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ditatuzlaQuando ho ricevuto questo appello, leggendo la descrizione, mi sono domandato come poteva essere letto in un’Italia in cui migliaia di fabbriche sono state colpite da “privatizzazioni spazzatura”, e da chiusure effettuate “con la complicità di politici, di magistrati, e di banche tutti corrotti”… Sembrava troppo uguale. Ma poi andando avanti ho capito che era importante accogliere, far circolare, sostenere questo appello.

Un appello che non si rivolge a un assessore o un sindaco (cioè uno di quei politici complici), ma è finalizzato alla ricostruzione di una rete di solidarietà.

Invece di minacciare di lanciarsi da una torre, i lavoratori della DITA dicono: potremmo essere “costretti a innalzare barricate e resistere alle forze della polizia speciale”. E fanno appello alla solidarietà internazionale degli altri lavoratori. Al tempo della Prima Internazionale, un secolo e mezzo fa, era normale che i tipografi o i sarti sostenessero materialmente le lotte ad oltranza dei loro compagni di altri paesi… Questa è la strada da riprendere anche in Italia, dopo decenni in cui i vertici sindacali hanno seminato rassegnazione e incoraggiato il clientelismo!

 

APPELLO DEI LAVORATORI DELLA FABBRICA DITA DI TUZLA ALLA COMUNITA’ OPERAIA INTERNAZIONALE

 

Tuzla, 16 aprile 2015

Noi, lavoratori della fabbrica di detersivi DITA, di Tuzla, ci battiamo contro il dilagare delle privatizzazioni spazzatura, dello sfruttamento, e del saccheggio, che annientano l’industria della Bosnia-Erzegovina.

Da più di due anni ininterrottamente, proteggiamo la nostra fabbrica per impedire che siano danneggiate macchine e altri beni.

La privatizzazione della DITA è stata fatta con la complicità di politici, di magistrati, e di banche tutti corrotti che, senza procedere alle indispensabili analisi, hanno accordato ai nuovi proprietari crediti spazzatura – soldi che non sono mai arrivati alla fabbrica.

Il nostro paese soffre del fatto che non vi regna il diritto: élite criminali hanno fatto passare emendamenti al codice penale che ormai impediscono a ogni tribunale di giudicare i crimini finanziari e commerciali.

Questo saccheggio legalizzato ci priva dei nostri diritti umani fondamentali: più di 40 mesi di salario non ci sono stati pagati, lasciandoci nella fame e nella miseria. Vediamo morire i nostri parenti per la sola ragione che non abbiamo i mezzi per finanziare le loro cure mediche.

Ora si sta avviando il deposito dei bilanci. Finché non saranno presi in considerazione gli interessi dei lavoratori, o che non saranno stati trovati gli investimenti necessari per riavviare la fabbrica, siamo risoluti a continuare l’occupazione della fabbrica e rifiutiamo di riconoscere l’autorità del liquidatore giudiziario.

Siamo a un momento critico. Senza un sostegno esterno è solo una questione di giorni prima che siamo costretti a innalzare barricate e resistere alle forze della polizia speciale.

Facciamo appello con urgenza al sostegno morale e materiale del movimento sindacale internazionale.

 

I lavoratori della fabbrica DITA

 

Emina Busuladžić, presidente del comitato di sciopero

Dževad Mehmedović, presidente del sindacato autonomo della chimica et dei non-metalli.

 

Contatto: busuladzic.emina@gmail.com