziarie (chi non ricorda l’investimento delle AIL, caldeggiato da Bignasca, attraverso l’acquisto di una partecipazione azionaria in Alpiq?)
E con che faccia il PPD, grande manovratore in seno all’AET e grande sponsor di Giovanni Lombardi, neopresidente di AET (come noto contestato di recente, per i suoi conflitti di interesse, da Ronny Bianchi)

Cambiare logica

La decisione del consiglio comunale vorrebbe rispondere ad un problema: aumentare la produzione propria e riportare il rapporto tra energia prodotta ed energia distribuita ad una percentuale vicina a quella di alcuni anni fa. Rimanendo, comunque, una quota minima rispetto al totale dell’energia distribuita per la quale si dovrà continuare a far capo ai grandi produttori.
Accettare di muoversi in questa direzione significa accettare la logica concorrenziale e di mercato. Una prospettiva che vuole che le aziende comunali (di distribuzione o di produzione) sviluppino una logica di mercato e di concorrenza una contro l’altra; senza, tra l’altro, tenere in considerazione il fatto che il Ticino possiede non solo una grande azienda di produzione, ma una futura possibile dinamica di aumento della produzione pubblica di energia elettrica non certo secondaria, nella prospettiva, non più così lontana, del riscatto di alcune concessioni.
In questo senso la soluzione più favorevole all’economia del cantone, in una prospettiva di interesse pubblico, nonché migliore per i consumatori, sarebbe quella di una grande azienda cantonale di produzione e distribuzione, attraverso una trasformazione dell’AET in azienda di produzione e distribuzione finale e l’assunzione da parte sua delle aziende locali di distribuzione e produzione.
Certo, si potrebbe dire, finché i partiti maggiori non cambiano l’orientamento che hanno imposto all’AET da sempre (produzione e distribuzione solo per grandi consumatori) questa strategia non potrà avanzare. Ma è anche vero che gli stessi partiti che siedono in Consiglio comunale a Bellinzona (e sono i rappresentanti dei partiti della seconda città del Ticino) non hanno mai fatto nulla per mutare l’orientamento di AET (con la lodevole eccezione, proprio di questi giorni, dei Verdi che, non sappiamo se stimolati anche dalla nostra presa di posizione, hanno cominciato a tematizzare la questione, annunciando interventi parlamentari).
La battaglia per una radicale trasformazione del sistema energetico pubblico cantonale è appena cominciata. E se la si vuole condurre a buon fine bisogna evitare di sprofondare sempre più nel particolarismo comunale o regionale, accettando la logica che lo sorregge. Ed è quanto fa, purtroppo, la decisione del consiglio comunale di Bellinzona.