Poche settimane orsono la Commissione tripartita in materia di liberala circolazione delle persone ha comunicato di aver proposto al Consiglio di Stato l’introduzione di due nuovi contratti normali di Lavoro (CNL): uno per il settore orologiero, l’altro per quello degli impiegati di commercio nelle fiduciarie.
Due nuovi CNL, se verranno – come appare verosimile – messi in vigore dal governo, che si aggiungono a quelli già in vigore in altri settori: saloni di bellezza, impiegati di vendita nei negozi con meno di 10 dipendenti, impiegati di commercio nel settore della consulenza aziendale, call center e qualcuno altro di minore importanza. In tutto, se questi due nuovi CNL entreranno in vigore, saranno circa 15’000 i lavoratori e le lavoratrici sottoposti in Ticino ad un CNL.
Le proposte salariali contenute in questi due nuovi CNL non fanno che confermare quanto, a più riprese, abbiamo scritto su questo giornale. E cioè che la politica condotta attraverso i CNL fissa salari legali, cioè validi per tutti coloro che lavorano in Ticino – indipendentemente dal fatto che ci vivano – estremamente bassi.
In questo modo essi permettono teoricamente (ne parleremo più avanti) di evitare che vengano pagati salari nemmeno degni di tal nome (1’500 – 2’000 franchi); ma soprattuto, ed è questo il punto, introducono livelli salariali estremamente bassi (ormai il salario di riferimento – legale – diventano i 3’000 franchi mensili) che attirano verso questo basso livello l’insieme dei salari pagati in Ticino. I salari, si badi bene, non solo del settore interessato, ma di tutto lo spettro delle attività economiche.
In questo modo le cosiddette misure di accompagnamento, che in linea teorica avrebbero dovuto proteggere dal dumping salariale, cioè da una spinta verso il basso dei salari (possibile e prevedibile conseguenza dell’aumento della libera offerta di manodopera a seguito degli accordi bilaterali) diventano uno strumento vero e proprio di dumping, alimentando, sul medio-lungo termine, una spirale infernale di discesa verso il basso di tutto lo spettro dei salari pagati in Ticino.
Salari bassi, molto bassi…
I due nuovi CNL non smentiscono, a livello di fissazione dei salari, quanto intrapreso negli anni scorsi con gli altri CNL promulgati dal governo su proposta della stessa Commissione tripartita (con la silenziosa complicità, va ricordato, dei rappresentanti sindacali che vi siedono). Per il settore orologiero (nel quale lavorano complessivamente circa 2’500 persone, 1’400 delle quali sottoposte al contratto collettivo di lavoro – CCL del settore) è previsto l’adeguamento ai salari fissati dal CCL di categoria che prevede un salario di 3’000 franchi mensili per un orario settimanale di 40 ore – Fr. 18.75 l’ora).
Per gli impiegati di commercio attivi nelle fiduciarie il salario minimo orario sarà di Fr. 19.35, corrispondente ad un salario di 3’250 franchi per 13 mensilità e un orario di 42 ore settimanali. Anche in questo caso il salario fissato nel CNL ha preso come punto di riferimento il contratto collettivo di lavoro (CCL) del settore, firmato da camera di commercio e associazioni sindacali del settore.
D’altronde la fissazione di questi salari non deve sorprendere. Fin dall’inizio della messa in atto di questi salari minimi sulla base dei CNL la linea è stata chiara: si considera un salario adeguato un salario che ruota attorno ai 3’000 franchi mensili (cioè un salario che oscilla, a seconda dell’orario di base settimanale, tra i 18 e i 19.00 franchi l’ora. La tabella che pubblichiamo in questa stessa pagina illustra molto bene come questa linea si stia concretizzando, con il risultato di far apparire come “adeguato” un salario minimo mensile di 3’000 franchi; e questo indipendentemente dai settori. Infatti, come possiamo vedere sempre dalla tabella, questi salari riguardano CNL che coprono tutto lo spettro delle professioni, siano esse considerate “industriali” o “terziarie”.
Certi CCL fanno comodo… al padronato e allo Stato
Come abbiamo fatto notare in questo meccanismo di costruzione del dumping, nel quadro dell’applicazione delle cosiddette misure di accompagnamento, i contratti collettivi di lavoro (CCL) stipulati tra sindacati e organizzazioni padronali giocano un ruolo fondamentale.
D’altronde non si tratta di una sorpresa: tutto il meccanismo delle cosiddette misure di accompagnamento aveva come fondamento il cosiddetto sistema dei contratti collettivi di lavoro vigente in Svizzera. Il loro potenziamento, la loro estensione, il riferimento ai loro contenuti erano, e purtroppo restano, la base del discorso che ha unito nella campagna a sostegno dei bilaterali (ed in parte unisce ancora), padronato e organizzazioni sindacali.
In realtà il padronato, cosciente della debolezza di fondo sia del movimento sindacale sia del sistema dei CCL (basti pensare che solo circa il 40% dei lavoratori è sottoposto ad un CCL), era sicuro di poter contare proprio su questi aspetti di debolezza per realizzare il suo progetto, in parte legato agli accordi bilaterali: cioè la diminuzione del costo del lavoro attraverso una diminuzione lenta ma inesorabile dei livelli salariali per la stragrande maggioranza dei salariati.
Salari minimi contrattuali e salari effettivi
Uno degli aspetti che ha caratterizzato lo sviluppo della politica salariale attraverso i CCL in questi ultimi due decenni è stato il progressivo aumento del divario tra i salari minimi fissati nei CCL e i salari effettivamente pagati mediamente nel settore coperto da un determinato CCL.
Si potrebbero fare molti esempi per illustrare questa dinamica. Prendiamo, proprio come esempio significativo, quanto succede nell’industria orologiera. Qui abbiamo salari minimi che variano da cantone a cantone: non vanno, tuttavia, oltre i 3’700 franchi mensili., spesso sono molto più bassi. Se invece guardiamo a quanto ammonta il salario orologiero mediano (che viene, ad esempio, utilizzato come punto di riferimento per il calcolo degli adeguamenti salariali) scopriamo che esso è attualmente di 5’300 franchi, cioè il 43% superiore al salario minimo.
È una delle maggiori colpevoli responsabilità (tra le numerose altre) delle organizzazioni sindacali di aver “snobbato” la questione dei salari minimi contrattuali e di aver permesso che tra questi e i salari effettivamente versati si creasse un fossato enorme.
Ed oggi questo fossato agisce proprio come strumento nelle mani del padronato (attraverso i governi e le commissioni tripartite cantonali e nazionali) per imporre salari minimi legali che, molte volte, hanno proprio come punto di riferimento i miserabili salari minimi fissati in CCL.
Certo, in alcuni casi – come quello degli impiegati di commercio in Ticino – si tratta di contratti collettivi di lavoro fissati a tavolino, senza alcun intervento da parte dei salariati, e con delle rappresentanze sindacali che non rappresentano proprio nessuno, veri e propri organismi burocratici che ricevono una compiacente patente di rappresentatività solo da padroni e Stato interessati alla loro docilità ed indefesso spirito collaborativo.
Ma anche sindacati che si fregiano del “label” di “veri” e “unici* sindacati, che millantano un atteggiamento “combattivo”, non sfuggono a questa regola. Basti pensare a contratti come quello del personale collocato dalle imprese di lavoro temporaneo.
I CCL, con queste loro manchevolezze, diventano quindi trasformati, nei loro aspetti salariali minimi, in contratti normali di lavoro. E questi ultimi non possono che giovarsene in credibilità, poiché traggono fondamento in CCL di categoria. Il gioco è fatto e la via al dumping è aperta con il concorso attivo, seppur indiretto, persino dei dirigenti sindacali che hanno sottoscritto tali contratti collettivi.
Senza azione sui luoghi di lavoro, il dumping continuerà
Fissare salari minimi (non certo di questo livello) è sicuramente importante. Ma senza la crescita di una presenza organizzata dei salariati sui luoghi di lavoro, difficilmente si potrà evitare la crescita di fenomeni di dumping.
Il CNL dei saloni di bellezza, già in vigore da qualche anno, è stato prorogato per altri tre anni. Alla base di questa decisione la constatazione da parte della commissione tripartita che «abusi salariali gravi» continuano a perdurare (oltre il 12.5% dei controlli effettuati).
E, siamo sicuri, negli altri settori retti dal CNL la situazione non è migliore. Una conferma che non possono esistere scorciatoie ad un’azione sindacale diretta sui luoghi di lavoro.