I lavoratori e le lavoratrici del settore ospedaliero (in particolare quelli dell’EOC) hanno potuto assistere, in questi ultimi anni, ad un continuo degrado delle condizioni di lavoro.
I successivi rinnovi dei contratti collettivi di lavoro (CCL) non sono non hanno permesso di migliorare le condizioni salariali (condizioni che sono di fatto peggiorate), ma non sono nemmeno riusciti ad affrontare quel necessario miglioramento delle condizioni di lavoro rese sempre più precarie e difficili dall’aumento della mole e dei ritmi di lavoro, dalla continua erosione di personale, dalla complicazione amministrativa dei lavori di cura: in poche parole dalle esigenze di redditività e produttività imposte dalle direzioni ospedaliere.
Gli sviluppi degli ultimi anni, in particolare le decisioni prese dall’autorità politica in materia di finanziamento delle cure ospedaliere, hanno comportato un’ulteriore aumento della pressione sulle lavoratrici e sui lavoratori ospedalieri.
Sia la partecipazione dell’ente pubblico al finanziamento delle cure presso le cliniche private riconosciute, sia l’introduzione del nuovo sistema di finanziamento ospedaliero (il cosiddetto DRG, cioè il finanziamento a forfait per tipo di atto terapeutico), hanno comportato una pressione da parte dell’ente pubblico sul sistema sanitario, in particolare su quello pubblico.
Politiche di risparmio nella politica sanitaria, introduzione di elementi sempre più forti di concorrenza all’interno del settore pubblico e tra quello pubblico e quello privato, diminuzione delle prestazioni e dei servizi offerti alla popolazione: sono questi gli orientamenti dominanti oggi nella politica sanitaria cantonale e federale.
È sulla base di questi orientamenti che è stata messa in cantiere la nuova pianificazione cantonale nel settore ospedaliero. Gli elementi fondamentali possono così essere riassunti:
– la trasformazione degli ospedali di zona di Faido e Acquarossa in semplici istituti di riabilitazione con la conseguente soppressione dei pronto soccorso e dei reparti di medicina
– la spinta verso un ruolo sempre più forte del privato in settori fondamentali come l’ostetricia e la neonatologia, in particolare attraverso la pressione esercitata sull’EOC affinché “collabori” con il settore privato
– l’assegnazione di una serie di specialità al settore privato con conseguente indebolimento del settore pubblico
– l’indebolimento di alcune specialità nell’ambito del settore pubblico, con in prospettiva una totale migrazione di queste specialità verso il settore privato (significativo il caso dell’ortopedia)
Questi orientamenti avranno conseguenze pesanti sul personale ospedaliero. Prima di tutto perché significheranno soppressione in alcuni ospedali di posti di lavoro (come nel caso di Acquarossa e Faido); a questo si accompagneranno possibili spostamenti e mutamenti di sede e di organizzazione del lavoro per una parte del personale.
Ma l’elemento di fondo resta il fatto che questa pianificazione è caratterizzata dalla volontà di introdurre una logica mercantile nel settore sanitario, in particolare in quello pubblico, con costanti obiettivi di redditività e di produttività. Criteri che, come sanno tutti coloro che lavorano in una struttura sanitaria, sono di fatto contraddittori con la logica della cura, della presa a carico, della necessità di dedicare al paziente tempo e risorse umane e mediche.
La nuova pianificazione quindi non è solo una specie di mercato tra pubblico e privato per aggiudicarsi questa o quella specialità. È un progetto politico e produttivo che avrà conseguenze sulle condizioni di lavoro del personale nei prossimi anni. Anche per questo nessuno ha pensato di discuterne con i lavoratori e le lavoratrici (anche la presenza nella commissione di pianificazione di “rappresentanti” degli infermieri e dei medici non è servita a molto, visto che costoro si sono guardati bene dal discutere con i lavoratori e le lavoratrici quello che si andava sviluppando).
Né hanno fatto meglio le organizzazioni sindacali e di categoria che hanno assistito e stanno assistendo alle discussioni sulla pianificazione senza far sentire in modo forte e chiaro la voce dei lavoratori e delle lavoratrici.
Persino in situazioni apertamente “a rischio”, come Faido e Acquarossa l’azione sindacale è stata praticamente assente. È avvenuta in ritardo ( i primi a comunicare ai lavoratori quanto si andava decidendo per questi ospedali siamo stati noi dell’MPS con le nostre assemblee pubbliche), ha rinunciato ad una reale mobilitazione, ha preparato il terreno ad impossibili compromessi che, alla fine, rischia di risolversi a svantaggio dei salariati.