Scienziato di professione, Pablo Echenique (nella foto) è uno dei deputati europei di Podemos dal 25 maggio 2014. Nel quadro del dibattito interno a Podemos, Pablo ha sostenuto la mozione (risultata minoritaria) « Sumando Podemos » («Unendo possiamo»), assieme alla nostra compagna di Izquierda anticapitalista Teresa Rodriguez, anche lei deputata europea. Parliamo con lui sulla portata di questa discussione e, in modo più complessivo, sulle prospettive del movimento.
Sono nato in Argentina 36 anni fa. Sono un fisico e mi sposto su una sedia a rotelle che pesa 150 kg, cosa che non rende molto facili i miei viaggi settimanali da Bruxelles a Saragozza. Come molti spagnoli, sono stato politicamente dormiente fino al 2011. Mi sono risvegliato in quell’anno quando noi, la gente, abbiamo invaso le piazze. Non potevo più tenere gli occhi chiusi. Mi sono riconosciuto nel discorso e nelle analisi nuove imposti dal 15M (il movimento degli Indignados), ma la mia attitudine pargmatica mi ha fatto subito capire che mancava qualche cosa. E’ una cosa che è apparsa nel gennaio 2014: uno strumento politico chiamato Podemos che mi ha convinto, nel quale ho impegnato il mio tempo, cosa che poi mi ha condotto al parlamento europeo assieme ad altri quattro compagni…
Puoi farci il tuo bilancio dell’assemblea civica nazionale «Si se puede» («Sì, possiamo») che si è tenuta in ottobre a Madrid?
Quando qualcuno mi dice che le persone non sono interessate dalla politica, per contraddirlo, gli parlo di questa assemblea «Si se puede», in particolare del fatto che numerosi cittadini hanno scritto e dibattuto su quasi un centinaio di proposte sull’organizzazione di Podemos e sul suo funzionamento. Argomenti assolutamente non sexy… Credo che questa assemblea sia stata la migliore dimostrazione di trasparenza e di apertura: è un dibattito che ha segnato una tappa importante nel modo di fare politica in Spagna.
In relazione alle diverse proposte organizzative, ho il piacere e l’onore di appartenere ad una grande squadra che ha prodotto una proposta collettiva e cooperativa, con un reale processo di discussione, di dibattito e di consenso, quasi magico… Il nostro testo, scaturito da questo largo dibattito, trovava giustificazione non solo nel processo che lo ha prodotto, ma anche per i contenuti, più adeguati, più vicini, più originali della proposta che poi ha prevalso. Ma la grande maggioranza delle persone ha preferito dare un voto di fiducia all’équipe diretta da Pablo Iglesias. La nostra proposta in ogni caso ha trovato quasi 14.000 sostenitori nella votazione online che ha fatto seguito all’assemblea (per la precisione 13.864 voti, pari al 12.37% dei 106.113 espressi sui 5 documenti presentati, ndr). Oggi pensiamo abbiamo agito in modo intelligente, combinando originalità, diversità, democrazia e efficacia.
Quali sono le differenze tra i due progetti principali?
Come ho già detto, la nostra proposta è stata costruita in maniera inclusiva, partecipativa e il risultato appartiene dunque a tutte e tutti coloro che hanno partecipato all’elaborazione.
Sulle questioni di fondo la differenza più evidente è che noi abbiamo scelto nel nostro documento di non proporre la creazione della figura di un segretario generale, ma di un sistema collegiale di tre portavoce. Abbiamo anche sostenuto la creazione di un Consiglio civico, composto da membri eletti direttamente dalle iscritte e dagli iscritti di Podemos e da un20 % di membri sorteggiati tra le/i candidate/i sostenute/i dai circoli (i comitati di base di Podemos).
Inoltre il nostro documento proponeva una maggiore autonomia politica dei circoli e un sistema di finanziamento più equilibrato, integrato e coordinato. In definitiva, la nostra proposta era più decentralizzata e pluralista, pur mantenendo la stessa efficacia operativa.
«Né di destra né di sinistra» dice Podemos… Ma quali sono le vostre relazioni con il movimento operaio «tradizionale»?
A mio avviso, molti, nei grandi sindacati spagnoli, hanno adottato comportamenti uguali a quelli della «casta». Detto ciò, mi sembra molto difficile pensare ad una reale trasformazione sociale senza il sostegno in particolare delle lavoratrici e dei lavoratori organizzati.
Secondo vari sondaggi, voi potreste vincere le prossime elezioni generali in Spagna. Ma come pensate di realizzare il vostro programma?
Il miglioramento immediato delle condizioni di vita della popolazione più colpita dal saccheggio massiccio e sistematico che hanno subito i popoli dell’Europa del Sud e in particolare la Spagna è il fine principale del mio impegno politico, in questa situazione caotica che mi ha fatto lasciare il mio posto di ricercatore nel CSIC (l’equivalente spagnolo del CNR, ndr).
Capisco che la priorità a breve termine è un piano di salvataggio delle persone che sono in situazione di emergenza sociale. Intanto, occorre non trascurare la creazione di meccanismi che rendano impossibile a medio termine il ripetersi del saccheggio che abbiamo tristemente vissuto. Bisogna perciò garantire diritti sociali e renderli certi, senza nessuna possibilità di rimetterli in discussione.
E’ evidente che per avere successo in un tale programma occorre appoggiarsi su un popolo motivato, convinto, organizzato e mobilitato per spingere affinché queste misure vengano rese operative. Siamo molto consapevoli delle reticenze da parte delle imprese e delle aziende, che hanno chiaramente dimostrato nel passato di essere pronte a tutto pur di difendere i propri interessi di profitto. Come abbiamo visto nella conduzione di guerre per interessi economici in Africa e in Medio Oriente.