Ha vissuto un inizio d’autunno alquanto movimentato la nuova pianificazione ospedaliera cantonale. Dopo le prese di posizione da parte di vari esperti del settore (come Gianfranco Domenighetti, vedi il numero di settembre di Voce di Blenio) e l’iniziativa di semplici cittadini (come l’apertura della pagina facebook «Salviamo l’Ospedale bleniese»), nei giorni a cavallo tra settembre e ottobre si sono infatti susseguiti a ritmo serrato conferenze, dichiarazioni, incontri e comunicati stampa.
La rapidità con cui questi eventi si sono verificati crea qualche problema al nostro mensile che, come tale, rischia di seguire l’evolversi della faccenda con un certo ritardo. Ciononostante, proviamo a fare il punto della situazione, avanzando al contempo qualche modesta considerazione. Iniziamo questa breve cronaca dalla serata di mercoledì 24 settembre, svoltasi presso le scuole medie di Acquarossa. Ad animare l’incontro gli esponenti dell’MPS Giuseppe Sergi e Matteo Pronzini e il dottor Sebastiano Martinoli, chirurgo bleniese fortemente critico verso la nuova pianificazione. Nessun contraddittorio, nessun vero dibattito. Eppure la serata è stata proficua sia per aver di nuovo coinvolto la popolazione, sia per gli spunti emersi dallo scambio fra gli oratori e il pubblico presente. Spunti che si sono tradotti in due proposte concrete: l’organizzazione di una manifestazione popolare per ribadire il forte scontento dei cittadini bleniesi (da allargare anche alla Leventina e al Bellinzonese) e la richiesta, ad ogni deputato del Gran consiglio, di esprimere chiaramente la sua posizione in merito all’argomento. Pochi giorni dopo, da Bellinzona è giunta la notizia secondo cui la Commissione speciale della pianificazione, ancor prima di terminare le sue audizioni, ha comunicato al Consiglio di Stato una prima decisione di principio su uno dei temi contenuti nel messaggio relativo alla nuova pianificazione, messaggio che con ogni probabilità approderà in Gran Consiglio in novembre. Il contenuto della lettera è una decisa critica nei confronti della proposta di trasformare l’ospedale di Acquarossa (e con esso Faido, la clinica Varini di Orselina, l’ospedale Malcantonese di Castelrotto e la clinica ex San Rocco di Lugano, per un totale di 250 letti acuti) in un non ancora ben definito istituto di cura. Secondo i commissari, questi nosocomi devono essere mantenuti in un contesto ospedaliero, magari trasformandone i posti letto da acuti ad acuti di bassa soglia, garantendo cioè anche per il futuro la continuità a livello di presenza medico-ospedaliera, unica premessa che permetterebbe di garantire l’esistenza di un pronto soccorso degno di questo nome, cioè aperto 24 ore al giorno e tutti i giorni della settimana. Una buona notizia, certo, che però è stata immediatamente ridimensionata da un comunicato stampa dell’MPS, molto critico e scettico sugli effetti di questa dichiarazione che, secondo Sergi e Pronzini, «lascia del tutto irrisolta (…) la questione del futuro di ospedali come Acquarossa e Faido», sottolineando come le rivendicazioni contenute nella petizione presentata a maggio non abbiano ancora ricevuto risposte chiaramente positive. Gianni Guidicelli, membro della commissione, da noi contattato dopo la diramazione del comunicato dell’MPS, ha replicato ribadendo la chiarezza della dichiarazione di principio, firmata all’unanimità dai commissari: «Quello che abbiamo comunicato al Governo è chiaro: alla commissione questa impostazione che relega ad istituti di cura gli ospedali di Acquarossa e Faido non piace. Ritenendo che si tratti di un aspetto importante della pianificazione, abbiamo deciso di informare il Governo prima di terminare le audizioni. Nella commissione, ma credo anche nei colleghi del Parlamento, c’è comprensione per le rivendicazioni legate all’ospedale di Acquarossa, grazie anche all’azione di mobilitazione che c’è stata. Ci sono quindi le premesse affinché si possa trovare una soluzione che sia positiva per la nostra valle». Insomma, dalla politica sembrerebbe giungere un invito alla prudenza per non compromettere tutto il lavoro svolto finora in sede di commissione. Dall’altra parte si vorrebbe cercare di «battere il ferro finché è caldo». A tale proposito, un gruppo di cittadini, organizzatosi in un «Gruppo apartitico di sostegno», ha inoltrato lo scorso 3 ottobre una lettera ai promotori della petizione (comuni e ASCOBLE) sollecitandoli a «rilanciare la mobilitazione attraverso un momento d’incontro nel quale gli abitanti della valle possano mostrare pubblicamente il loro sostegno all’ospedale di Acquarossa e la loro determinazione nel difenderne l’esistenza oggi grvemente minacciata.» Vedremo come evolverà la situazione. Nel frattempo, a noi sembra opportuno non abbassare la guardia a nessun livello. Accanto al lavoro dei commissari e dei politici, troviamo necessario che continui e si allarghi l’opera di coinvolgimento della popolazione a tutte le regioni interessate dal pericolo di declassamento dei propri nosocomi. Ma ancora di più auspichiamo che, in questo delicato momento, il fronte a difesa dell’ospedale continui con lo stesso spirito di unità che, la scorsa primavera, aveva portato al Palazzo delle Orsoline poco meno di seimila firme.”
*Articolo apparso sul n° di ottobre 2014 della Voce di Blenio