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straumannTra le prime e rinomate aziende che hanno annunciato misure atte a fronteggiare questa situazione vi sono alcune di quelle imprese che caratterizzano il capitalismo elvetico. Imprese operanti nel settore industriale, in nicchie particolari, orientate verso l’esportazione e con una presenza commerciale e produttiva in tutte le parti del mondo.

Si tratta di imprese importanti, quotate in borsa, e che in questi ultimi tre anni e mezzo di mantenimento del cambio fisso sono stati tra i maggiori beneficiari, unitamente al mondo finanziario, della politica della BNS. Benefici che si sono guardati bene dal “condividere” con i dipendenti (allora non eravamo tutti “nella stessa barca”) e che invece sono andati a rimpinguare le tasche degli azionisti.
Gli esempi che vorremmo qui illustrare sono quelli della Straumann e della Feintool. La prima ha annunciato il versamento dei salari in euro ai frontalieri (che sono una parte cospicua dei dipendenti dell’azienda situata nei pressi di Basilea); esso avverrà ad un tasso un tasso fisso. Per il resto del personale è previsto che esso rinunci ad una parte del suo bonus 2015.
La seconda, con sede a Lyss nel canton Berna, ha annunciato un’altra forma di diminuzione del salario che avverrà attraverso il prolungamento dell’orario di lavoro nella misura, mediamente, del 10%.

 

Anni d’oro…

Non ci sono ancora i dati relativi al 2014 (le aziende li annunceranno nei prossimi giorni, anche se essi dovrebbero essere in linea con quelli degli ultimi due-tre anni). Ma un breve sguardo retroattivo allo sviluppo deli affari in questi anni “patrocinati” anche dalla politica monetaria della BNS dimostra uno sviluppo eccezionale degli affari e dei profitti.
La Straumann, ha fatto segnare la seguente progressione dei profitti (in milioni di franchi): 146,4 nel 2009, 131,1 nel 2010, 71 nel 2011, 37,2 nel 2012, 101,2 nel 2013: praticamente oltre mezzo miliardo negli ultimi cinque anni, con un rendimento del fondi propri che (nel 2013) si fissava al 16,4%. Il dividendo agli azionisti è rimasto immutato a 3,75 franchi per azione, un dividendo, vale rilevarlo di passata, è stato versato senza alcuna interruzione dal 1997. Non meno interessante appare la situazione finanziaria dell’azienda che può contare su una liquidità netta importante (oltre 180 milioni nel 2013). Lo stesso discorso potrebbe essere fatto per molto altri dei parametri con i quali viene giudicata, dal punto di vista del capitale, la “salute” di un’azienda: tutti dimostrerebbero la eccellente situazione di questa azienda, in particolare negli ultimi tre anni.
Non diversa la situazione della Feintool, azienda specializzata nella taglio di pezzi speciali – tra l’altro per l’industria automobilistica, che ha conosciuto la seguente evoluzione dei profitti: 20,4 milioni nel 2011, 11,4 mio nel 2012, 18,8 milioni nel 2013. Il rendimento dei fondi propri è oscillato tra il 15,7% del 2011 e l’11,7% del 2013. Spettacolare la progressione del dividendo, passato dagli 80 cts del 2011 a 1,50 Fr. Nel 2013. Ma anche altri dati confermano una salute eccezionale: basti pensare che il rendimento dei fondi propri è passato dal 33,3% del 2010 al 41,3% del 2013; o, ancora, che l’indice di redditività del capitale proprio (quello che gli analisti chiamano ROE) è passato dall’1,9% del 2011 al 39,9% del 2013.

 

Siamo tutti sulla stessa barca?

Ora, di fronte ad una situazione che, sicuramente, in parte diminuisce i margini di profitto la reazione delle aziende è chiara: rimettere in discussione le regole fin qui seguite, ribaltare sui lavoratori la perdita di margini di profitto non più garantita dalla politica monetaria della BNS.
Un atteggiamento che, come abbiamo, visto coinvolge due aziende industriali che, negli ultimi anni, hanno accumulato profitti enormi, godendo pienamente delle condizioni quadro loro garantire dalle politiche governative (basti pensare ai numerosi accordi commerciali e alla deregolamentazione e liberalizzazione del mercato del lavoro ottenuta attraverso gli accordi bilaterali) e dalla politica perseguita dalla BNS.
Una conferma che ribaltare sui propri dipendenti i maggiori oneri al fine di difendere i propri margini di profitto è un atteggiamento che non investe solo regioni cosiddette periferiche, un mercato del lavoro costruito solo su ricorso ad abbondante e sempre meno cara manodopera, ma investe il cuore del sistema produttivo elvetico.
L’atteggiamento di queste due aziende “esemplari” di questo sistema produttivo (e delle molte altre che le stanno imitando e le imiteranno) ne è la conferma.