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dilma-rousseff presidenteMario Hernandez(MH) -È qui con noi, da Campinas (San Paolo), Ricardo Antunes, con il quale possiamo fare un bilancio del secondo turno elettorale brasiliano, con le novità sulla costituzione del nuovo governo che ce ne danno l’opportunità. Al riguardo, ci è arrivato il commento del candidato sconfitto, Aécio Neves, il quale sostiene che chiamare al ministero dell’Economia Joaquim Levy è stato come chiamare un quadro della Cia a dirigere il Kgb. D’altro canto, siamo venuti a conoscenza del documento che, tra gli altri, sottoscrivono Leonardo Boff, João Pedro Stedile ed Emir Sader, che segnalano una regressione nell’agenda che fu vittoriosa nelle urne in favore del Pt. Qual è la tua valutazione in proposito?

 

 

Ricardo Antunes (RA) – Le due cose non costituiscono assolutamente, a mio avviso, una novità. I lavoratori, la popolazione dei salariati e dei poveri sapevano che, se con Dilma il governo sarebbe andato male, con Aécio, con i “tucani”, il partito della socialdemocrazia brasiliana, sarebbe andata peggio.

Aécio Neves rappresenta il puro neoliberismo finanziario dichiarato e Dilma esprime un governo di intesa con il capitale finanziario, industriale e agrario. Dilma diceva che Aécio avrebbe fatto quello che lei sta facendo ora. Ti faccio tre esempi: Levy al ministero delle Finanze è una figura rilevante nella seconda banca privata brasiliana (Bradesco). Dilma ha cercato di nominare a questo compito il principale dirigente di questo ente bancario, anche se lui non ha accettato. La probabile ministra dell’Agricoltura, la senatrice Katia Abreu, è una proprietaria terriera molto conservatrice. Il ministro dell’Industria è un uomo della Confederazione nazionale dell’industria, per cui si tratta di tre alternative che, per quel che mi riguarda, non mi stupiscono. La sorpresa degli intellettuali membri o simpatizzanti del Pt ai miei occhi non ha motivo di esistere.

Dilma ha vinto le elezioni sostenendo che avrebbe costituito un governo un po’ meno neoliberista ma, conclusa la prima tornata, organizza un governo a favore dei capitali finanziari, industriali e dell’agro-business. Il governo Dilma sarà quello dei grandi capitalisti, che possono starsene tranquilli perché aumenteranno l’avanzo primario e il saggio di profitto. Questa è la situazione reale. Dilma ha reiterato la strategia utilizzata dal Pt in altre elezioni. Quando rischia di perdere contro la destra, effettua una piccola, piccolissima radicalizzazione del suo discorso moderato.

 

MH– Quale programma attuerà Levy, che ha spiegato le reazioni da te commentate?

 

RA – Levy è uomo di totale fiducia del capitale finanziario, e riprenderà la posizione di Antonio Palocci durante il governo Lula, sette, otto, nove anni fa, vale a dire: i capitali finanziari esigono che il governo faccia le “riforme” (ajustes, adeguamenti), che si salvaguardi l’avanzo primario e si preservino gli stessi interessi delle banche.

Se Dilma scegliesse un ministro delle Finanze tra gli economisti del Pt sarebbe una dichiarazione di scontro con le banche; ma il governo del Pt, fin dal 2002, non ha mai inteso scontrarsi con il sistema finanziario. La differenza tra il governo Dilma (e di Lula prima), rispetto a quel che avrebbe fatto un governo di Aécio è che questo sarebbe stato un governo apertamente, scandalosamente neoliberista, privatizzatore, con un avanzo primario molto grande per garantire il pagamento del debito pubblico, ecc.

Con Dilma sarà la stessa cosa, ma con una piccola parte delle risorse finanziarie per garantire la “Borsa Famiglia” e alcune attività dello Stato che sono importanti per incentivare, ad esempio, lo sviluppo economico industriale.

Fondamentalmente, in Brasile c’è una disputa delle classi dominanti su due progetti: uno apertamente neoliberista, privatistico e del capitale finanziario in senso puro, e un altro apertamente filo-capitale finanziario, ma combinando neoliberismo con neo-sviluppismo, che in realtà non ha niente a che vedere con lo sviluppismo del passato, ma è una specie di Frankestein di neo-sviluppismo a base neoliberale, una sorta alquanto grottesca di “neoliberalismo con sembianze di neo-sviluppismo”.

 

MH – Alcuni dati dicono che nel bilancio del 2014 il settore finanziario si è appropriato del 43% con interessi e ammortamenti del debito pubblico, di contro al 4% per la sanità, il 3,5% per ‘istruzione e poco più dell’1% per la “Borsa Famiglia”. Tenendo presenti questi dati, Atilio Borón, in una nota di ieri dal titolo “Dilma capitolazione, e poi” dice che questo nuovo gabinetto costituisce un progetto rifondativo del capitalismo brasiliano.

 

RA – Ho gran rispetto per Atilio Borón, di cui sono amico personalmente, una persona molto intelligente e di sinistra, ma io vivo in Brasile e in nessun momento, dal 2002 con Lula fino al 2010 e poi con Dilma fino ad oggi, il capitalismo è stato messo in discussione, tutt’altro. La “Borsa Famiglia” viene citata dalla Banca Mondiale come esempio di politica assistenzialistica. Noi sappiamo che cosa significhi camminare sul marciapiede opposto rispetto alla Banca Mondiale. Quel che di diverso ha fatto Lula, e che Dilma ha ereditato, è un’alchimia politica molto consistente e difficile.

La parte forte, grande e significativa del bilancio, delle risorse statali, va alle banche, al grande capitale, per incentivare le grandi imprese multinazionali e nazionali. Basti dire che Lula ha un ruolo importantissimo nella multinazionalizzazione di quella borghesia brasiliana che oggi è in carcere, ad esempio imprenditori edili e professionisti di studi di progettazione, perché la corruzione è dilagante. È stata quella che ha appoggiato il governo Lula e che ancora oggi ne paga i viaggi quando va all’estero, perché abbiate un’idea di ciò di cui si sta parlando.

Per questo durante Lula ed anche con Dilma il capitalismo brasiliano non è mai stato provocato, né c’è mai stato alcuno scontro, ma sappiamo che i capitalisti pretendono sempre di più. Non chiedono tutto, chiedono più di tutto. Adesso è il momento della crisi, è finita la prosperità, la fase di espansione, di elevati profitti, è un momento di crisi e qualcuno pagherà il conto, qualche settore capitalistico smetterà di fare profitti o ne farà di meno. È cominciata quindi la guerra di una parte della borghesia, della grande borghesia brasiliana, che ha deciso di votare e di indicare la candidatura di Aécio Neves perché è un burattino del capitale, un mero pupazzo neoliberista.

Dilma non è mai cambiata, e per questo non sono d’accordo con il manifesto degli intellettuali brasiliani che dicono che Dilma è cambiata. Non è cambiata affatto Durante le elezioni è utile parlare di tutto e poi non si fa nulla di quello che si è sostenuto. Durante le elezioni i sondaggi indicano cosa deve dire un candidato.

Ricordiamoci che, nel 2006, con il governo Lula nel mezzo della crisi del mensalão [lo scandalo per l’acquisto di voti di parlamentari], ci furono le elezioni e i sondaggi del Pt percepirono che le privatizzazioni stavano creando malcontento nella popolazione, per cui Lula cominciò a dire che era contrario a queste ultime, mentre il suo governo è stato sempre favorevole alle privatizzazioni, tant’è vero che nessuna di quelle fatte da Fernando Henrique Cardoso è tornata indietro. Per questo non sono d’accordo con la sorpresa. Sono due varianti della stessa cosa di fondo. C’è un’espressione latinoamericana, incluso nel suo repertorio di canzoni, che riprenderò con qualche libertà: “Dilma e Aécio non sono la stessa cosa ma sono uguali”; praticano essenzialmente la stessa politica e la differenza sta solo grado maggiore o minore di privatizzazioni, nel maggiore o minor saggio di profitto, in maggiori o minori incentivi all’agro-business, in più o meno risorse per la “Borsa Famiglia”. La quota del bilancio destinata a Istruzione e Sanità pubbliche è ridotta mentre quella per il pagamento del debito pubblico, e cioè le risorse per pagare le banche, ammonta a oltre il 40% del totale del bilancio brasiliano. Purtroppo, la realtà è questa.

 

MH – Per tornare alle elezioni, si nota come a sinistra del Pt ci sia una specie di marginalità, cioè le espressioni politiche di sinistra sono apparse marginali.

 

RA– Hai ragione, anche se Luciana Genro, candidata del Psol, un partito di sinistra pur piccolo, ha ottenuto più di 1,5 milioni di voti. È poco, ma non è irrilevante.

La società brasiliana è molto conservatrice e, dopo le rivolte del giugno 2013, che cos’è successo? La destra ha politicizzato le proteste ed è scesa in strada a dire: “vogliamo battere la sinistra bolscevica nel Pt”. Si può immaginare che Lula e Dilma siano bolscevichi? Follia. L’estrema destra crede che il Brasile sia Cuba nel 1959 o la Russia del 1917. È una destra con elementi fascisti.

Per altro verso, io sono un intellettuale di sinistra in Brasile da più di quarant’anni, ma è notissima l’incapacità della sinistra di fare delle cose in modo unitario. La sinistra ha un’incapacità magistrale di articolare un’unità, non è molto diversa dalla sinistra argentina che conosco, anch’essa molto divisa. Seguo da parecchi anni la situazione della vita politica e sociale argentina.

Il terzo punto importante è che non sempre le sinistre hanno capito bene le lezioni degli avvenimenti. Le voci delle piazze, le proteste del giugno 2013 dicevano più o meno questo: non vogliamo elezioni parlamentari che non cambiano niente, vogliamo cambiamenti concreti tramite la lotta sociale e popolare nelle strade, nelle piazze, vogliamo cambiamenti non istituzionali ma extraistituzionali e la sinistra non è stata capace, in nessuno dei suoi settori, di cogliere in profondità questa lezione delle strade. Anche molti della sinistra vogliono avere deputati in Parlamento, mentre per la popolazione che si mobilita nelle piazze e per strada un parlamentare in più o in meno non cambia niente.

Nella situazione brasiliana attuale la destra si sta rafforzando dal 2013 ad ora. Sono 12 anni che il Pt contribuisce a distruggere la sinistra brasiliana, perché era il partito della sinistra, ma a poco a poco si è andato disgregando in Partito d’Ordine, per riprendere Marx.

La sinistra è un mosaico di piccoli partiti, alcuni importanti come il Psol con il quale ho rapporti, come il Pstu o il Pcb, che non è più il passato partito riformista, ma si tratta comunque di partiti piccoli, ma anche i movimenti sociali “”Pase Libre” [contro il rincaro dei traporti], dei Lavoratori senza casa, della periferia, che cosa hanno fatto sulla scena elettorale?

Al primo turno alcuni hanno votato il Psol, il Pstu o il Pcb. Ripeto che più di 1,5 milioni di voti per Luciana Genro non sono irrilevanti, è l’avvio di una battaglia per una sinistra di sinistra. Anche i primi tentativi elettorali del Pt ebbero pochi voti. Il processo richiederà di combinare la lotta politica di partito con le lotte sociali per le strade, cosa che presuppone una profonda revisione della prassi dei partiti politici di sinistra. Parlo della sinistra di sinistra, non del Pt che non è più di sinistra, intriso fin nell’anima da una profonda corruzione che comprende quasi tutte le imprese statali brasiliana. La corruzione non investe solo Petrobras. Si pensi che il Pt ha come alleato il PMDB, che è un partito corrotto da quarant’anni.

 

MH – Dall’epoca della dittatura.

 

RA – In quel momento era un’opposizione moderata, relativamente seria, ma si è gradatamente trasformato in un partito limaccioso, che ha rapporti anche con il Partito progressista, il partito di Paulo Maluf, un uomo dell’estrema destra sotto la dittatura e oggi alleato del Pt.

Se la corruzione non è solo del Pt ma anche dei suoi alleati che in periodo elettorale rivendicano Petrobras, Electrobras, Itaipú, ministeri, segreterie, si arriva alla lottizzazione e alla corruzione generalizzate, in cui il Pt è diventato un tipico partito dell’Ordine, con la differenza che nel Psdb di Cardoso e di Aécio non deve esistere assistenzialismo per i più poveri, ma si devono solo garantire i profitti del grande capitale.

La differenza sta nel fatto che il Pt su questo è d’accordo anche lui, però pensa che un briciolo del bilancio deve tornare ai poveri, per compensare quello che si portano via i capitalisti. È questa la tragedia brasiliana. La sinistra di sinistra attraversa una situazione difficile perché è cambiato lo scenario mondiale, rispetto a solo quattro anni fa, con gli indignados in Spagna, la sollevazione in Medio Oriente, in Inghilterra, in Grecia, ecc. Ora è il momento di un’ondata più conservatrice, che in Brasile è stata molto forte.

Come mai Dilma ha quasi perso le elezioni? Perché il malcontento di tutte le classi nei confronti del governo era molto grande, per cui molti dicevano “Dilma non andrò mai a votarla”, e poi hanno cambiato atteggiamento perché si sono resi conto che le cose potevano andare anche peggio.

 

Il testo originale è pubblicato in spagnolo sul sito col titolo: Brasil Un gobierno con los capitalistas e comprende anche un articolo del segretario del PSOL Fernando Silva

 

*Ricardo Antunes: sociologo e punto di riferimento intellettuale della sinistra brasiliana.

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