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siriaI media di tutto il mondo, dando seguito alla carica suonata da Obama e dalla coalizione internazionale voluta dagli USA, hanno dato enorme spazio alla “barbarie” con la quale i guerriglieri dello Stato Islamico (IS) hanno ucciso una serie di occidentali (in particolare giornalisti). Le immagini sulle fasi che hanno preceduto la decapitazione di queste persone hanno fatto il giro del mondo, suscitato i commenti di governi e capi di Stato, di uomini di cultura, di intellettuali, tutti presi nella condanna di queste pratiche barbare.

Da qui l’iniziativa degli USA e della coalizione internazionale che ha cominciato a bombardare le postazioni dell’IS con l’obiettivo dichiarato di fermare questa “barbarie” e di fermare l’avanzata in Siria delle truppe dell’IS.
Mentre il mondo è intento a seguire questa guerra contro questa “barbarie”, in Siria continua ad andare in scena – e nel silenzio più assoluto dei media concentrati a narrarci la lotta contro l’IS – una vera e propria barbarie di dimensioni di massa. Una barbarie, condotta dal regime di Assad, che dura ormai da oltre tre anni e alla quale tutti gli Stati oggi impegnati a combattere la “barbarie” dell’IS, hanno assistito ed assistono senza alzare, concretamente, un dito.
La realtà è che in Siria si continua a morire per la politica barbara e massacratrice di Assad. Il quale continua, e lo fa ancora più intensamente approfittando dell’attenzione mediatica posta sulle azioni dell’IS, nella sua politica di annientamento della popolazione siriana insorta.
Gli ultimi mesi hanno visto continuare i bombardamenti (da quelli aerei e di mortaio tradizionali al lancio di barili di esplosivo, devastanti e terrificanti per la popolazione); hanno visto continuare l’uso di armi chimiche, di bombe a frammentazione, di missili terra-terra: in breve di tutto il terrificante apparato di cui dispone l’esercito siriano. A tutto questo continuano ad aggiungersi altre pratiche barbare: dalla sistematica tortura dei prigionieri, agli stupri, agli arresti quotidiani, agli assedi di intere zone, sospettate di essere in combutta con i combattenti dell’Esercito Siriano Libero (ESL).
Di fronte a tutto questo il mondo “libero”, quello che si emoziona – giustamente – di fronte alla “barbarie” delle decapitazioni, tace. E ribadisce, come hanno fatto di recente ancora gli americani, che per loro non è prioritario l’abbattimento del regime di Assad.
Che costoro applichino il classico metodo dei due pesi e delle due misure è stato confermato ancora di recente dall’atteggiamento del governo turco (pertanto membro della NATO e “nemico” di Assad e dell’IS) il quale si è guardato bene dall’intervenire, dal sostenere i combattenti curdi in lotta per la difesa della città di Kobane attaccata dall’IS. Addirittura impedendo, con la forza questa volta, che volontari curdi lasciassero la Turchia e attraversassero il confine per dar man forte ai loro compagni a Kobane. E di fronte alle proteste in Turchia per questo atteggiamento, il governo turco ha risposto con la repressione e con il sangue uccidendo decine di manifestanti.
Combattere la barbarie, veramente, significherebbe oggi sostenere quanti ogni giorni la combattono sul terreno; significherebbe rifornire di armi l’ESL, significherebbe impedire che l’aviazione siriana possa levarsi in volo e massacrare ogni giorni centinaia di persone.
Tutto questo non avviene. E con essa sparisce qualsiasi superflua credibilità della reale volontà degli USA e dei suoi alleati di voler veramente combattere la barbarie.

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