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syriza flagPubblichiamo qui di seguito la Dichiarazione di Red Network (DEA et APO), componente della sinistra di Syriza.

Il programma di «riforma» definito da Yanis Varoufakis e dal governo diretto da Syriza, in ottemperanza all’accordo del 23 febbraio, svela la verità sull’accordo tra il governo e i creditori, rappresentati dall’Eurogruppo: si tratta della rinuncia di Syriza che si colloca ai limiti di una politica social-liberale.
Questo annulla la possibilità di mettere in atto gli impegni di Salonicco del (14 settembre 2014), inverte il senso delle decisioni della Conferenza di Syriza (luglio 2013) che indicava l’annullamento del memorandum e delle leggi che l’accompagnavano come una prima tappa verso il rovesciamento complessivo delle politiche brutali di austerità.
Più precisamente
1. Per quello che riguarda le privatizzazioni che costituiscono il nocciolo della strategia neoliberale.
Il governo si impegna a non «sopprimere le privatizzazioni portate a termine» e a «rispettare il processo nel rispetto della legge» per le gare di vendita già lanciate, mentre la cosa peggiore riguarda i «nuovi casi» riguardanti gli affitti a lungo termine e i partenariati tra pubblico e privato». Tutto ciò rimanda dunque ad una accettazione generalizzata delle privatizzazioni che si colloca all’opposto della politica fissata da lunga data da Syriza.
2. Per ciò che riguarda il «mercato del lavoro».
Le «riforme» proposte implicano l’annullamento dell’impegno elettorale chiaro di ristabilire il salario minimo (751 euro), indipendentemente dalle trattative con i creditori. Viene adottato un «cambiamento» (?) che sprofonda nella nebbia politica. Per il salario minimo, i cambiamenti vertono «sull’ampiezza e sul calendario» (!) che saranno sottoposti alla «consultazione con i partner sociali (!!) e le istituzioni europee e internazionali (!!!), (…) alla luce degli sviluppi della produzione e della competitività (!!!)».
Tutto ciò comporta il rinvio sine die del ristabilimento del salario minimo al livello del 2009. E, peggio ancora, si adottano un processo inaccettabile di negoziato sindacale e criteri che ricordano la più liberista delle socialdemocrazie.
Il problema cruciale di ristabilire il potere dei contratti collettivi: la proposta è minata dato che vuole associarsi ad alcune delle «migliori pratiche della UE» (?) e cerca di «mettere a frutto la consulenza dell’OCSE».
Ricordiamo che l’ «esperienza» di queste organizzazioni internazionali – che sono rimaste immobili nel corso degli ultimi 20 anni di aggressione neoliberale capitalista – si è rivelata estremamente attiva nell’erosione progressiva dei diritti del lavoro con una serie di nuove idee definite intelligenti. Nel programma sarà compreso l’impegno «verso un nuovo approccio progressivo nei contratti che contempli l’equilibrio (!) tra la flessibilità (!!) e la giustizia». Nel corso degli ultimi 20 anni, molti hanno cercato l’equilibrio tra la flessibilità e la sicurezza (la flexsecurity), ma nessuno ha trovato altro che la marcia forzata verso la flessibilità o l’elasticità…
3. Per ciò che riguarda la politica fiscale, gli impegni di Salonicco abrogavano l’ENFIA, la tassa sulla casa e sugli immobili, la xaratsi [un termine che rimanda ad una tassa ingiusta esistente durante l’occupazione ottomana] sul combustibile domestico e per il ristabilimento della soglia di esenzione fiscale sui redditi annuali inferiori a 12.000 euro [ora la soglia è fissata a 5.000 euro]. Ora tutto è svanito. Se il progetto assolutamente corretto della lotta contro l’evasione fiscale e contributiva – che deve essere chiaramente diretta contro il capitale – non è però in relazione stretta con misure di alleggerimento fiscale per i lavoratori, i pensionati e gli strati popolari, si tratta semplicemente del proseguimento delle politiche di austerità.
4. Sulla questione delle banche, la conferenza di Syriza si era pronunciata perché venissero collocate sotto il controllo pubblico, anche se con modalità non precisate. Ora, si adotta una sorveglianza dei prestiti «secondo modalità che tengano pienamente conto della capitalizzazione (!) delle banche» e anche le confische delle “prime” case sono poste sotto la spada di Damocle della «cooperazione con la direzione delle banche e delle istituzioni bancarie (!)».
Questo programma di «riforme» costituisce la prova di una svolta brusca nella quale il rimborso del debito viene fatto proprio dal governo. Segna il passaggio ad una posizione in cui cerchiamo di resistere all’austerità ma obbligatoriamente nel quadro dell’accettazione delle regole della UE e dell’euro.
Contro l’accordo con l’Eurogruppo (sottoscritto dal ministro delle Finanze) e contro il programma di «réformes», proposto dal governo greco, le organizzazioni e i membri di Syriza, la sinistra, il movimento sindacale e i movimenti sociali di resistenza devono trovare la forza per rispondere NO!
E per mantenere un atteggiamento di indisciplina, potremmo dire un atteggiamento di lotta della classe operaia e degli strati popolari per spezzare lo spazio stretto imposto ad una politica antiausterità concreta.
Per i membri e le organizzazioni di Syriza, sono all’ordine del giorno dei compiti specifici. Il ritorno immediato alle politiche basate basate su tre pilastri principali:
• l’eliminazione dei memorandum e delle misure di austerità che li accompagnano;
• nessun sacrificio per l’euro;
• una politica della sinistra radicale basata sulle decisioni della conferenza di Syriza (luglio 2013) e gli impegni di Salonicco (settembre 2014).
Sarà una lotta non contro ma per salvare il progetto politico di «governo della sinistra». Perché l’accordo con l’Eurogruppo e gli impegni presi oggi (25 febbraio) condurranno nel giro dei quattro mesi «ponte» a un indebolimento delle relazioni tra Syriza e la base sociale che l’ha condotta alla vittoria politica del 25 gennaio. E ciò farà crescere l’appetito dei nemici locali e internazionali della Grecia, per iniziare una battaglia con l’obiettivo di rovesciare il governo. Il tempo è poco…