Tra i maggiori candidati dei partiti borghesi alla corso per il Consiglio di Stato non possono non attirare la nostra attenzione due figure intimamente legate la mondo padronale: Fabio Regazzi e Nicola Pini.
Il primo è Fabio Regazzi (erede dell’impresa Regazzi di Gordola ), membro del consiglio di Presidenza dell’Associazione Industrie, suo vice-presidente, oltre che consigliere nazionale PPD e uomo al quale una buona parte del PPD ha affidato il tentativo di fare le scarpe all’oramai ingestibile (per la sua vacuità) Paolo Beltraminelli.
Il secondo è il già candidato alla presidenza del PLRT Nicola Pini, già collaboratore di Laura Sadis e oggi collaboratore di direzione alla stessa AITI.
Li abbiamo visti qualche sera fa giostrare in una trasmissione del Corriere del Ticino (ormai, come sempre, riservata alle forze politiche che “fanno gruppo in Parlamento”: una concezione ben strana per il “libertario” Pontiggia che dirige la baracca) e spiegare quanto essi ci tengano non solo agli accordi bilaterali; ma quanto questi siano stati e siano positivi per l’economia del cantone, in particolare grazie alle misure di accompagnamento e grazie alla politica di concertazione sviluppata tra padroni e organizzazioni sindacali. Naturalmente in questa ricostruzione surreale della realtà hanno potuto contare sull’appoggio di Bertoli il quale, come i nostri, non solo ha insistito (senza tema di apparire ridicolo) sulla bontà delle misure di accompagnamento che, certo, andrebbero costantemente migliorate… In cosa non è dato saperlo poiché questa storiella vi viene raccontata fin da quando essere sono entrate in vigore e hanno mostrato la loro assoluta inconsistenza a difendere i salari dal dumping; dimostrano purtroppo di essere una sorta di “cavallo di Troia” per favorire l’affermarsi di livelli salariali sempre più bassi.
Così Nicola Pini, memore del suo passato al DFE, ha sottolineato la bontà di queste misure di accompagnamento ricordando come in Ticino siano stati introdotti ben 13 contratti normali di lavoro (CNL) che introducono salari minimi legali. Naturalmente si è dimenticato di dire che questi salari veleggiano sui 3’000 franchi mensili (lordi, quando ci arrivano), contribuendo in questo modo a costituire attorno a questo livello il nuovo salario legale di riferimento per il Ticino: se questo non è dumping, cos’è?
Il buon Pini ha poi dimenticato di aggiungere come egli oggi rappresenti un’associazione padronale, l’AITI, che si è battuta e si batte persino contro questi salari minimi che giudica eccessivi. Ha fatto dei ricorsi al Tribunale federale e proprio nei giorni scorsi, in concomitanza con la “crisi” del franco forte, l’AITI abbia ventilato, tra le possibili misure, anche quella di riconsiderare (revocandoli) questi contratti normali di lavoro.
E che dire del vice-presidente dell’AITI, così tanto attaccato al partenariato sociale, che non smette di vantare, in particolare per poter parlare della sua azienda, sempre “corretta” e pronta a “valorizzare i collaboratori”? Proprio mentre si librava a questa celebrazione della concertazione e del partenariato sociale, Swissmem (l’associazione della metallurgia di cui è sezione ticinese l’AMETI, di cui la Regazzi Holding è membro, e che è tra le associazioni membro di AITI) comunicava l’organizzazione per il prossimo 18 febbraio a Sementina di un incontro per discutere delle “possibili misure in materia di diritto del lavoro nell’ottica del CO e del CCL in relazione all’abolizione della soglia minima di cambio con l’euro”. Come dire: quali misure si possono prendere per aggirare i diritti dei lavoratori, per diminuire legalmente e contrattualmente i costi salariali e scaricare sui salariati le conseguenze della decisione della BNS. Alla faccia del partenariato sociale!
Due bell’imbusti questi rappresentanti padronali che, durante tutta la prossima campagna elettorale, non esiteranno (e la faccia di bronzo ce l’hanno tutta) a presentarsi come i rappresentanti moderati, “umani”, collaborativi del padronato.