Son già passati due mesi dall’inaugurazione dell’evento degli eventi: l’Expo di Milano, la grande vetrina globale del cibo. Il Governo Renzi ha fatto un grosso investimento di immagine sull’esposizione universale: nella narrazione del governo degli hashtag, la riuscita dell’expo deve costruire quell’immaginario per cui l’Italia è in ripresa, rinnovata e pronta alla sfide della competizione economica globale.
L’informazione, con un unica voce, ha incensato i giorni dell’inaugurazione con grossa enfasi: con uno schiocco di dita sono scomparsi dai media la notizia del giovane operaio ventunenne morto, i contratti a 400 euro al mese per 10 ore al giorno di lavoro e le indagini sugli appalti per la costruzione dei padiglioni, tra l’altro capitolo non ancora chiuso.
Passata la sbornia per i festeggiamenti dell’inaugurazione oggi il logo dell’Expo sembra essere già un po’ più opaco, in primis per i dati nascosti sugli ingressi: l’organizzazione ufficiale, nonostante ci siano tornelli ad ogni ingresso, si trincera nel silenzio. Dopo le sparate di cifre dei primi giorni, oggi tutto tace ed alcuni dati parziali sono trapelati soltanto dai tour operator.
Di certo il 90% dei parcheggi continuano a rimanere vuoti e la società tedesca vincitrice dell’appalto comincia ad essere nervosa. Anche il lancio della formula “serale”, che prevede da dopo le 19 il pagamento di un biglietto di ingresso di 5 euro anziché di 39, puzza già di si salvi chi può. Rispettare le previsioni di 24 milioni di visitatori in sei mesi sembra un obiettivo duro da raggiungere: ai primi di giugno il commissario Sala avrebbe dovuto dare dei dati ufficiali sugli ingressi ma si è limitato a confermare i dati di Federalberghi per cui per il mese di maggio sono 900 mila i visitatori in meno rispetto alle previsioni iniziali.
Nei padiglioni la disorganizzazione è regnata sovrana anche dopo l’inaugurazione. Prima c’è stato il caso dell’incidente nel padiglione turco, in cui una placca ha colpito una visitatrice, poi il mancato completamento dei padiglioni “collettivi”. Dal Padiglione Italia è stata rubata la mano bionica e la mostra d’arte contemporanea Arts & food, arriva appena a un migliaio di visite al giorno, rispetto alle sei mila paventate. A fine maggio si è consumata anche una forte polemica con la Regione Sicilia, che ha minacciato di voler abbandonare l’evento a causa delle cattive condizioni del padiglione assegnatole.
Sul fronte occupazionale, va subito detto che a Expo c’è stato un fatto inedito: un controllo capillare da parte delle forze dell’ordine nei confronti di tutti coloro che hanno fatto domanda per poter lavorare nei padiglioni, a seguito del quale oltre 500 persone sono state allontanate. Nessuna motivazione ufficiale, solo precauzione per l’ordine pubblico, hanno fanno trapelare dalla questura di Milano. Probabilmente la Questura ha dato parere negativo per i pass di quei lavoratori che magari in passato hanno semplicemente avuto una segnalazione per qualche manifestazione. Il criterio appare chiaro: allontanare tutti coloro che magari una volta nella vita hanno preso parte a qualche manifestazione. Tutto sempre nel massimo riserbo. Come per gli ingressi, anche su questo punto l’organizzazione ha evitato dichiarazioni pubbliche e ufficiali. Intanto però c’è stato chi ha perso lavoro, consolidando la solita concezione individualista: pensa ai fatti tuoi ed evita manifestazioni di protesta.
All’Expo, ha esordito il controllo a distanza per i lavoratori. Non ancora pubblicato il decreto attuativo, la manpower attraverso un software già controllava le presenze e gli spostamenti dei suoi lavoratori. La stessa timbratura avviene con l’utilizzo della mail personale.
Il messaggio è chiaro: oggi se vuoi un lavoro non devi pensare, non devi criticare, devi obbedire e togliere il disturbo se non servi più.
L’era Renzi d’altronde è l’era del lavoro usa e getta, le persone non contano.
Da questi primi dati e fatti del primo mese di Expo sfugge quale sia il benessere e la ricchezza di cui beneficerà il cosiddetto sistema Italia. L’idea di questa Italia smart, giovane e formata, pronta a decollare verso le sfide del futuro stride con la realtà, dove le ricette più vecchie invece trovano consenso: in tempo di crisi, si torna ad abbattere i costi del lavoro e i suoi diritti, in un clima di concorrenza spietata del tutti contro tutti. Film già visti.
Eppure all’Expo il tema è il cibo e l’ambiente. Tematiche su cui l’Italia potrebbe presentare una narrazione di altro tipo legata alla tutela del territorio, delle biodiversità, della gestione pubblica e comune delle risorse naturali, della possibilità di costruire filiere virtuose in cui il diritto e l’accesso al cibo di qualità sia riconosciuto a tutti.
Per il governo Renzi, però, gli interessi delle multinazionali e dei Farinetti di turno contano di più. D’altronde l’Expo è una vetrina pensata e voluta tutta per loro.
Dopo due mesi, questo dato è l’unico certo.