In un contesto europeo di recessione e di deflazione, di guerra nella parte orientale del continente e della crescita delle forze di destra e di estrema destra, la Francia ha una peculiarità: è il paese che combina l’ascesa di una estrema destra di origine fascista con una crisi politica acuta, di governo ed istituzionale.
Le dimissioni del primo governo Valls, dopo appena 4 mesi dalla sua formazione e la nomina di un secondo governo Valls sono la nuova espressione di questa crisi politica, che le istituzioni della V Repubblica riescono a contenere sempre meno. La risposta dell’equipe al potere a queste convulsioni è l’approfondimento del corso neoliberista e la preparazione di una politica autoritaria. C’è piena corrispondenza tra una politica di austerità che non ha precedenti e la composizione di una squadra di governo decisamente liberale, in particolare con la scelta del ministro dell’economia, un socio dirigente della banca di affari Rothschild, Emmanuel Macron, che afferma con voce forte e sicura che “la sinistra classica è una stella spenta” e che occorre distruggere “l’economia statutaria”, con tutte le acquisizione sociali e le normative pubbliche che ancora proteggono i lavoratori salariati.
Numerosi commentatori ed anche alcuni deputati del PS hanno parlato di provocazione per caratterizzare la nomina di questo banchiere al governo.
Un governo neoliberista
La scelta di questo secondo governo Valls (il primo ha governato dal 31 marzo al 24 agosto) è una fuga in avanti nell’applicazione della politica oggi soprannominata dell”offerta”, una politica al servizio dei profitti capitalisti, con sempre maggiori aiuti ai padroni, e sempre maggiore austerità, con un progetto di bilancio imperniato su un regalo di 40 miliardi di euro alle imprese e una drastica riduzione delle spese sociali e degli investimenti per i servizi pubblici.
Queste misure corrispondono alle pressioni dei mercati finanziari e alle esigenze del pagamento del debito e dei suoi interessi su cui si sono allineati anche Hollande e la direzione del Partito socialista. Questa politica, per altro ha ricevuto una vera e propria ovazione durante un discorso di Valls al convegno estivo (Université d’été) del Medef (27 agosto 2014) da parte dei padroni (1) (Il Medef è l’associazione padronale francese che corrisponde alla nostra Economiesuisse, ndr.).
Questo governo è l’espressione diretta di un’alleanza aperta con il padronato nel quadro del cosiddetto “patto di responsabilità”.
Parliamo di una austerità senza precedenti perché, a differenza delle politiche di austerità della fine degli anni ’70 o degli anni ’80, l’offensiva neoliberale attuale ha come obbiettivo la distruzione di ciò che resta delle conquiste sociali strappate dopo il 1944-45 (nel marzo 1944, il Programma del Consiglio nazionale della Resistenza definiva i contorni dello “Stato sociale francese”).
Nella competizione mondiale che impazza tra gli Stati Uniti e i paesi emergenti come la Cina e il “nucleo duro” dell’Europa, le classi dominanti francesi e la borghesia francese hanno deciso di rompere il “modello sociale europeo”, o quello che ne resta ancora: l’obiettivo è di ridurre i salari tra il 20-30% come in Grecia, in Spagna o in Portogallo. Questa operazione passa attraverso la diminuzione o il blocco dei salari, ma anche attraverso l’aumento della giornata lavorativa. Il ministro banchiere ha già dichiarato in una intervista al settimanale Point che gli accordi aziendali possono rimettere in discussione le 35 ore. L’agenda sociale del padronato e del governo è di proseguire nello smantellamento della Previdenza sociale, di far saltare per aria i contratti collettivi (di settore e su scala nazionale: un modello svizzero di questo tipo è stato presentato durante l’ultima convegno estivo del Medef) e il codice del lavoro, dando la priorità agli accordi di impresa e di ridurre i servizi pubblici.i
Fino ad oggi la realtà dell’economia e della società francese, la 6° potenza mondiale, ha ammortizzato lo choc delle controriforme se si confronta la situazione francese con quella dei paesi dell’Europa del Sud, ma le esigenze del padronato e le scelte attuali del governo indicano che vogliono passare a una marcia superiore.
Una crisi politica aperta
L’origine di questa crisi politica è il cambiamento storico prodotto dai governi che si sono succeduti che hanno distrutto brutalmente le condizioni di lavoro e di vita di milioni di persone. Queste politiche sono largamente rigettate e provocano tanto più una crisi di rappresentanza perché le istituzioni e i partiti tradizionali non sono altro che i referenti dei mercati finanziari e delle transnazionali capitaliste.
Perché, se le istituzioni della V Repubblica permettono ancora a Francois Hollande di governare, esse non possono più mascherare la realtà dei rapporti di forza reali nel paese. La politica di Hollande e di Valls è minoritaria nel paese ed è minoritaria nello stesso partito socialista. (2)
Fino a quando il Presidente e il governo riusciranno a tenere?
Ricordiamo che la politica di Valls non ha raccolto che il 5,63% dei voti durante le primarie del partito socialista per la Presidenza della Repubblica (che si sono svolte nell’ottobre 2011). Se a questi si aggiungono coloro che sostengono Hollande si può arrivare dal 15 al 20% del PS.
Il governo può mettere in riga la sua maggioranza parlamentare sulla base degli articoli (49.3) della Costituzione, esigendo un voto di fiducia alla sua politica.ii Basterà questo? Non si può scartare del tutto l’ipotesi di un governo minoritario all’Assemblea nazionale. A partire da questo, due ipotesi sono possibili: un nuovo governo socialista o lo scioglimento dell’Assemblea nazionale. La minaccia di uno scioglimento può costringere i deputati socialisti ad allinearsi, soprattutto nella situazione attuale in cui nuove elezioni determinerebbero certamente una larga vittoria alla destra e all’estrema destra e un processo di spappolamento del PS. Ma i deputati socialisti sanno anche che Hollande e Valls li stanno portando verso l’abisso.
Le divisioni della destra e la pressione dell’estrema destra
Quello che incombe oggi sul paese è che il crollo del PS lasci il posto a una forte crescita della destra e del fronte nazionale, nel contesto dell’ascesa del razzismo e di ogni idea reazionaria. Fin dove arriverà il numero di voti che andranno al Fronte nazionale, sia in caso di elezioni anticipate, sia nelle scadenza normale delle elezioni presidenziali nel 2017?
E’ la questione che si pone e che sovradetermina tutta la situazione a destra. Quale sarà anche la situazione di una UMP (Unione per un Movimento Popolare, il partito della destra ndr.), vicina all’implosione come risultato delle sue storie di corruzione e della guerra tra i suoi capi? Intorno a questi interrogativi possono nascere delle riorganizzazioni della destra che possono prodursi intorno al Fronte nazionale e a una destra autoritaria e populista, ma anche intorno a dei “centri politici” disposti, sotto la guida dell’Unione Europea e del governo di coalizione tedesco tra la CDU e l’SPD, a formare una coalizione di unità nazionale che vada dal PS e dai verdi fino al centro destra.
Non siamo a questo punto, perché, in particolare le istituzioni e il modo con cui si forma la rappresentanza impediscono la costituzione di una coalizione di Unità Nazionale.
Infine tutti i sondaggi indicano che il PS sarebbe spazzato via dalla destra e dall’estrema destra. Da questo punto di vista la presenza di una candidato PS non è certo assicurato al secondo turno delle presidenziali; solo una divisione aperta della destra potrebbe lasciargli un certo spazio.
Lo spettro dell’esplosione e dell’affondamento del PS
La traiettoria “social-liberista” del Partito socialista non è una novità. La sua integrazione nei vertici dello Stato e del capitale finanziario è avvenuta da molti anni. Si può dire che anche l’aggettivo sociale del termine social-liberista è di troppo. Il processo di trasformazione da partito socialdemocratico a “partito democratico” all’americana è molto avanzato. Anche lo stesso Jean-Christophe Cambadélis, segretario del PS, riconosce che “l’identità del PS si è dissolta nella gestione”. Ma il costo di queste trasformazioni strutturali in questa fase di crisi storica provoca tensioni, confronti, crepe e spaccature.
Chi può prevedere quale sarà la situazione del PS nelle settimane e mesi a venire? Fino ad oggi un processo comparabile a quello del Pasok, il Movimento socialista panellenico che è affondato, sembrava da scartare, ma le scelte dell’equipe Hollande-Valls possono provocare il crollo del PS. Duecento deputati socialisti hanno firmato un appello di sostegno al governo, ma i deputati socialisti sono cento in più. Che cosa fanno o faranno gli altri? In questa fase le divisioni non sfociano nella formazione di correnti a sinistra.
E’ possibile prevedere, di fronte al fallimento di Hollande-Valls una riorganizzazione dell’apparato intorno a Martin Aubry che si è dichiarata contro la recente soppressione dei canoni d’affitto calmierati. O altri che si profilano, come “più a sinistra” della direzione attuale. Ma tutti questi, fino ad oggi, hanno accettato la politica di austerità. Inoltre tutti questi che fanno la fronda, diversi e variegati, hanno sostenuto ed anche partecipato a un governo che ha adottato la linea del “patto di responsabilità”, questo accordo scellerato con il padronato. Arnaud Montebourg (rimosso dal governo, ndr.) ministro dello Sviluppo produttivo, occupava un posto di primo piano in questa politica.
Ma “il troppo” può essere “troppo”. Il Partito socialista, secondo Cambadélis, ha perso più di 25 mila membri da due anni a questa parte. La crisi del partito è un dato della situazione attuale: quale sarà l’ampiezza delle divisioni interne, l’evoluzione degli uni e degli altri? Fino a che punto una situazione simile può aprire, nelle file dei militanti socialisti ed oltre, spazi per le interrogazioni, i dibattitti e la possibilità di azione contro le politiche di austerità?
E il Front de Gauche?
Questa crisi politica governativa rischia anche di accelerare le tensioni e le fratture all’interno del Front de Gauche (coalizione formatasi con le elezioni europee del 2009) La formula iniziale del Front de Gauche è “decaduca”. Un duro colpo gli è stato portato dalla scelta dei dirigenti del PC di allearsi, nelle elezioni municipali del 2014, nelle principali città con il Partito socialista. Il Partito comunista prosegue ora le sue discussioni con il PS per delle alleanze nelle prossime elezioni per il Senato del settembre 2014.
Il PCF ha un bel dire che i militanti socialisti non seguono il governo. Sta proseguendo la discussione con la direzione del PS, quella direzione che sostiene il governo Hollande-Valls. Quanto a Jean Luc Mélenchon (ex figura di punta del Front de Gauche), ha dato le dimissioni dalla direzione del Parti de Gauche (il suo partito e una delle formazioni iniziali del Front de Gauche) per gettare le fondamenta di un movimento per la VI Repubblica, attorno alla sua candidatura per le prossime elezioni del 2007.
Come si fa di pretendere di lottare per la democrazia e ispirarsi a metodi “bonapartisti”, che aggirano i partiti e rigettano la democrazia reale, di quelli ” da in basso”? La crisi della rappresentazione politica può riservare delle sorprese, ma, se Chavez ha avuto un ruolo progressista contro l’imperialismo americano nelle condizioni storiche specifiche dell’America Latina, un progetto di tipo “chavista” nell’Europa dell’inizio del XXI secolo, può costituire una risposta alla crisi?
Elementi di risposte anticapitaliste
In questa sfasatura tra la realtà del potere e quella dei rapporti di forza sociali reali, le tensioni sociali e politiche non possono che esacerbarsi e l’esplosione sociale e democratica può manifestarsi in qualsiasi momento e su qualsiasi questione. Né possono escludersi manifestazioni razziste e reazionarie. Quando le classi dominanti e gli apparati tradizionali non possono più risolvere i problemi brucianti della situazione con dei metodi parlamentari allora all’ordine del giorno c’è l’irruzione dei giovani e delle classi popolari.
Le polarizzazioni sociali e politiche tra una destra ultra del tipo “Tea Party2″all’americana e dei movimenti sociali radicali possono costituire uno degli elementi della situazione. Quali sono quindi le piste di una risposta democratica, radicale anticapitalista alla crisi?
1° La questione sociale resta al centro della situazione politica. Tutta la politica economica e sociale del governo deve essere respinta, a partire dal “patto di responsabilità” e dalla legge di bilancio che contiene i regali per i padroni e gli attacchi ai servizi sociali e alla sicurezza sociale.
La crisi è di una tale ampiezza con più di 5 milioni di disoccupati iii e una povertà che sta esplodendo che all’ordine del giorno non c’è certo un aggiustamento o una ripulitura del Patto di responsabilità con il Medef, ma un programma d’urgenza al servizio dei lavoratori e delle lavoratrici: divieto dei licenziamenti, aumento del salario minimo legale (SMIC) e dei salari, creazione massiccia di posti di lavoro pubblici, difesa delle 35 ore e riduzione dell’orario di lavoro, difesa della Previdenza sociale, nazionalizzazione dei settori chiave dell’economia sotto controllo dei lavoratori e pianificazione socio-ecologica, annullamento del debito illegittimo, rottura con i trattati europei.
La crisi è così profonda che le mezze misure non possono costituire delle risposte credibili e reggere nel tempo. Le esigenze delle classi dominanti sono così forti che il soddisfacimento dei bisogni sociali elementari non può evitare lo scontro con i mercati finanziari, il grande padronato e la sua rappresentazione politica e l’Unione Europea; tutto ciò implica la necessità di impegnarsi in una riorganizzazione anticapitalista dell’economia.
2° La crisi politica esige anche delle risposte democratiche radicali. Ancora una volta, le istituzioni della V Repubblica mostrano il loro carattere antidemocratico; quando la politica del governo è minoritaria nel paese, Hollande e il governo, concentrando tutto il potere, si impongono con la forza.
Per sciogliere questa crisi politica bisogna ridare la parola al popolo, ma il problema non è di sostituire una maggioranza con un’altra restando nel quadro di queste stesse istituzioni e di queste politiche di austerità condotte avanti dalla destra o dalla cosiddetta sinistra tradizionale.
Nello stesso tempo, che senso ha la rivendicazione della VI Repubblica se si mantiene, come rivendicano Malenchon e i responsabili del Front de Gauche, la chiave di volta delle istituzioni della V Repubbblica, cioè l’elezione del Presidente della Repubblica a suffragio universale?
Occorre un grande soqquadro istituzionale: uno smantellamento delle istituzioni della V Repubblica che ponga fine all’elezione di un Presidente della Repubblica e all’attuale sistema maggioritario a due turni. Più in generale, la crisi attuale della rappresentanza politica esige la rottura con le attuali istituzioni e l’apertura di un processo costituente che metta al centro la “democrazia reale”: delle assemblee elette a suffragio universale dal Comune fino a livello nazionale che decidano di tutte le questioni politiche sociali ed economiche. I mercati capitalisti non possono avere il sopravvento sulla democrazia. Sta al popolo e ai suoi rappresentanti di decidere e non ai banchieri e ai capitani di industria!
E’ quello che difenderanno gli anticapitalisti in un processo del genere. Questa nuova forma di democrazia deve anche comprendere la rappresentanza proporzionale di tutte le correnti e posizioni politiche. Bisogna impegnarsi in un processo di deprofessionalizzazione della politica. Gli stipendi degli eletti non devono superare il salario medio del paese. Il cumulo dei mandati deve essere escluso. I cittadini devono essere regolarmente consultati, al livello in cui le decisioni devono essere esercitate, attraverso assemblee o con referendum. In breve, “una democrazia del popolo attraverso il popolo e per il popolo”.
La situazione politica attuale bloccata impone che i lavoratori e le lavoratrici e le classi popolari facciano irruzione sulla scena politica e sociale. Naturalmente gli obiettivi sociali e democratici che difendono gli anticapitalisti necessitano di altri rapporti di forza sociali e politici, ma delle brusche svolte possono essere previste. Non bisogna lasciare la “censura” alle diverse manovre parlamentari o alla destra e all’estrema destra. Deve esprimersi nelle piazze.
Le nuove generazioni come quelle apparse durante gli scioperi della SNCF (le ferrovie francesi, ndr.) mostrano che i/le salariati/e quando le condizioni della lotte sono riunite e sono state riunite, resistono agli attacchi del governo e dei padroni, anche se ci può essere una sfasatura sostanziale tra la combattività e una coscienza politica anticapitalista.
Le manifestazioni contro l’aggressione israeliana a Gaza, testimonia anche della mobilitazione di un settore della popolazione dei quartieri popolari. Il 12 aprile scorso una coalizione di sindacati, associazioni e partiti ha raccolto dozzine di migliaia di manifestanti contro le politiche di austerità. Bisogna sottolineare che in queste mobilitazioni, l’NPA insieme ad altri, ha avuto un ruolo positivo. Occorre ora raddoppiare gli sforzi in questo percorso unitario e riunire tutte e tutti quelle/i che vogliono opporsi, da sinistra, alla politica del governo, su degli obiettivi e delle rivendicazioni concrete, come il rifiuto del bilancio Holland-Valls. Ogni passo in avanti nella mobilitazione popolare deve essere sostenuto.
Ma non bisogna, ancora una volta, ricadere nei vecchi percorsi “più a sinistra”, ma che restano nel quadro delle politiche dell’austerità o delle istituzioni attuali. Di fronte alla crisi politica che disorienta e smobilita il popolo di sinistra, serve l’azione e la discussione comune, ma certo non per finire a rimorchio di ex ministri che solo fino a poco fa sostenevano il patto di responsabilità. Essere efficaci contro il padronato, le destre e l’estreme destre significa la rottura con tutte le politiche dell’austerità e l’indipendenza netta di fronte al partito socialista e a tutte le forze che si allineano con lui.
E’ in questo quadro che possono costruirsi gli elementi di una alternativa o di un raggruppamento anticapitalista.
i Numerosi padroni francesi, in questo convegno hanno vantato i meriti della legge del lavoro svizzero che si articola in 32 pagine nelle quali l’esposizione delle deroghe occupa molto spazio. I padroni non hanno menzionato la condanna dell’OIT (organizzazione Internazionale del Lavoro, organismo dell’ONU) delle pratiche padronali svizzere sui licenziamenti dei delegati dei dipendenti che sono comparabili a quelle dei paesi dell’America Centrale ( Redazione di A l’Encontre).
ii L’articolo 49 della Costituzione della V Repubblica (1958) al comma 3 permette al governo di imporre all’Assemblea l’adozione immediata di un testo e senza voto; l’Assemblea non può opporsi se non rovesciando il governo attraverso una mozione di censura come dispone il comma 2. (Redazione di A l’Encontre)
iii Da nove mesi il numero dei disoccupati appartenenti alla categoria A è in crescita. A fine luglio secondo i dati ufficiali dell’INSEE, il numero di coloro che cercavano un’occupazione della categoria A (senza nessuna attività) era di 3.424.400. Sommando a questi quelli della categoria B (alla ricerca di un lavoro avendo esercitato una attività di breve durata con meno di 78 ore per mese) e quelli della categoria C (alla ricerca di un lavoro e avendo avuto una attività corta con più di 78 ore lavorate nel mese), si raggiunge un totale di 5.083.800 nella Francia cosiddetta metropolitana. Questa cifra è in crescita dello 0,8% (+ 40.600 disoccupati) rispetto al mese precedente e del 5% sull’anno precedente. (redazione di A l’Encontre)