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immigrati-barcone-257130Ormai le cifre si rincorrono e si accavallano con tragica imprecisione. Non si saprà mai, al di là delle bugiarde seppur drammatiche cifre ufficiali quanti bambini, donne, adulti sono morti in questi ultimi mesi nel Mediterraneo, ancora vicini al punto di partenza o non lontani dalle coste siciliane dove erano diretti.

Quando cesserà questa ecatombe? Quanti siriani, eritrei, sudanesi o somali dovranno ancora morire alle porte dell’Europa prima che l’Unione europea si degni di alzare un dito?
E che la situazione fosse difficile e urgente si sapeva da mesi, notando la proliferazione dei passatori sulle coste libiche e l’afflusso di migranti in questi ultimi mesi. E cos’ha fatto l’Unione europea? Si è rifiutata di partecipare al finanziamento del dispositivo di salvataggio messo in atto dall’Italia, che, malgrado tutto, aveva dato i suoi frutti salvando 150’000 vite.
Riducendo il numero e la portata dei pattugliamenti, limitando ulteriormente la portata di Frontex alla semplice difesa dei confine dell’UE, i suoi dirigenti hanno scelto di lasciare morire coloro che avessero tentato la traversata. È una chiara ed evidente omissione di soccorso a persone in pericolo. Le diciotto navi e i due elicotteri che sono stati inviati sui luoghi dei drammi, ma dopo il naufragio, si aggiungono all’ignominia.
Dopo essersi asciugati le loro lacrime di coccodrillo, questi stessi dirigenti si accorderanno per inasprire la loro politica criminale contro i migranti. Perché la tanto ora invocato “cooperazione” europea non è lo è certo nella prospettiva di salvare i migranti, ma di rendere più agile e silenzioso possibile il loro respingimento.
Il loro problema immediato è trovare in Libia una persona che possa, altrettanto bene di quanto facesse Gheddafi con metodi repressivi inauditi, proteggere le coste del paese.
Molti candidati all’immigrazione vorrebbero arrivare attraverso vie sicure e legali per chiedere l’asilo. Invece, sono perseguiti come dei paria e si trovano a dipendere da passatori senza scrupoli. Hollande, Renzi e tutti gli altri leader europei denunciano certo i passatori, ma sono le loro politiche migratorie a costituire il problema di fondo, ad esporre i migranti a rischi sempre più grandi.
Circa quattro milioni di siriani sono fuggiti dal loro paese, in guerra dal 2011; l’anno scorso, la Svizzera ne ha accolte poche centinaia, per la grande gioia di Simonetta Sommaruga (che lo ha presentato e propagandato come un grande gesto di solidarietà); la grande maggioranza si è rifugiata in Turchia o in Libano, ovvero nei paesi vicini, com’è il caso per tutti coloro i quali sono cacciati dal loro paese.
I dirigenti europei lavorano duramente per tenere i popoli più poveri a distanza. Ma i regimi (vecchi e nuovi che hanno sostenuto e sostengono) non fanno altro che incrementare la miseria, le guerre e le persecuzioni, quelle che sono cioè le basi oggettive di queste migrazioni.
Dietro alle consuete parole usate dalle cancellerie occidentali ( “democrazia”, “pace” e “sviluppo”) si nascondono politiche di oppressione imperialista economica e sociale. Senza tralasciare le operazioni militari degli ultimi anni che le potenze imperialiste hanno condotto in Iraq, in Siria o in Libia: tutti avvenimenti che hanno lasciato intere zone sotto il controllo nefasto di milizie armate.
Condannare i popoli alla denutrizione estrema, imprigionarli nella loro condizione di sfruttati, fa parte della guerra condotta dalla borghesia contro i poveri; e la lotta senza quartiere che gli Stati ricchi conducono contro i migranti non è che uno degli aspetti più infamanti di questa guerra.
I salariati dei paesi ricchi non devono aver paura dei più poveri, ma dai più ricchi, ovvero di quelle classi dominanti che li opprimono sempre più sul piano economico e sociale. Non sono i migranti a rendere più misera ogni giorno la loro condizioni, ma la logica di profitto del capitalismo.