Lo scorso 28 ottobre, l’MPS (e per esso Giuseppe Sergi, primo firmatario dell’iniziativa popolare legislativa generica “Basta con il dumping salariale in Ticino” consegnata nell’autunno 2011 e la cui riuscita è stata decretata con pubblicazione sul FU del 22.12.2011) si rivolgeva al presidente del Gran Consiglio, Gianrico Corti, denunciando il fatto che a quasi tre anni dalla riuscita dell’iniziativa, la stessa non fosse ancora stata posta in votazione.
Peggio ancora, si denunciava: “sono passati praticamente tre anni ed un testo di iniziativa conforme alle richieste dell’iniziativa non è ancora stato sottoposto al Gran Consiglio”.
Questo modo di procedere, denunciava l’MPS, è in netto contrasto con tutte le disposizioni di legge, “in particolare tenendo conto dell’art. 131 cpv. 4 della 1.3.1.1 Legge sull’esercizio dei diritti politici che così recita: “In ogni caso, il Gran Consiglio dovrà elaborare un progetto nel senso della domanda d’iniziativa, dichiarare di accogliere o di respingere la domanda o di opporvi un suo controprogetto entro 18 mesi dalla pubblicazione nel Foglio ufficiale del risultato della domanda d’iniziativa”. (sottolineatura nostra)”.
Le ragioni di questo palese rinvio sono evidenti: non si vuole discutere, in particolare nell’ambito di una campagna di votazione pubblica, di un tema scottante come quello del dumping salariale e, soprattutto, di alcune proposte tese a tentare di contrastare il dumping.
Da qui l’atteggiamento del Parlamento di procrastinare la discussione e l’eventuale votazione a dopo le elezioni cantonali, per evitare di offrire un’occasione di denuncia della politica di dumping salariale condotta dal padronato con il sostegno dei maggiori partiti politici.
A quella denuncia il presidente del Gran Consiglio rispose ammettendo effettivamente il ritardo, ma dichiarandosi fiducioso e ritenendo “possibile che il rapporto giunga sui banchi del Parlamento entro la fine dell’anno”.
La decisione di martedì 2 dicembre della maggioranza della commissione della gestione di rinviare ancora una volta il tutto (e quindi di evitare che la discussione in Parlamento possa avvenire ancora quest’anno, di fatto compromettendo fortemente, se non totalmente, la possibilità di una votazione popolare all’inizio del prossimo anno) non fa che confermare la denuncia fatta nelle scorse settimane dall’MPS.
E non sorprende che a fare blocco siano stati partiti apertamente filopadronali come il PLRT, il PPD e la Lega, desiderosi di garantire al padronato la possibilità di continuare a sfruttare i lavoratori il più liberamente possibile, abbassando i salari, peggiorando le condizioni di lavoro per tutti, senza che vi sia la possibilità di controlli che mettano in luce abusi e situazioni di irregolarità e sfruttamento. Per la Lega, come sempre, è il classico predicare, più o meno, bene e razzolare malissimo.
L’MPS denuncia anche il ruolo assolutamente subalterno che, ancora una volta, il Parlamento mostra nei confronti degli interessi fondamentali del padronato, cercando di evitare il più a lungo possibile l’adozione di misure che possano, anche se in misura minima, rappresentare un freno alla politica in atto ormai da diversi anni.