È risaputo che alla RSI l’utilizzo di manodopera precaria e con retribuzioni inferiori al CCL aziendale è pratica estesa e ricorrente. Anche alla RSI valgono i principi e le regole in voga in tutti i settori economici: dividi et impera. Il rapporto tra personale fisso, con contratto a durata indeterminata, coperto dal contratto collettivo aziendale ed il personale precario, suddiviso in molteplici statuti diversi (temporanei, a durata determinata, ecc) si va sempre più modificando a favore del personale precario. Il nostro rappresentante in Gran Consiglio Matteo Pronzini ha ultimamente presentato un’interrogazione al Consiglio di Stato.
Lo stesso direttore Canetta, ad inizio anno in una presa di posizione al portare Liberatv ha ammesso che esiste un problema nel rapporto tra ditte esterne ed RSI. Per Canetta vi è però una giustificazione, il personale esterno, precario, servirebbe per coprire i picchi, stagionali, non prevedibili o di carattere eccezionale. Una risposta presa a prestito, ancora una volta, dei manuali di relazioni pubbliche per neo direttori dell’economia privata.
Evidentemente, ed è giusto ricordarlo, Canetta con l’onore delle prestigiosa carica di direttore della RSI, ha pure ereditato questa “patata bollente”. La responsabilità principale è di chi lo ha preceduto, anche se pure lui negli ultimi anni aveva delle funzioni di direzione a Comano.
Una recente inchiesta, pubblicata nel corso del mese di maggio 2014, realizzata da Michele Andreoli e promossa dalle organizzazioni sindacali del settore, Associazione Ticinese dei Giornalisti (Impressum), Sindacato Svizzero dei Mass Media e Syndicom ha confermato con dati inequivocabili situazioni estese di precarietà. Anche il Seco è intervenuto, invitando le ditte che prestano personale alla RSI al rispetto di quelle poche e misere disposizioni legali in materia di locazione di manodopera. Sembrerebbe inoltre che tra Seco, Ufficio cantonale del Lavoro, ditte esterne e RSI vi siano in atto delle trattative alfine d’arginare la situazione.
Come indicato nella citata inchiesta “Paradossalmente, la RSI, l’impresa mediatica che offre le condizioni migliori al proprio personale (quello fisso evidentemente, ndr) , è anche quella che indirettamente provoca le situazioni più discutibili a livello di condizioni di lavoro nel settore dei media ticinesi. La RSI infatti, oltre a far capo al proprio personale, impiega dipendenti di altre ditte, i cosiddetti “service provider” o ditte esterne, sia come personale in prestito, sia appaltando lavorazioni.
Le modalità con cui è regolato l’utilizzo di queste prestazioni sono all’origine della situazione di precariato più estesa nel settore dei media ticinesi.”
Soprattutto nelle professioni tecniche quali cameraman, fonico, montatore, videomaker e regista monocamera il personale esterno supera il personale interno (rapporto 3 esterni e 2 interni).
Si tratta il più delle volte di personale che da oramai molti anni lavora per la RSI tramite agenzie esterne, con contratti annuali a catena, senza aver la possibilità di stabilizzare la propria situazione contrattuale. Inoltre questi rapporti di lavoro triangolare (RSI, agenzia esterna, lavoratore) sono su chiamata con un generico numero (non più di 100) di giorni di lavoro garantiti all’anno. Sia i contratti a catena che su chiamata sono sanzionati dalla giurisprudenza.
A livello di condizioni d’impiego i risultati dell’inchiesta attestano che complessivamente la retribuzione lorda non si discosta molto dai minimi garantiti dal Codice delle obbligazioni e dunque molto inferiore dal CCL aziendale. Sommando l’occupazione a tempo parziale imposta e le differenze tra contenuti del Codice delle Obbligazioni e CCL si arriva, ad esempio per un cameraman ad una differenza di 21’000 franchi annui.
Come scrivevamo in apertura di quest’articolo la politica delle Risorse Umane, come vengono definite le salariate ed i salariati, nel gergo padronale in atto alla RSI è simile alla politica messa in atto in tutti i settori economici, privati e pubblici. Una politica che cerca di rimettere in discussione quelle poche tutele e garanzie che sopravvivono nel mondo del lavoro per i salariati.
Quanto vi è in atto alla RSI è altresi un ulteriore esempio di quanto noi da tempo andiamo sostenendo sulla politica del DFE e del Consiglio di Stato, con il sostegno di tutte le forze politiche, dai Verdi all’UDC, passando per PS e Lega. Oggi lo istituzioni, con tutto il carrozzone di commissioni paritetiche e tripartite promuove il dumping, promuove con la precarizzazione delle condizioni di lavoro in questo cantone. A questo proposito vale la pena ricordare che la RSI ha un chiaro mandato di servizio pubblico, che non dovrebbe includere lo sviluppo di relazioni lavorative precarie. Nella Corsi, struttura di direzione della RSI il Consiglio di Stato, dunque l’autorità politica cantonale, partecipa con quattro suoi rappresentanti, ai quali si aggiunge un ulteriore rappresentante del Canton Grigioni. Il minimo che ci si dovrebbe aspettare da questi rappresentanti è che essi si facessero promotori di una politica che escludesse la presenza di condizioni precarie alla RSI.
Da ultimo è importante ricordare che ancora nel recente passato la fantomatica Commissione Tripartita (preposta al controllo del mercato del lavoro) è intervenuta, in settori economici molto meno importanti numericamente, economicamente e socialmente, promuovendo dei contratti normali di lavoro. Altra cosa è il risultato ottenuto considerato che con i suoi interventi la Commissione Tripartita ha sempre decretato un salario minimo di riferimento attorno a 3000 franchi mensili.
Viceversa nel settore dei media la Commissione Tripartita, che tra i suoi membri annovera anche rappresentanti sindacali, fino ad oggi non ha ritenuto necessario metterci mano. Forse la paura di non più venir intervistati dalla RSI ha prevalso….