L’incidente capitato a Rafz, dove due treni sono entrati in collisione, mi ha subito fatto riflettere. Non entro nel merito delle dinamiche ancora poco chiare e che spetta all’inchiesta cercare di definire con precisione. Ogni volta che capita un problema ferroviario le prime domande che ci si pongono riguardano quasi sempre il tipo di tecnologia utilizzato in quella tratta, quanti anni abbia, quando vi ê stato l’ultimo controllo, etc. La risposta è più o meno sempre la stessa : ultimissima generazione, moderna, revisionata.
Mi pare ovvio, con tutti i soldi investiti nelle infrastrutture, e i controlli assolutamente professionali e capillari che regolarmente vengono effettuati, rarissimamente le tratte presentano problemi di infastruttura; anche se i tagli al personale hanno colpito tutti i settori ferroviari, nessuno escluso.
Il mio pensiero è invece andato a tutte quelle modifiche che colpiscono direttamente la formazione e l’istruzione al personale. Da anni ormai si cerca di risparmiare diminuendo la durata dei corsi, lasciando sempre più al personale l’incombenza della preparazione attraverso l’autoformazione, evitando tutta una serie di argomenti teorici e pratici in nome di una non ben chiara politica di risparmio. Il personale, soprattutto quello alla guida era, e resta, assolutamente professionale, anche perché gravato di responsabilità enormi, controllato periodicamente ed aggiornato costantemente. Se il treno è ancora il mezzo di trasporto terreste più sicuro è soprattutto grazie ai lavoratori che prendono seriamente il proprio compito.
La formazione era, prima della liberalizzazione un fiore all’occhiello della ferrovia; o oggi è sempre più messa in secondo piano. Proposte indecenti come, ad esempio, assumere casalinghe per formarle come macchiniste e poterle fare lavorare su chiamata, formare personale solo su quegli aspetti limitati di cui avrà specificatamente bisogno e chiedere poi di autoformarsi quando vi é un bisogno, tutto questo non aiuta certamente a migliorare l’esperienza.
A tutto questo vanno poi aggiunte tutte le altre misure di risparmio che le diverse aziende realizzano attraverso una costante pressione sui tempi lavorativi e sugli stipendi. La sistematica cancellazione di posti di lavoro cammina a pari passo con l’aumento dei compiti. Cercare di aumentare le ore lavorative, fare in modo che aumentino le ore lavorative sfruttando il tempo libero dei propri dipendenti per effettuare tutta una serie di compiti, non da ultimo la chiamata agli straordinari, sono manovre usate quotidianamente dalle aziende che viaggiano su rotaia: tutto con l’obiettivo di massimizzare i profitti.
Trovo che un passo indietro verso una formazione più serena, un personale con pressioni minori e un riconoscimento della professionalità dei dipendenti, più ampia, porterebbe ad una configurazione lavorativa dove sarebbe sicuramente più facile evitare i cosiddetti “errori umani” dovuti a stanchezza, impreparazione o stress. Ammesso che questo sia mai avvenuto e, ripeto, a prescindere dalla causa di questo specifico incidente.
*Candidato MpS al Gran Consiglio
Opinione pubblicata sul Corriere del Ticino del 26 febbraio 2015