Lo scorso 3 novembre si è tenuta in piazza Sanin-Laurent (Losanna) un’azione di solidarietà con il personale delle cure a domicilio del canton Vaud . Una ventina di persone erano presenti di cui una decina del settore. Denunciavano l’introduzione del sistema RAI – Resident Assessment Instrument-Home-Care (RAI Domicilio) – nel settore delle cure a domicilio (1).
Questo sistema informatizzato implica il minutaggio dei compiti e il controllo dei salariati sul loro luogo di lavoro, una vera e prorpia degradazione delle condizioni di lavoro e della qualità dei servizi offerti dai professionisti del settore. Diversi militanti sindacali e politici hanno sostenuto l’azione. Il Movimento per il socialismo (MPS) era presente per sostenere questa lotta dei salariati del settore delle cure a domicilio contro la degradazione delle loro condizioni di lavoro. Questo contributo mira a mettere in evidenza alcuni elementi chiave della situazione di questo settore. (Red)
Da alcuni anni, tutto il sistema sanitario vive importanti trasformazioni. Le cure a domicilio non sono risparmiate (1). Nel canton Vaud, il personale del settore è stato recentemente confrontato con l’introduzione del programma IRIS, acronimo di Integrazione del RAI (Resident Assessment Instrument). Si tratta di un dispositivo elaborato negli USA nel 1983. Implica il minutaggio dei compiti e delle prestazioni fornite dai salariati del settore con lo scopo di condurre a un piano di presa a carico individualizzato. L’Associazione svizzera dei servizi di cura a domicilio (ASSAD) ha deciso di adottare il RAI-Domicilio per tutta la Svizzera, fatto che rappresenta una svolta per questo settore, in particolare con l’introduzione di strumenti mobili di lavoro (tablet) che permettono la tracciabilità di ogni prestazione fornita dal personale di cura e assistenza a domicilio. Il Ticino è stato il primo cantone a introdurlo nel 2001. Dopo un periodo di prova di 9 mesi in 10 CMS (Centri Medico Sociali) del Nord vodese nel 2012, questo sistema è entrato in vigore in tutto il canton Vaud il 1° novembre 2014. L’introduzione di IRIS ha delle conseguenze importanti sulle condizioni di lavoro del personale di cura a domicilio – costituito praticamente esclusivamente da donne – e su tutti i pazienti.
La “taylorizzazione delle cure”
Nei suoi tratti essenziali, il sistema RAI-Domicilio (vedi nota 1) è una procedura che segue cinque tappe:
1. Le infermiere o ergoterapeute devono procedere a una “valutazione globale e multidimensionale” della persona. Si tratta di riempire una griglia chiamata Minimum Data Set (MDS) per stabilire lo stato di salute e lo stato funzionale della persona negli ultimi tre giorni. Questo compito deve essere portato a termine in un’ora al massimo, nel corso dei primi sette giorni feriali.
2. Un programma calcola alcune scale di performance sulla base dei dati raccolti. Queste concernono la quantità di aiuto necessario, l’eventuale livello di depressione, le performance cognitive e motorie. Il programma calcola allora una tabella di allarme che dovrebbe definire i rischi per il paziente e i problemi di salute. A ogni rubrica d’allarme –cadute, dolori, fragilità del sistema di aiuto informale,…- corrispondono le rubriche del manuale RAI-Domicilio Svizzera che recensiscono la descrizione del problema e le strategie di intervento proposte, naturalmente, priori (sic!).
3. Sulla base di questa tabella, i salariati definiscono gli obiettivi della presa a carico ed elaborano un piano di intervento specifico. Le prestazioni fornite in seguito devono rispondere agli obiettivi fissati e notificati con l’aiuto del catalogo.
4. Le prestazioni sono in seguito fornite dal personale di servizio di cure a domicilio.
5. In seguito sono valutate secondo gli obiettivi prestabiliti. La valutazione può essere specificatamente legata a un aspetto o può comprendere l’insieme dello stato di salute misurato in precedenza.
Questo procedimento dovrebbe aumentare la qualità delle cure. In realtà pone almeno quattro problemi fondamentali.
1. Questo strumento intensifica fortemente il lavoro in questo settore.
Già nel 2012, in occasione della fase test del RAI, alcuni salariati di alcuni CMS losannesi avevano manifestato il loro malcontento. Denunciavano un sovraccarico di lavoro e un aumento dei ritmi che conduceva allo sfinimento. Intervistata da un giornalista del quotidiano 24heures, un’infermiera affermava: “Ho l’impressione di aver inghiottito un cronometro (…) A forza di correre, i componenti del team si ammalano, i burnout si moltiplicano…”. Il rapporto 2012 dell’Associazione vodese dell’aiuto a domicilio (AVASAD) segnala dei “picchi di assenteismo inquietanti” presso il personale dei CMS losannesi (2). Alcuni salariati hanno testimoniato di essere stati spiati attraverso il loro tablet, fatto che accentua la dinamica di controllo permanente sul lavoro, un grado di autonomia tendente allo zero, tipico del lavoro nell’industriale tessile, e assolutamente controproducente dal punto di vista delle cure che necessitano in continuazione un grado di improvvisazione, dunque di autonomia. È una tendenza in atto in altri settori, attestata ad esempio dall’introduzione, nel 2011, del sistema Distrinova alla Posta teso a meccanizzare lo smistamento delle lettere effettuata dai postini in preparazione del loro giro.
2. Questa intensificazione danneggia la qualità delle cure.
La pressione del minutaggio spinge i salariati del settore a “fare in fretta”. Scambiare due parole con i pazienti senza realizzare atti di cura previsti non è più possibile. C’è giusto il tempo di dire “buongiorno” e passare a un altro compito, a un altro paziente. Inoltre, se il principio delle cure a domicilio non a scopo di lucro basato sull’integrazione delle cure (cure assicurate sotto la responsabilità di un solo prestatore) sembra essere garantito, il lavoro interdisciplinare dei team subisce un mutamento importante. Il minutaggio dei compiti non comprende il tempo necessario affinché tutti coloro che intervengono nel processo di cura possano discutere della situazione della salute beneficiari, e quindi anche di quello che il programma non aveva previsto e calcolato. La diagnosi di malattie come l’Alzheimer precoce o uno stato di malessere generale è più complicata, o ritardato. A maggior ragione se il paziente non ha un sostegno familiare costante, come è spesso il caso.
3. La maggioranza dei professionisti e degli ausiliari di cura a domicilio lavorano a tempo parziale (50 o 60%) per arrivare a conciliare la loro attività professionale con le loro responsabilità familiari. La gestione informatizzata dei compiti da realizzare può sopprimere la regolazione informale nell’organizzazione degli orari, che prima avveniva tramite discussione con il responsabile. L’orario di lavoro “arriva già fatto” sul tablet e domandare delle modifiche diventa un’impresa. Un altro svantaggio per i salariati dei CMS, è che invece di ritrovarsi al mattino tutti insieme, iniziano direttamente la loro giornata al domicilio del beneficiario a partire dall’orario che hanno ricevuto. Perdono così il contatto con i colleghi.
4. L’inchiesta svizzera sulla salute 2012 si è concentrata in particolare sui rischi psico-sociali legati all’organizzazione del lavoro.
La presentazione dei dati per ramo di attività evidenzia che nel settore della salute, sociale e medico-sociale circa la metà del personale è sottoposto a una domanda di lavoro elevata, con un’intensità elevata e una debole autonomia (3). Un salariato su cinque si sente, sempre o quasi sempre in stato di stress. Il programma IRIS estende queste condizioni di lavoro a rischio per la salute dei salariati, aspetto che non è preso in considerazione da quelli che decidono, ma che è fortemente risentito dal personale toccato.
Il mercato delle cure a domicilio
Il settore delle cure a domicilio è destinato a svilupparsi a causa dei bisogni crescenti. Questo si spiega attraverso tre fattori fondamentali:
1. L’invecchiamento della popolazione
Un primo elemento è legato alla tendenza generale all’invecchiamento della popolazione. Secondo alcuni studi dell’Osservatorio della salute, malgrado un miglioramento generale dello stato di salute, il numero di persone di più di 65 anni che hanno bisogno di cure o di assistenza domestica passera da 125’000 a 182’000 tra il 2010 e il 2030, in aumento del 46%. Secondo l’ipotesi considerata per l’evoluzione della speranza di vita senza incapacità (4), le cifre calcolate per il 2030 variano: il numero di persone dipendenti raggiunge appena le 170’000 con lo scenario più positivo contro a più di 230’000 nello scenario più negativo (5).
I dati dell’Ufficio federale della statistica (UFS) attestano che dal 2000, il numero delle organizzazioni di cure a domicilio – comprese le infermiere indipendenti – è raddoppiato, passando da 738 a 1508 a livello svizzero, allorché il numero di pazienti è passato da 199’124 a 283’227 nello stesso periodo, il che rappresenta un aumento di circa il 42%. Nel canton Vaud, il numero di pazienti è aumentato del 38%, passando da 21’130 a 20’216 (6). Oggi ci sono 53 Centri medico-sociali (CMS) pubblici e 32 imprese private attive in questo cantone. Queste cifre sono rivelatrici di un bisogno. Bisogna poi aggiungere tutto l’aiuto fornito dai parenti (membri della famiglia, molto spesso donne). Nel 2013, 170’000 persone si occupavano di una parente dipendente in Svizzera. Hanno lavorato l’equivalente di 64 milioni di ore per un costo stimato di 3,5 miliardi. Nel canton Vaud, il contributo di queste persone è stimato in 50 ore settimanali.
2. L’entrata più tardiva in casa anziani
Oggi l’ammissione delle persone anziane in casa anziani è ritardata per almeno tre ragioni. In primo luogo, la generalizzazione delle cure a domicilio permette di restare più a lungo a casa prima di dover entrare in casa anziani. In secondo luogo il livello dei costi di soggiorno in casa anziani è molto più alto per le assicurazioni e le finanze pubbliche che i servizi di cure a domicilio (a causa del lavoro volontario dei parenti). Infine, non ci sono posti a sufficienza, e questo frena l’afflusso di pazienti in queste strutture.
Una controtendenza potrebbe manifestarsi nella misura in cui le autorità volessero condurre una politica di “messa al lavoro” dei cosiddetti “inattivi” (soprattutto persone di una certa età e donne), fatto che potrebbe limitare in avvenire la disponibilità per l’aiuto familiare.
3. La politica federale in materia di salute
Un secondo elemento concerne due fatti politici. Da un lato, il nuovo sistema di finanziamento ospedaliero in vigore dal 1° gennaio 2012 fa pressione sulla durata dei soggiorni ospedalieri. I pazienti lasciano più rapidamente l’ospedale, fatto che aumenta il bisogno di cure post-ospedaliere.
D’altro canto, la revisione parziale della Legge sull’assicurazione malattia (LAMal) del 2010 in materia di finanziamento delle cure mette sullo stesso piano tutti i fornitori. Ogni istituto ospedaliero – pubblico o privato – beneficia di un finanziamento del 55% da parte del cantone e del 45% dalle casse malati (7). Questa misura permette ai Servizi di cure a domicilio privati di fatturare le loro prestazioni secondo i termini della LAMal. Questi due meccanismi rafforzano la concorrenza sul mercato delle cure a domicilio aprendo ampi spazi d’azione alle imprese private.
È in questo contesto che si stanno sviluppando in modo importante le imprese private di cure a domicilio. Nel 2010, c’erano 168 imprese di cure a domicilio private in Svizzera, oggi sono almeno 273. Ebbene, le condizioni di lavoro offerte dalle imprese private sono molto peggiori (8). In generale, si calcola che i costi del personale per un posto di lavoro fisso, a tempo pieno, raggiungono i 91’337 franchi in un’organizzazione a scopo non lucrativo contro i 52’831 in un impresa a scopo lucrativo. Inoltre, la precarietà delle condizioni di lavoro è frequente: molti contratti sono temporanei, e i tragitti, le vacanze o le malattie spesso non sono indennizzati.
Tra queste imprese, c’è la società americana Home Instead che impiega un migliaio di persone in Svizzera o il raggruppamento di 27 società private che costituiscono l’Assistenza a domicilio per la città e la campagna SA che raggruppa diverse imprese attive nel paese. Queste imprese fanno pressione per sfuggire ai contratti collettivi (CCL) del settore… perlomeno dove esistono. Due strategie sono state finora evidenziate dai sindacati attivi nel settore. La prima, consiste nel firmare una sorta di “CCL del settore privato” direttamente con le associazioni del personale. Questa rappresenta un’alternativa ai contratti in vigore nel settore pubblico e prevede condizioni di lavoro peggiori. È la strategia implementata da Home Instead. La seconda consiste nell’assumere il personale secondo le condizioni del CCL dei lavoratori temporanei o ancora sotto altri CCL come quello del personale domestico (9). È la strategia di Assistenza a domicilio per la città e la campagna SA.
Per un approccio globale alla salute pubblica
L’introduzione del sistema RAI rafforza i meccanismi mercantili nel settore delle cure e dell’aiuto a domicilio. Il minutaggio delle attività e il controllo dei salariati del settore permette di procedere a delle comparazioni tra le imprese del settore in vista di una messa in concorrenza dei salariati e favorisce lo sviluppo del settore privato che guadagnerà ancora nella corsa alla riduzione dei costi… salariali e in una gestione “industriale” delle cure, con la segmentazione che ne deriva.
Questi meccanismi sono favoriti dal contesto di “austerità” generale deciso in diversi cantoni svizzeri – sotto la pressione di una defiscalizzazione massiccia delle grandi fortune e delle imprese – e sono una sfaccettatura della politica delle “casse vuote” organizzata a livello federale attraverso la terza riforma della fiscalità delle imprese, un big bang fiscale che genererà una contrazione durevole delle risorse delle collettività pubbliche calcolata in 3 miliardi l’anno. Il canton Vaud ha già annunciato una riduzione delle entrate di 400 milioni di franchi. La salute sarà tra i servizi toccati da questa penuria pianificata di risorse. Attualmente, i servizi pubblici di aiuto e cure a domicilio rappresentano circa l’80-90% del mercato a seconda dei cantoni. In questo contesto, le sovvenzioni alle imprese pubbliche del settore – cantonali e comunali – potranno essere ridotte ulteriormente favorendo così lo sviluppo del settore privato. Per i pazienti, il rischio di vedere aumentare la parte di finanziamento a loro carico è reale, a maggior ragione in cantoni come, ad esempio, il canton Vaud, che oggi copre l’insieme dei costi per l’aiuto e le cure a domicilio.
Di fronte a queste decisioni, contraddistinte dall’impronta di una politica di classe che riflette la naturalizzazione delle disuguaglianze sociali, l’esigenza di risorse più importanti è un punto di partenza per mettere in campo un progetto di politica pubblica di salute, che può concretizzarsi secondo due assi.
In primo luogo, una presa a carico solidale dei costi della salute per dare una risposta all’aumento dei costi e rispondere ai bisogni reali delle persone. L’aumento dei costi – sovente evocato quando si tratta di condurre delle contro-riforme di ampio respiro – non è un fatto negativo di per sé, dato che riflette il progresso economico e medico della nostra società. Quello che è importante è la presa a carico collettiva di questi costi secondo i mezzi e i bisogni di ognuno attraverso imposte progressive e premi di cassa malati calcolati in funzione del reddito. Questo va nel senso opposto al progetto di riforma della fiscalità delle imprese e della LAMal così com’è oggi.
In seguito, appre necessaria la costruzione di un sistema di salute pubblica dal quale siano esclusi i capitali privati nel settore delle cure e dell’aiuto a domicilio, ma anche nel settore della salute più in generale. Gli obiettivi di un tale sistema devono essere discussi democraticamente dalle persone interessate: rappresentanti del personale di cura, pazienti, delle collettività pubbliche e delle assicurazioni sociali. È così che il sistema di finanziamento pubblico delle cliniche private a scopo di lucro e i metodi mercantili come quello del RAI-Domicilio possono essere rimessi in discussione. Dipenderà dalla capacità dei sostenitori di un sistema sanitario pubblico denunciare le malefatte della mercificazione delle cure, costruire le mobilitazioni necessarie a un cambiamento di rotta e proporre obiettivi concreti condivisi da una maggioranza dei “pazienti”, delle loro famiglie e del personale di cura. Cresce la sensibilità sulla sorte riservata a chi dipende da queste cure per mantenere un certo grado di autonomia personale.
Un primo asse di mobilitazione immediata potrebbe essere rivendicare che il RAI calcoli, in aggiunta agli atti definiti per ogni beneficiario, anche il tempo per sviluppare una relazione con loro, ad esempio 15 minuti per ogni beneficiario visitato durante la giornata. Una tale rivendicazione si giustifica in ragione dei rischi psicosociali rilevati nel settore della salute, sociale e medico-sociale: un domanda di lavoro elevata, con un’intensità elevata e una debole autonomia. Potrebbe trovare un’eco importante tra il personale di cura a domicilio e contribuire alla costruzione di un movimento che rimetta così in questione concretamente l’intensificazione del lavoro sotto l’effetto della concorrenza nel settore della salute.
1. Quando si parla di aiuto e cure a domicilio, si intende ogni genere di prestazione d’aiuto e di cure extra-ospedaliere che mirano al mantenimento a domicilio del paziente. Queste sono fornite a livello svizzero da più di 1500 Centri medico-sociali (CMS), da organizzazioni private e da infermiere, assistenti sociali, ergoterapeute e ausiliarie di cura. Secondo gli ultimi dati, circa 41’700 salariati lavorano in questo settore in Svizzera. La realtà di questo settore è però molto più complessa. Il personale “clandestino”, senza diritti e pagato in nero, costituisce un bacino di manodopera molto ampio in questi settori. Degli studi stimano tra 35’000 e 50’000 il numero di donne clandestine e di centinaia di donne provenienti dai paesi dell’UE (Polonia, Slovenia, Germania,…) che assicurano i compiti di aiuto e cure a domicilio in Svizzera, sovente direttamente al domicilio del beneficiario. Nel canton Vaud, il numero di salariati del settore raggiunge 2572 equivalenti a tempo pieno. Secondo i dati dell’UFS il 3% della popolazione fa appello ai servizi di aiuto e cure a domicilio. Questa percentuale raggiunge il 10% tra le persone tra i 75 e gli 84 anni e il 29% dagli 85 anni in su. Peraltro, la tendenza è che sempre più persone ricorreranno a questo tipo di servizi in seguito a un’ospedalizzazione sempre più corta in ragione del nuovo sistema di finanziamento degli ospedali. Una descrizione attrattiva del metodo RAI a domicilio è data in un articolo pubblicato nella Revue médicale suisse, n° 316 del 9 novembre 2011. Questo articolo ha una parentela stretta con gli studenti naif che presentano la “logica dei vantaggi” dei DRG (Diagnostic Related Groups – Gruppi omogenei di diagnosi) estraendo questi metodi di valutazione standardizzati dal loro contesto. Un contesto “di esigenze economiche” (compatibile infatti) che li costringe a iscriversi in “un’industrializzazione” delle cure sulla base di un’omogeneità che non può esistere negli atti singoli di rapporto con i malati (nelle sue multiple declinazioni)- che non è il cliente modellizzato di uno sportello postale, e anche in questo caso le differenze si esprimono nei bisogni e nelle loro espressioni: secondo l’età, le capacità linguistiche,… – e che ne fanno uno strumento di una “riforma delle cure” che tende non solo alla sua mercificazione, ma alla moltiplicazione di “cliniche subappaltanti”, specializzate e private, che perdono la dimensione olistica di un rapporto curante-curato che esige che queste due entità siano considerate a partire dai loro bisogni e dunque dei loro diritti. L’articolo citato della Revue médicale suisse è costretto a riconoscere una problema: “Come per ogni valutazione globale, l’utilizzo del metodo RAI necessita un investimento maggiore da parte dei professionisti e implica uno sforzo formativo iniziale importante se si vogliono ottenere le migliori garanzie di qualità”. L’articolo di Stéfanie Monod et al. è disponibile all’indirizzo seguente: http://rms.medhyg.ch/numero-316-page-2176.htm
2. L’articolo è disponibile all’indirizzo seguente: http://www.24heures.ch/vaud-regions/lausanne-region/Les-professionnels-de-soins-a-domicile-se-revoltent/story/16217686
3. Office fédéral de la statistique (OFS), Travail et santé. Résultats de l’enquête suisse sur la santé 2012, Neuchâtel, agosto 2014, p. 18-19.
4. La speranza di vita senza incapacità è il numero di anni che si può sperare di vivere senza incapacità – tenuto conto delle condizioni sanitarie del momento. Le incapacità comprendono le limitazioni funzionali (ad esempio problemi di vista in caso di alterazione della retina) e le restrizioni di attività (ad esempio impossibilità di guidare un veicolo). Le conseguenze delle limitazioni funzionali in termini di restrizioni di attività variano con il contesto e le risorse personali. La compensazione o l’adattamento del contesto domestico o professionale possono compensare le limitazioni funzionali per permettere la continuazione normale delle attività e evitare così lo svantaggio e la dipendenza. Questo termine rimanda a una situazione nella quale le persone dipendono da qualcuno o qualcosa per garantire il proprio benessere, la loro salute, o la loro sopravvivenza.
5. François Höpflinger, Lucy Bayer-Oglesby et Andrea Zumbrunn, La dépendance des personnes âgées et les soins de longue durée. Scénarios actualisés pour la Suisse, 2011, Hans Huber, p. 10.
6. Cfr. Tableau synthétique santé, Statistique Vaud (consultato il 2 novembre 2014).
7. Su questi punti, cfr. in particolare l’articolo di Benoît Blanc : http://alencontre.org/suisse/suisse-le-nouveau-financement-hospitalier-creuse-son-sillon.html
8. Per gli elementi che seguono vedi Beat Ringger, Aide et soins à domicile en Suisse. État de lieux, marzo 2013, SSP-VPOD.
9. Possiamo citare, a titolo di esempio, il caso del Ticino dove il Servizio di cure e aiuto domiciliare d’interesse pubblico della regione di Lugano (SCUDO) si è ritirato dal CCL del personale di cura nell’aprile 2014. Questa stessa pratica è stata seguita dall’Associazione di cure a domicilio di Locarno e Valle Maggia (ALVAD). Il contratto normale di riferimento sarà quello del personale domestico che assicura un salario minimo mensile di fr. 2970, mentre il CCL ne garantiva, per il personale non qualificato, fr. 3600 ! Nel caso del Canton Vaud il Consiglio di Stato, attraverso il suo capo della sanità il « compagno » Pierre-Yves Maillard, ha adottato il 25 settembre 2013 un regolamento sulle condizioni di lavoro applicabile al personale che esercita negli istituti sanitari riconosciuti di interesse pubblico e delle organizzazioni di cure a domicilio ammesse a praticare a carico dell’assicurazione obbligatoria di cure (RCTr). Questo è una sorta di «CCL per il settore privato» che non riprende che due delle disposizioni previste dal contenuto del CCL salute in materia di condizioni salariali: le disposizioni legate alla remunerazione e quelle concernenti la formazione continua e lo sviluppo delle competenze. I sindacati attivi nel settore denunciano, a ragione, dei rischi di dumping salariale e sociale, dato che questo regolamento contiene delle disposizioni che favoriscono la precarietà nel settore (nessun obbligo di menzionare il tasso di attività, possibilità di prolungare tre volte i contratti di durata determinata, assenza di protezione per i salariati che denunciano dei casi di maltrattamento e di cure pericolose,…) e altre condizioni di lavoro importanti come dei periodi di congedo adeguati.