Dopo la riunione extra-muros dell’esecutivo cantonale degli scorsi 10 e 11 giugno, la settimana scorsa il governo ha convocato un incontro con i dirigenti dei partiti che ne fanno parte (presidenti, capi-gruppo, etc.) al fine di avviare una procedura di consultazione che dovrebbe estendersi a tutta la legislatura.
Questi incontri partono, come ha dichiarato lo stesso presidente del governo, da una non meglio precisata “volontà di dialogare” nella prospettiva di potere, attraverso questo “metodo”, raggiungere nel migliore dei modi quelli che sono gli obiettivi finanziari, fissati dal governo nel suo ritiro di giugno.
Obiettivo centrale della politica di governo, val la pena ricordarlo, è il raggiungimento del pareggio di bilancio entro il 2018. E per fare questo saranno necessarie, agli occhi del governo, una serie di misure di contenimento della spesa, un pacchetto di risparmio che dovrebbe essere presentato all’inizio del prossimo anno. A più breve termine, cioè nell’ambito del Preventivo 2016, l’esercizio dovrebbe portare ad un pacchetto complessivo di contenimento della spesa dell’ordine di 135 milioni circa.
È in questa prospettiva, è ancora il presidente del governo che parla, che appare necessario questo lavoro di concertazione. Per fare in modo che quel pacchetto di misure che il governo preparerà arrivi in Parlamento (e nel paese) nelle condizioni migliori: “Misure che porranno diversi quesiti che dovranno essere condivisi preventivamente”.
Tutti d’accordo!
La riunione ha confermato che i partiti di governo, tutti, condividono l’obiettivo di fondo: il pareggio di bilancio per il 2018. Questo significa che la legislatura vivrà all’insegna di un possibile accordo tra i partiti di governo sulla necessità di raggiungere questo obiettivo. Naturalmente vi sono poi quelle che vengono chiamate le “sfumature”. Vi è chi vorrebbe che l’obiettivo fosse raggiunto essenzialmente attraverso tagli alla spesa pubblica e chi vorrebbe che vi fosse una “simmetria dei sacrifici” rappresentata da tagli alla spesa e nuove entrate fiscali. Ma, come riassumeva bene il Corriere del Ticino in un articolo dedicato all’incontro, quello del pareggio di bilancio entro il 2018, è “un obiettivo senz’altro condiviso dalle parti coinvolte, seppur con sensibilità differenti”.
A questo orientamento di fondo si aggiungono due elementi che peseranno nella discussione.
Il primo è la richiesta, formulata in particolare dai liberali, di una corposa politica di investimenti. Essa, nella testa di chi la propone, dovrebbe permettere di rilanciare la crescita e, in questo modo, creare occupazione e diminuire la disoccupazione. Il che è tutt’altro che scontato ed automatico. Tutti hanno potuto constatare come l’aumento dell’occupazione non necessariamente corrisponda alla diminuzione del numero dei disoccupati. Gli investimenti nel settore edile, ad esempio, incide assai poco sulla diminuzione della disoccupazione (sono pochi i disoccupati del settore e non sempre le imprese vi ricorrono); per contro, attraverso l’afflusso di nuova manodopera (in particolare frontaliera), aumenta il numero degli occupati. E lo stesso potrebbe valere con investimenti in altri settori nei quali non sempre il mercato del lavoro offre manodopera (ammesso e non concesso che gli investimenti siano automaticamente sinonimo di maggiore occupazione)
Il secondo è legato alle conseguenze della prospettata modifica della riforma III delle imprese che avrà conseguenze sicuramente in Ticino, costretto a modificare la sua legge tributaria (in particolare per le facilitazioni oggi concesse ad alcuni tipi di società). Ebbene, anche qui tutti hanno già annunciato la necessità di compensare queste modifiche attraverso una diminuzione importante del carico fiscale per le imprese.
Questi due elementi segnalano già chiaramente la logica nella quale si muovono i partiti di governo. Se aumento del debito pubblico ci sarà, esso dovrà essere il risultato di un aumento degli investimenti: da qui la necessità di diminuire l’incidenza della spesa corrente. Spesa corrente che dovrà essere diminuita, sempre nella stessa logica, anche per trovare quello che viene chiamato eufemisticamente “lo spazio di manovra” per continuare a mantenere “attrattiva” la fiscalità per le imprese.
Cambiare logica!
Al momento in cui molti, a sproposito, inneggiano alla lotta di Tsipras e del governo greco contro la prospettiva di piegarsi alla logica e alle esigenze del debito, ecco le stesse persone muoversi sostanzialmente nella stessa prospettiva del fiscal compact, cioè il meccanismo varato dall’UE (pareggio di bilancio, 0,5 di deficit “strutturale” rispetto al PIL, 60% del rapporto debito/PIL) per spingere i governi a bloccare debito e spesa pubblica.
Ci si dirà che la situazione della Grecia e di molti altri paesi europei non ha nulla a che vedere con la situazione nella quale si trovano le finanze del Cantone. Ma proprio per questa ragione, vista l’incomparabilità della situazione, appare del tutto assurdo avere lo stesso obiettivo di questi paesi, cioè muoversi in una prospettiva di pareggio di bilancio.
Non solo le indicazioni che abbiamo fornito qui sopra (aumento investimenti e sgravi fiscali), ma il meccanismo del freno all’indebitamento (votato lo scorso anno e sul cui principio, anche qui, tutti sono d’accordo) rappresentano limiti potentissimi che, c’è da scommetterci, tradurranno questo orientamento del pareggio di bilancio in una politica di risparmi e austerità per i prossimi tre anni.
Una prospettiva, per qualcuno che si muove da sinistra, assolutamente inaccettabile. Per questo è assolutamente prioritario non attendere che il governo, muovendosi in questa prospettiva, arrivi con i suoi pacchetti di misure di risparmio; ma già oggi, in questa fase, è necessario contestare la logica del pareggio di bilancio. È un’esigenza fondamentale e di base per una politica veramente di sinistra. Se ci pensate bene, è proprio quello che sostiene il governo greco.