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NAPOLITANOPuntuale come un orologio è arrivata l’esternazione del Presidente della Repubblica di pieno sostegno all’azione di Renzi e all’attacco all’articolo 18 e ai diritti del lavoro. Ancora una volta Napolitano viola apertamente il suo ruolo di garante costituzionale intervenendo a gamba tesa nel dibattito politico e, per di più, su una materia fondamentale e decisiva come quella dei diritti della classe lavoratrice, oggi sottoposta a un’offensiva senza precedenti da parte delle forze padronali.

Non ci stupiamo delle prese di posizioni del Presidente che ha agito sempre, in tutti i passaggi politici e sociali decisivi, come supremo garante degli interessi della borghesia italiana nonché difensore e propugnatore delle politiche europee dell’austerità e del fiscal compact. La sua azione, anche se prevedibile, è nondimeno inaccettabile ed indecente; dall’alto del colle si unisce alla grande alleanza reazionaria che vede uniti tutti i partiti della destra, il centro sinistra, le varie forze padronali con la Confindustria di Squinzi in testa, ogni sorta di benpensante conservatore e naturalmente tutti i mass media.

Tutti uniti, tutti insieme per una resa dei conti definitiva con il movimento dei lavoratori, per far valere una sola legge: quella del comando dei padroni nelle aziende e nei luoghi di lavoro e quindi anche nella società. Una sola voce contro il presunto “conservatorismo”, cercando di costruire uno scontro generazionale tra “vecchi” lavoratori e giovani e meno giovani disoccupati e precari per imporre per tutti l’eguaglianza verso il basso, attraverso i bassi salari e la libertà di sfruttamento. Solo che, nonostante la grande campagna mediatica, è proprio la maggioranza dei giovani che pensa che l’articolo 18 sia un’utile tutela; l’esperienza di lavoro precario e di ricatti e prevaricazioni permette loro di capire che questa norma non è un totem desueto, ma uno strumento che, se pure parzialmente, protegge ancora quasi 7 milioni di lavoratori del settore privato.

Nel frattempo i lavoratori, “stupidamente conservatori”, continuano a morire come prima nei luoghi di lavoro, uccisi dal mancato rispetto delle norme, dai ritmi troppi intensi, dalla fatica, dall’arrivare in tempo: un dramma senza fine. Ieri alla Thyssen Krupp e all’Ilva di Taranto e in tante piccole e medie fabbriche, oggi a Rovigo dove 4 operai sono morti avvelenati dalle esalazioni dell’anidride solforosa, domani in tanti altri posti, nella indifferenza, nel cinismo e nell’ipocrisia di facciata.

Ma si sa: questa è la modernità che continua. Questa è la “vita”, questi sono i profitti e gli affari, quelli che vanno difesi e preservati.

Possiamo dire che ci fanno non solo un po’ schifo, ma molto schifo, questi personaggi, che dirigono le aziende capitalistiche o che ne curano gli interessi nei governi e nelle istituzioni? Le forze della sinistra, del movimento dei lavoratori devono raddoppiare gli sforzi per denunciarli, per aiutare le lavoratrici e i lavoratori ad individuarli sempre più come i nemici da combattere e a costruire un movimento che faccia valere i loro diritti e gli obbiettivi di difesa dei salari e dell’occupazione.

L’intervento e il metodo di Napolitano, che il “Fatto quotidiano” ha definito “non da democrazia costituzionale, ma da Libero Stato di Bananas”, non hanno solo l’obiettivo di condizionare l’opinione pubblica, ma anche di mettere nell’angolo l’opposizione interna del PD. Su questa opposizione e sui suoi dirigenti, che in questi anni non hanno esitato a gestire le politiche dell’austerità nei governi delle larghe intese, naturalmente non c’è da farci troppo conto, tanto meno sulla loro determinazione ad agire fino in fondo e sul serio, ma tant’è: “meglio metterli a tacere subito, prima che nel paese possa manifestarsi una vera e ampia opposizione sociale e non lasciare che si determini alcuna crepa nel cammino di Renzi”, deve aver pensato il Presidente della Repubblica.

Ma la sua azione è rivolta anche a condizionare la CGIL, che non è certo decisa ed incisiva, ma che deve in qualche modo tenere conto dei sentimenti di settori ampi di lavoratrici e lavoratori con una iniziativa parziale, e la FIOM, che ha già deciso di anticipare la manifestazione nazionale per cercare di condizionare il dibattito parlamentare sul Jobs Act.

Le difficoltà per riuscire a contrastare il disegno restauratore di Renzi e dello schieramento padronale capitalistico sono grandi, ma tutti i settori politici e sociali di classe e di sinistra debbono nelle prossime settimane impegnare in modo unitario le loro forze per utilizzare tutte le scadenze di lotta e di mobilitazione che sono state prospettare, per favorire al massimo la partecipazione dal basso, per non delegare le scelte politiche alle direzioni sindacali burocratiche, che hanno pesantissime responsabilità su quanto è successo in questi anni e sulla condizione presente dei lavoratori: per costruire le condizioni di una mobilitazione forte e prolungata, cioè di un vero e proprio sciopero generale.

La coalizione reazionaria benedetta dal Presidente della Repubblica può essere battuta solo con una grandissima prova di forza sociale di cui vanno costruite le condizioni organizzative e la credibilità politica.

 

Per un’analisi dettagliata del progetto governativo, Job Act, è utile il volantone preparato da “Il sindacato siamo noi – Opposizione CGIL”: