I bombardamenti su Gaza devono cessare!
Il blocco di Gaza deve finire!
Stop alla colonizzazione della Cisgiordania!
Applicazione di tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite!
Nessuna collaborazione tra l’apparato militare-industriale di Israele e della Svizzera!
Dallo scorso 8 luglio la potente macchina da guerra israeliana ha investito Gaza. In realtà, è da decenni che questa stessa guerra viene condotta in un crescendo sempre più mortifero. Una guerra tesa a controllare, molestare, murare, imprigionare, espellere uomini e donne palestinesi. Costringendo in questo modo centinaia di migliaia di rifugiati a, letteralmente, marcire nei campi-ghetto in Libano, in Giordania, in Siria.
Questa guerra deve finire: è un compito storico difficile, ma fondamentale per l’emancipazione di tutti i popoli. Questo compito poggia sulla spalle ferite del popolo palestinese e sulla sua volontà indomabile, nonostante tutte le sue sofferenza. Esso può contare inoltre sulla lotta contro tutti i poteri autocratici della regione, complici dei diversi imperialismi.
In Europa, come in Svizzera, tutte le forme di solidarietà con il popolo palestinese – ed i suoi fratelli nella regione – sostengono questa lotta per la liberazione nazionale contro uno Stato colonialista. Una solidarietà decisa, continua, concreta – al di là della sua dimensione modesta- che è parte di un imperativo etico universale. Essa è sentita come tale dagli oppressi della Palestina storica. Una fraternità risentita come tale anche dagli Arabi israeliani.
Una minoranza, in Israele, che si oppone alla guerra e alla politica colonizzatrici del governo, può comprendere il significato di azioni di solidarietà per i diritti del popolo palestinese poiché fondate su principi che il sionismo fondamentalista non è riuscito a cancellare. E questo può aprire qualche breccia nell'”unità nazionale sionista” ricostruita a colpi di guerre definite come difensive.
Di fronte a queste continue guerre contro il popolo palestinese, il primo dovere della solidarietà è quello di diffondere rivendicazioni centrali sostenute dalla società civile palestinese:
• un popolo che vive una condizione di occupazione ed oppressione ha il diritto di difendesi e di porre fine all’occupazione e alla colonizzazione di territori riconosciuti dalla comunità internazionale come suoi;
• lo smantellamento del muro di separazione;
• la fine della creazione di nuove colonie e la realizzazione di un piano regionale per la dislocazione di quelle realizzate in aperto contrasto con la risoluzione 446 Consiglio di Sicurezza del 22 marzo 1979. Essa affermava che “questi insediamenti di popolazioni nei territori palestinesi e in altri territori arabi occupati dopo il 1967 non hanno alcuna validità legale e costituiscono un serio ostacolo al raggiungimento di una pace globale, giusta e duratura in Medio Oriente “;
• la realizzazione di un’iniziativa intergovernativa al fine di garantire il diritto al ritorno e l’indennizzo dei rifugiati, ai sensi della risoluzione 194 del 1948 dell’ONU;
• l’interruzione dell’occupazione mascherata di Gaza attraverso il blocco e il rifiuto di un’amministrazione sotto mandato internazionale della Striscia di Gaza;
• la liberazione di tutti i prigionieri politici palestinesi, imprigionati due volte dal potere israeliano;
• l’ applicazione rigorosa di tutti i diritti fondamentali dei cittadini arabi di Israele, il che comporta la dissoluzione del sistema di segregazione che li colpisce.
Un vasto movimento di solidarietà in Svizzera – di là del suo aspetto pluralistico – deve mettere l’accento su:
• La fine immediata di qualsiasi collaborazione militare e cooperazione in materia di armamenti tra la Svizzera e lo stato di Israele. La Svizzera deve annunciare immediatamente e definitivamente all’acquisto di droni israeliani; in questa prospettiva possono essere sviluppati gli obiettivi della campagna internazionale BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni contro Israele);
• la convocazione da parte delle autorità svizzere, in qualità di Stato depositario delle Convenzioni di Ginevra, di una conferenza per l’applicazione del diritto umanitario;
• il sostegno alle iniziative internazionali tese a realizzare un’indagine completa sull’operazione “Margine di protezione”, in modo da permettere che qualsiasi denuncia depositata presso la Corte penale internazionale da parte dei rappresentanti della società civile palestinese possa avere effetti sul piano giuridico ed economico;
• il riconoscimento dello statuto di rifugiato politico ai Palestinesi presi di mira dal potere militare e poliziesco israeliani, così come a tutte le persone a rischio di morte, di tortura e di detenzione da parte dei governi autocratici della regione e delle forze oscurantiste e criminali dello Stato islamico.