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minimum wageSono passati pochi giorni da quando il Parlamento cantonale ha adottato l’iniziativa dei Verdi sui salari minimi legali (sarà necessario abituarsi a chiamarli così, visto che non vi sarà un solo salario minimo qualora l’articolo costituzionale dovesse essere approvato e poi una legge applicativa decisa dal Parlamento), che le possibili conseguenze appaiono già nelle prime riflessioni.

Proprio in questi giorni, un imprenditore ticinese spiegava, in un contributo apparso sul Corriere del Ticino, che “i salari minimi dei contratti normali di lavoro o quelli cantonali proposti dall’iniziativa…vanno riservati solo ai residenti”. Si tratta di una visione estrema (infatti questo padrone vorrebbe riservare ai frontalieri salari in linea con quelli pagati in Italia, laddove essi vivono. Ma questa posizione illustra assai bene quello che rischierebbe di avere come effetto l’introduzione di salari minimi sulla base della riforma costituzionale approvata.
La logica che essa persegue è la stessa delle cosiddette misure di accompagnamento: non combattere il dumping salariale, ma realizzare condizioni quadro affinché esso possa realizzarli nel migliore dei modi. A questo hanno contribuito e contribuiscono i 14 contratti normali che hanno come riferimento salari lordi di circa 3’000 franchi mensili; a questo contribuirà la proposta approvata dal Parlamento se, tra qualche anno, diventerà legge.
Non sorprende quindi che settori del padronato più accorti (una volta abbandonata la pregiudiziale ideologica, di principio per la quale il salario non va fissato per legge, qualsiasi sia il suo livello) abbiano compreso per la loro politica di dumping l’utilità dei salari minimi legali così fissati. Non è un caso che il capo della Camera di Commercio Franco Ambrosetti (membro del consiglio di amministrazione della famigerata Exten) abbia firmato e sostenuto tale iniziativa, così come non sorprende il sostegno a questa iniziativa apportato dalla consigliera di Stato Laura Sadis.
Il ragionamento è chiaro e lungimirante: fissare salari minimi legali a questi livelli non potrà che contribuire,in particolare in alcuni settori dove vi è forte offerta di manodopera locale, a diminuire i salari effettivamente pagati, sulla base della evoluzione decennale del mercato del lavoro cantonale. Pensiamo, ad esempio, a tutto il settore impiegatizio.
Sono queste le ragioni per le quali Matteo Pronzini, di cui pubblichiamo qui sotto l’intervento in Gran Consiglio, ha deciso di astenersi. Solo perché la nostra opposizione a questa proposta, come spesso è capitato in questi anni (pensiamo ai bilaterali) è di un segno radicalmente diverso da coloro che, da destra, ne comprendono l’utilità per imporre salari non certo conformi agli interessi dei lavoratori. (Red)

Vi sono molte ragioni per opporsi all’iniziativa dei Verdi. Sono le stesse che ci hanno visto opporci ad alcune delle cosiddette misure di accompagnamento che, nella loro dinamica, sono di fatto diventate misure di accompagnamento non alla libera circolazione, ma allo sviluppo del dumping salariale.
Pensiamo, in particolare, al modo in cui si è concretizzata in Ticino la misure dei contratti normali di lavoro (CNL) e la fissazione di salari minimi. Questi 14 CNL hanno di fatto instaurato un limite materiale (e psicologico) : quello di considerare i 3’000 franchi come un salario legalmente accettabile. Un salario, per dirla con le parole dell’iniziativa, che si considera consenta “un tenore di vita dignitoso”. E l’iniziativa va nella stessa direzione.
Prendendo come riferimento i salari mediani nazionali e proponendo che i salari minimi siano una percentuali il risultato sarebbe la fissazione di salari minimi legali attorno ai 3’000 franchi.
Certo i Verdi potrebbero dirci: basta prendere una percentuale più alta di quella da loro prospettata (è vero a titolo di esempio – riferendosi al Giura – del 60%) e si otterrebbero salari ben più alti. Ma questa è fantapolitica poiché noi sappiamo che è il governo a fissare questa percentuale e abbiamo l’esperienza dei contratti normali di lavoro con i quali il governo per ben 14 volte ha riproposto come salario di riferimento i 3’000 franchi. E lo ha fatto anche laddove, come nel settore della vendita e degli studi d’avvocatura, i salari minimi pagati girano attorno ai 4000 franchi mensili.
Il risultato di questa iniziativa sarebbe quindi, nel contesto degli attuali rapporti forza politici (che non muterebbero nemmeno se al governo vi fosse anche un Verde), la generalizzazione di salari minimi attorno ai 3’000 franchi. Salari che, per dirla ancora con le parole degli iniziativisti, non consentirebbero “un tenore di vita dignitoso”, ma sarebbero una manna per tutti i padroni, spingerebbero verso il basso i salari effettivi, ben più alti, aprirebbero ulteriormente la strada al dumping salariale in questo Cantone.
Ma, potrebbero dirci gli iniziativisti, se così fosse, perché il padronato e la destra politica di questo Parlamento vi si oppone?
Per una ragione molto semplice. L’iniziativa ha un pregio: essa propone di legiferare in materia di salari. Lo fa in malo modo, come detto, ma propone di fatto un principio alle nostre latitudini inaccettabile. Non che i borghesi non potrebbero convivere con salari minimi inseriti nella legge (lo fanno in paesi capitalistici per eccellenza con USA e Gran Bretagna), ma si tratta di un principio che ai loro occhi deve essere lasciato la mercato, alle sue leggi, alla sua dinamica. È un principio fondamentale del capitalismo liberale al quale la Svizzera si attiene da sempre. I padroni svizzeri difendono quindi un loro principio opponendosi a qualsiasi regolamentazione di salari minimi. Ed è la ragione per la quale le associazioni padronali hanno contestato i salari fissati nei CNL in Ticino; non certo per l’esosità degli importi fissati con i quali possono benissimo convivere dal punto di vista materiale.
Questo parlamento, nella sua maggioranza, ha fatto proprio questo principio del capitalismo liberale e, di conseguenza, si oppone all’iniziativa qui proposta.
Iniziativa che, vorrei ribadirlo, non propone l’introduzione di un salario minimo. Questo dovrebbe e potrebbe essere un salario che permette, uso sempre le stesse parole, di avere un “tenore di vita dignitoso”. Agli iniziativisti invece non importa che vi siano migliaia di persone che ricevono salari che non permetto di avere un “tenore di vista dignitoso”. Infatti basta che questi lavoratori ricevano un salario stipulato da un CCL di obbligatorietà generale e per loro va bene. Ad esempio per loro vanno bene i salari stabiliti nel CCL del personale temporaneo. Non vorrete dirmi che un salario lordo mensile di 3000 franchi permetta di avere “un tenore di vista dignitoso”? E potrei continuare gli esempi. È un mondo all’inverso, convengo: qui c’è un sindacalista che dice che quei salari fissati nel CCL non sono accettabili (e io come sindacalista non li accetto). Gli iniziativisti (ed il governo e buona parte del parlamento leggendo il rapporto di maggioranza) li ritengono tali da garantire un “tenore di vita dignitoso” solo perché organizzazioni sindacali e padroni si sono trovati d’accordo!
Un salario minimo legale non va bene solo per il fatto che esista e sia codificato da un CCL o in una legge. Per poter avere la dignità di essere considerato tale deve contenere un salario che, effettivamente, permetta di avere un “tenore di vista dignitoso”. E noi abbiamo tentato di fissarlo nella nostra iniziativa cantonale lanciata nel 2007 che prevedeva un salario minimo di 4’000 franchi , per 13 mensilità, sulla base di 40 ore settimanali, con tanto di indicizzazione annuale automatica. Questo Parlamento l’ha ritenuta irricevibile perché contraria al diritto federale (diritto e giurisprudenza federale che invece questo stesso Parlamento ignora bellamente facendo proposte come quella relativa agli orari di apertura dei negozi). Quella era un proposta per un vero salario minimo legale.
Concludo. Ho elencato parecchi motivi che mi vedono opposto alla proposta qui presentata. Ma non posso nemmeno votare con chi è contrario per principio a che la fissazione di un salario minimo non possa diventare legge. Per questa ragione il mio sarà un voto di astensione.