Dopo la riunione del Consiglio dei ministri di ieri, il governo ha reso noto il contenuto dell’annunciato disegno di legge sulla buona scuola. Ci riserviamo un commento puntuale dopo che il testo sarà depositato in Parlamento, ma a giudicare dagli annunci fatti in conferenza stampa, possiamo già avanzare alcune considerazioni.
In primo luogo c’è da registrare la vittoria dei movimenti dell’autunno che hanno ottenuto la conservazione degli scatti di anzianità per i docenti, che Renzi avrebbe voluto sostituire con degli arbitrari scatti di merito per i due terzi del personale di ciascuna scuola. La pioggia di mozioni contrarie dalle scuole, le manifestazioni e le contestazioni messe in atto dai docenti sono servite a far arretrare per il momento il governo su questo terreno. Tuttavia la nostra valutazione sul disegno di legge rimane fortemente negativa, perché l’attacco alla libertà d’insegnamento si esprime attraverso altri meccanismi, che colpiranno soprattutto i neo assunti. Se infatti viene confermata l’assunzione a tempo indeterminato di 100mila precari – ma è ancora tutto da verificare se sarà possibile farlo dal settembre 2015 – la maggior parte di questi andranno a finire in un catalogo da cui i presidi potranno eventualmente sceglierli giudicando dal curriculum di ciascuno se sono degni di sedere in cattedra.
Nonostante il diritto alla stabilizzazione dei precari sia stato sancito da una sentenza europea, il governo pensa di utilizzare il precariato come un esercito di riserva, un’arma di ricatto per far passare un concetto di scuola contrario alla stessa Costituzione italiana. Questa è la ragione per cui invece del decreto annunciato si è deciso di passare attraverso lo strumento del disegno di legge, che tiene dentro tanto la riforma complessiva quanto le assunzioni per il prossimo anno scolastico, che invece avevano bisogno di un procedimento d’urgenza. Intanto dalle 148mila assunzioni promesse nel progetto originario della “Buona scuola” si scende a 100mila, tagliando le gambe ad altrettanti lavoratori che dovranno affrontare un ennesimo concorso dopo aver passato già tante selezioni ed aver lavorato nelle scuole per anni. Il governo si espone ad una pioggia di ricorsi dei precari con più di 36 mesi di servizio, ma non è detto che quella strada possa risultare efficace nella nuova situazione normativa, oltre che essere dispendiosa per i precari che vi accederanno.
In cambio di un diritto che i precari hanno già maturato, si fanno passare altri provvedimenti che ridisegnano profondamente l’istruzione pubblica. Senza tornare sull’annoso dibattito sull’autonomia (ma qualcuno farebbe bene ad interrogarsi su dove ci ha portato l’autonomia scolastica voluta da Berlinguer…), si propone di consegnare ai dirigenti scolastici un potere enorme, potendosi scegliere gli insegnanti della propria scuola e potendo valutare a chi concedere un eventuale premio per il merito (non più del 5% degli insegnanti). La chiamata diretta degli insegnanti da parte dei dirigenti era la proposta della Aprea (Forza Italia) che era stata contrastata e battuta negli anni passati con l’opposizione dello stesso Partito Democratico che oggi la ripropone. La scuola pubblica deve funzionare insomma come la scuola privata, che offre una formazione ideologicamente orientata in modo che possa incontrare la domanda presente sul mercato, i finanziamenti delle famiglie (che ottengono detrazioni fiscali consistenti per le donazioni e che potranno attribuire il 5 per mille alle scuole) e delle imprese che sono chiamate a sostituire progressivamente lo Stato nel finanziamento dell’istruzione. In aggiunta vengono finanziate indirettamente le scuole private attraverso le detrazioni fiscali per le famiglie che iscrivono i figli in scuole paritarie fino al primo ciclo dell’istruzione.
Contro la privatizzazione della scuola sono già scesi in piazza ieri migliaia di studenti in diverse piazze italiane, accolti a manganellate dal governo che li ha fatti caricare a Milano. Anche i docenti hanno tenuto presìdi in varie città, a Roma i lavoratori autoconvocati della scuola erano a Montecitorio proprio mentre era in corso il Consiglio dei ministri. Ora c’è bisogno di costruire un grande movimento per respingere al mittente il progetto del governo Renzi e bocciare questa idea privatistica di scuola. Cgil Cisl e Uil hanno annunciato una manifestazione nazionale in aprile (l’11 o il 18) per il rinnovo del contratto, ma è ovviamente insufficiente rispetto alla portata dell’attacco. Il problema non è semplicemente quello del blocco dei contratti, fermi al 2009, ma è l’attacco all’idea stessa della contrattazione e del sindacato nella scuola, perpetrato attraverso lo strapotere dei dirigenti scolastici. La “Buona scuola” fa il paio con il Jobs Act nell’attacco contro i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. C’è bisogno di mettere in campo dal basso tutte le iniziative possibili di contrasto, dal blocco delle attività aggiuntive ad assemblee straordinarie unitarie tra tutte le componenti della scuola, per arrivare allo sciopero e al blocco degli scrutini se il disegno di legge non sarà ritirato entro la fine dell’anno scolastico.